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 Home page > Attualità > Ambiente > La grotta che fu azzurra

La grotta che fu azzurra

Non ho mai creduto alla tesi che i problemi della Campania – maleducazione, scarso rispetto di leggi – siano un retaggio culturale. Tipo: laddove ha regnato l’anarchia per più di un secolo, è difficile applicare la benché minima norma.

Però i fatti che apprendo su Capri un po’ mi fanno ricredere. Pare che a sversare i liquami nocivi che poi sono finiti dritti nella grotta azzura, siano stati esercenti di bar e ristoranti, due categorie che certo non se la passano male d’estate a Capri. Pochi giorni prima, il danaroso titolare dei bagni di Tiberio è stato sorpreso a buttare bottiglie in mare.



Da queste parti vige l’idea che il demanio pubblico sia talmente di tutti che se ne possa l’uso voluto. Per questo qui nessuno si fa problemi se deve aprire il finestrino dell’auto per lanciare un fazzolettino di carta o per sversare bottiglie o liquami vari.

La camorra ha il monopolio del business dell’inquinamento ambientale, ma i campani hanno quello della maleducazione.

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