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La golden share elettorale

Non è la prima volta che vicende di significativa importanza sul piano politico-parlamentare si manifestano nello stesso giorno; piuttosto che il caso si potrebbe richiamare il “volere degli dei” nel raffigurare giornate particolari come quella del 12 gennaio. Tant’è e bisogna pur ricavare qualche significato, meglio ancora, qualche segno dei tempi da tutto ciò.

Le ragioni per il giudizio di non ammissibilità pronunciato dalla Corte costituzionale sui referendum relativi alla legge elettorali possono essere tanti, basta considerare i diversi limiti in materia che la Corte ha espresso negli anni e nelle analoghe occasioni, per capire che non solo il problema della reviviscenza, ma anche quello della coerenza e della completezza delle norme superstiti, tra gli altri, possono essere stati occasione per bocciare i quesiti.

Piuttosto vale la pena di sottolineare alcune stridenti contraddizioni che emergono da tutta la vicenda sul piano politico, in connessione con l’altra questione affrontata invece alla Camera, ovvero il caso Cosentino.

E’ da anni ormai che parti politiche di questo Paese si battono per introdurre sistemi elettorali cosiddetti maggioritari. Premesso, che personalmente ritengo più coerenti e funzionali con l’ordinamento che scaturisce dalla Carta costituzionale sistemi prevalentemente proporzionali, emerge l’incoerenza sul piano politico delle opzioni maggioritarie.

In altri paesi ove le elezioni determinano una scelta secca tra due parti politiche è prevista l’autonoma elezione o investitura del capo dell’esecutivo. Da noi chi invoca sempre più maggioritario disdegna queste soluzioni per il capo del governo. Ne deriva un sistema non coerente ove il leader della parte risultata vincente alle elezioni non acquista una sua autonoma forza politica da spendere nel rapporto con la maggioranza parlamentare.

Le vicende dei governi Prodi dimostrano che il problema c’è e la soluzione, rabberciata, inserita nella legge “Porcellum” ad uso di Berlusconi ha mostrato la sua pericolosità nello scorso novembre (lo spread in rialzo ha risolto un grosso problema costituzionale a tutti!).

Il maggioritario, che già scontava all’origine l’accusa di riportare in auge il sistema del notabilato politico (com’era prima del 1919) risulta insufficiente in ordine alla richiesta di stabilità degli esecutivi, perché il leader non ha forza elettorale propria e se l’ha (con il “Porcellum”) non è sostituibile in via ordinaria (le dimissioni del cavaliere sono state un fatto penoso che si è trascinato per molti mesi).


Le lamentele sentite in occasione del voto contrario all’arresto del deputato Cosentino hanno anche fatto riferimento alle norme elettorali, non solo a questioni di scelte politiche di vertici di partito e nel giorno in cui la Corte costituzionale valutava appunto un referendum in materia, si è constatato che non ci sono sistemi elettorali che risolvano le contraddizioni presenti nel paese reale.

Piuttosto c’è da trarre un insegnamento ulteriore circa la fallace speranza che i “maggioritaristi” ad oltranza assegnano alle norme elettorali, anche in relazione alle esigenze di selezione delle rappresentanze politiche. In sistemi di rappresentanza prevalentemente proporzionali la incidenza di ambienti e di persone colluse o in odore di gravi compromissioni è sicuramente minore: perché la “pecora nera” favorita elettoralmente è una tra i tanti.

I sistemi elettorali maggioritari in certi contesti costituiscono un veicolo privilegiato per far pesare il voto inquinato, dato che per la caratteristica stessa di quei sistemi, ambienti organizzati possono far valere meglio il proprio consenso (l’utilità marginale) in termini numerici e così determinare maggioranze e vertici di esecutivi. Insomma, un grosso affare per le camorre organizzate: hanno a disposizione la “golden share” del voto elettorale.

Ovviamente la “golden share” elettorale può essere spesa anche da parte di altri ambienti ed in altri contesti non meno criticabili, ma come si sa la democrazia ha i suoi difetti e così le leggi elettorali: l’importante è rendersene, laicamente, conto.

Se ci fosse volontà bisognerebbe ragionare (tra l’altro) anche su questi rilievi, su queste ipotesi, quando si parla di sistemi elettorali, ma non risultano studi o riflessioni al riguardo. In questo Paese anche il “maggioritarismo” è diventato articolo di fede e guai a chi si mette contro.

In realtà non si tratta di invocare ritorni al passato, ma di pretendere che i sistemi elettorali abbiano adeguata capacità di rappresentare le diversità del corpo elettorale, l’efficienza degli esecutivi e che le minoranze equivoche non abbiano a prevalere.

Maggioriario o non maggioritario la nostra Carta costituzionale - benemerita - consente anche i governi Monti, non eletti. C'è qualche contraddizione in tutto questo che i "maggioritaristi" devono tener presente.

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