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La lista dei politici gay è spazzatura

Lo dico senza mezzi termini e da strenuo sostenitore della rete come mezzo di trasparenza: l’operazione ‘Listaouting’ è spazzatura. Ed è spazzatura nociva. Già l’idea di mettere in piazza l’orientamento sessuale di una persona, che attiene alla sua sfera privata, per giustificare un attacco politico, cioè quanto c’è di più pubblico, è discutibile. Io non credo che questa violazione della privacy individuale sia giustificabile con l’intento di smascherare l’incoerenza di chi legifera contro gli omosessuali essendo egli – nascostamente – omosessuale. E non credo ciò giovi alla causa, sacrosanta, dei diritti degli omosessuali. Ma, trattandosi di una questione di merito, è aperta alla discussione e alla valutazione di ognuno.

La decisione invece di pubblicare una lista di nomi senza accompagnarla con prove, documenti, ragioni, pone una questione di metodo ineludibile. Perché afferma una idea di trasparenza per cui qualunque anonimo sarebbe legittimato ad affermare qualunque cosa sia ‘nascosta’ senza fornire giustificazione alcuna della veridicità di quanto ‘rivelato’. E questa è un’idea radicale, fondamentalista della trasparenza che nuoce alla trasparenza stessa. Che si basa sulla liberazione dei dati, non delle illazioni.

L’Outlisting, poi, è un’idea che nuoce anche all’immagine della rete come veicolo di trasparenza. In un Paese culturalmente arretrato sul digitale come l’Italia, dove per esempio di WikiLeaks si è parlato quasi esclusivamente in relazione al gossip su Silvio Berlusconi, non c’è niente di peggio che dare modo ai media tradizionali di descrivere internet come il luogo dove si possono sbattere online dieci nomi dicendo che si tratta di omosessuali omofobi senza fornire uno straccio di prova a supporto. E nella convinzione di non subirne alcuna conseguenza. Tralasciando il piano legale della vicenda, di cui non sono competente, è un terribile autogol culturale e mediatico. L’ennesimo. Non se ne sentiva francamente il bisogno.


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