• AgoraVox su Twitter
  • RSS
  • Agoravox Mobile

 Home page > Tribuna Libera > La manovra attacca l’articolo 18: il berlusconismo ripercorre strade già (...)

La manovra attacca l’articolo 18: il berlusconismo ripercorre strade già battute

Assieme alla manovra, la Commissione bilancio del Senato ha approvato un emendamento, presentato dalla maggioranza, che aggira l’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori, stabilendo che il reintegro del lavoratore licenziato senza giusta causa possa essere sostituito, in seguito ad accordi tra le aziende ed i sindacati presenti al loro interno, da altre forme di compensazione.

Passa, insomma, il principio che accordi locali possano contravvenire alle leggi nazionali in materia di lavoro e sarà più facile, da ora in poi, per le aziende con più di 15 dipendenti cui l’articolo fa riferimento, licenziare.

Ci sarebbe molto da discutere sull’utilità del provvedimento ai fini della liberalizzazione del nostro mercato del lavoro nel suo complesso; solo una minoranza dei lavoratori italiani, e una minoranza ancor più ridotta di quelli con meno di 40 anni era, ad ogni modo, protetta dall’articolo 18 e certamente altre parrebbero le priorità per chi davvero volesse muovere le acque putrescenti della nostra economia.

L’abolizione degli ordini professionali, per capirci, avrebbe ben altro e più immediato impatto, così come un drastico taglio a tutte le leggi che rendono straordinariamente difficile fare impresa nel nostro paese e, d’altro canto, l’introduzione di altre norme che rendano il lavoro temporaneo più costoso per le aziende, e non più economico come assurdamente è ora.

C’è moltissimo da discutere sui tempi e i modi in cui la maggioranza ha portato questo attacco alla già malridotta sacralità dello Statuto dei Lavoratori.

Credo che i dati da cui partire siano quelli dei sondaggi che registrano un crollo della fiducia nei confronti dei partiti di governo e dei loro capi. Berlusconi e Bossi, secondo le cifre fornite da Demos, riscuotono lo stesso bassissimo gradimento tra gli italiani (tra il 22 e il 23 %); solo il 25,3% degli elettori voterebbe oggi PdL e il 9,8 % Lega.

Questi numeri, che fanno del PD con il 29,5% delle intenzioni di voto il partito potenzialmente maggioritario, combinati con quel che è diventato il berlusconismo, spiegano perché la maggioranza di governo si sia comportata a quel modo.

Tracciare paralleli tra berlusconismo e fascismo è cosa facile e nient’affatto nuova. Celebre quello di Montanelli che definì i berlusconiani “la feccia che risale il pozzo”. Oggi, a quasi vent'anni di distanza, l’intuizione del vecchio Indro si conferma più che mai vera: il berlusconismo continua a ripercorrere passo dopo passo la strada compiuta dal peggio del fascismo.

Norberto Bobbio, in Fascismo e Antifascismo, descrive assai bene quali furono le due anime del PNF: una rivoluzionaria, tesa alla trasformazione della società italiana, per certi versi anti-borghese, sicuramente violenta e intrisa di un nazionalismo “di trincea” che era già vecchio quando nacque; un’altra, quelle che divenne maggioritaria durante il regime, era un’anima reazionaria, volta alla conservazione dello status quo, piccolo e micro-borghese, ferocemente anticomunista in un’epoca in cui l’espansione globale del comunismo pareva essere una minaccia assolutamente reale.

Il berlusconismo può forse avere avuto un’anima “rivoluzionaria”; qualcuno dei suoi esponenti ed elettori, nel 1994, può davvero aver creduto che Berlusconi rappresentasse la via italiana alla rivoluzione liberale. Di questi liberali oggi, dentro il PDL, dopo aver visto quel che ha combinato Silvio Berlusconi in 17 anni di assoluto protagonismo nella nostra vita politica, non può restare alcuna traccia. Il PDL è, in questo momento, ridotto ad essere espressione della parte più reazionaria della società italiana, di quella più che ha più paura del futuro e di quella che più pensa di aver da perdere in caso di cambiamento.

Nulla di casuale in questo. Berlusconi, dal momento della sua “discesa in campo” si è sempre rivolto a questo tipo di elettorato; a questa immutabile componente del nostro panorama socio-politico.

Ha recuperato, alla faccia del liberalesimo, i temi cari al fascismo reazionario. Tutti: a cominciare dall’ansia “securitaria” (la sicurezza, e la cosa pare ridicola in uno dei paesi più sicuri d’Europa, fu il tema dominante della sua ultima campagna elettorale) per arrivare all’ anticomunismo.

Costantemente sventolato, per quanto del tutto anacronistico e reso ridicolo dalla sua storia personale (il compagno Berlusconi nasce socialista)  e dalle sua sempre rivendicata amicizia con il compagno Putin, già Rezident del KGB a Dresda, l’anticomunismo è stata l’unica vera bandiera ideologica del berlusconismo. Il totem attorno al quale ha radunato la sua tribù.

Bobbio, nell’opera che ho citato, ricorda le differenti analisi che del fascismo facevano i suoi oppositori. Ha l’intelligenza di riconoscerle tutte, parzialmente, valide; tutte calzanti un particolare aspetto del fascismo.

Gobetti, parlando del fascismo come autobiografia della nazione, metteva in luce le particolarità etiche del rapporto tra gli italiani e lo stato, la loro scarsa pratica di libertà. I marxisti consideravano il fascismo come un momento della lotta di classe; uno strumento repressivo della borghesia.

Quello che sta facendo Berlusconi in questi giorni, levando una tassa ai ricchi là ( il desaparecido contributo di solidarietà per i redditi sopra ai 90.000 Euro) e limitando un diritto dei lavoratori qui, è cercare di portare il paese allo scontro tra classi.

Cinicamente e freddamente, proprio nel momento in cui ci sarebbe bisogno della massima unità d’intenti tra i cittadini, per spaccare di nuovo l’Italia e ergersi a rappresentante e paladino di una sua parte contro l’altra.

E’ un Berlusconi “neo-borghese” quello che si sta riproponendo al proprio elettorato. Sta alla borghesia italiana, o a quel che ne rimane, di ricordare la propria storia e non abboccare alle sue esche; di ricordare la storia di Berlusconi, i tradimenti allo spirito liberale che ha compiuto per 17 anni, e di non mangiare le polpette avvelenate che gli vengono offerte dall’autobiografia della peggiore delle Italie.

Cosa altro mi aspetto che faccia Berlusconi, a questo punto, mentre i mercati stanno bocciando clamorosamente la sua manovra? Dove cercherà altri consensi per puntellare il proprio potere?.

Non so come farà, ma non ho troppi dubbi su quale sarà la direzione in cui si muoverà. Non sono un profeta, ma ricordo un po’ di storia: l’11 febbraio 1929 il Cardinale Pietro Gasparri e il Primo ministro italiano d’allora firmarono il Concordato...

Lasciare un commento

Per commentare registrati al sito in alto a destra di questa pagina

Se non sei registrato puoi farlo qui


Sostieni la Fondazione AgoraVox







Palmares