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La letterina all’Europa e le verità taciute

Nessuno si aspetta che il Governo mantenga gli impegni che si è preso con la sua letterina all'Europa. Non se lo aspettano gli altri soci dell'Unione (che pure, non potendo far granché, fingono d'essere soddisfatti da quel che hanno letto) e non se lo aspettano i mercati che continuano a scommettere contro il nostro debito.

Non se lo aspettano gli italiani soprattutto, ma questo è tanto ovvio che pare superfluo scriverlo. Indro Montanelli, che lo conosceva bene, diceva che Silvio Berlusconi era un bugiardo patologico; che, incapace per natura di dir la verità, mentiva sempre e a tutti, anche a se stesso, automaticamente e senza nessuna esitazione, arrivando a confondere la verità con le proprie menzogne.

Quel che il Grande Vecchio del nostro giornalismo non poteva immaginare, forse, è che quella patologia, tanto grave da portare rapidamente all'ostracismo sociale nella vita comune, si sarebbe rivelata un'arma formidabile nelle mani del politico Berlusconi; che gli italiani avrebbero premiato con il proprio voto chi mentiva loro guardandoli negli occhi attraverso gli schermi televisivi.

Giuliano Ferrara sostiene che Berlusconi abbia modernizzato il Paese strappando alla politica la maschera di perbenismo bigotto dietro la quale si nascondeva. Può essere. Io continuo a pensare che la grande vittima di certi comportamenti berlusconiani sia quella che un tempo si chiamava semplicemente decenza.

Per certo Berlusconi ha sciolto i nostri politici dall’obbligo di dire, se non il vero, il verosimile e di mantenere, almeno in piccola parte, le proprie promesse. Non è neppure un vero populismo, quello che lui ha praticato in questi anni; il suo è stato populismo parolaio, fatto di rivoluzioni sempre e solo annunciate, di trasformazioni epocali sempre rinviate ad altra epoca, perfetto per quella parte della nostra società che solo voleva mantenere quel che già aveva; per quell’Italia micro-borghese, timorosa d’ogni cambiamento e che è l’erede diretta di quella che, spaventata dalla modernità, corse a rifugiarsi dentro i sogni spacciati dalla retorica fascista.

E’ la parte forse meno preparata della nostra società, quella che perdona a Berlusconi qualunque menzogna; quella che crede possibile uscire dalla crisi senza che le venga chiesto alcun sacrificio.

E' composta da quelli a cui si rivolgeva il Ministro Gelmini, uno dei simboli del berlusconismo, affermando mentre era ospite a Ballarò, che il governo non aveva messo le mani nelle tasche degli italiani e che aveva varato manovre per complessivi 200 miliardi: denari sottratti ai venusiani o ai marziani, dunque, obietterebbe chi si ostinasse ad usare quella logica che dalla politica è scomparsa assieme alla verità.

Una verità che non solo il governo rifiuta di vedere. E’ lampante, per esempio, che il nostro paese spenda eccessivamente in pensioni. Poco importa che il sistema previdenziale regga; contributi così alti decurtano gli stipendi e il fatto che tante risorse siano destinate alle pensioni fa sì che nulla resti per i giovani e per le famiglie.

Le pensioni d’anzianità, tranne che per chi abbia svolto lavori particolarmente usuranti, dovrebbero essere abolite. Un provvedimento possibile, anche con l’accordo delle parti sociali, se i denari così risparmiati fossero restituiti integralmente ai lavoratori sotto forma di aumenti salariali immediati e di una serie di aiuti alla maternità ed alle famiglie.

E’ lampante che sia necessario trovare nuove risorse e che, lo capiscono anche i maoisti di Confindustria, l’unica maniera equa per farlo, a questo punto, mentre il carico fiscale sui lavoratori è più elevato che mai, sia introdurre una tassa patrimoniale strutturale.

E’ lampante che il nostro settore pubblico abbia, con l’eccezione di scuola e sanità, una produttività bassissima; che, dati alla mano, siamo il meno efficiente di tutta Europa: quello che meno dà ai cittadini in relazione alle risorse che assorbe.

Verità spiacevoli per tutti gli italiani; per chi dovrà andare in pensione dopo, per chi dovrà pagare in altra forma le tasse che finora non ha pagato e per chi, poco o nulla impiegato nonostante riceva uno stipendio, dovrà essere messo nelle condizioni di lavorare con un’efficienza paragonabile a chi lo fa nel settore privato.

Verità che nessun politico può dire tutte assieme: lo facesse, rischierebbe di scomparire elettoralmente, in un paese che, dopo decenni di menzogne, sembra non saper più riconoscere la realtà.

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