• AgoraVox su Twitter
  • RSS
  • Agoravox Mobile

 Home page > Attualità > Politica > La fabbrica del razzismo

La fabbrica del razzismo

Quando la politica resta a casa succede che il disagio, la sofferenza delle persone, diventano l'occasione, per qualche fascioleghista, di fare spot elettorali, e proseliti di un'idea nefasta, che tanto male ha fatto all'umanità. In un turbinio mediatico fatto di slogan e parole ad effetto, la propaganda razzista, s’insinua in modo subdolo, nel disagio, nel degrado e nella disperazione delle persone, offrendogli un colpevole e un capro espiatorio; la risoluzione dei loro problemi. "Prima gli italiani" è lo slogan dei fascioleghisti, e non si accorgono che lo status di cittadinanza non può mai legittimare la deroga ad una graduatoria fondata sulla povertà e sul bisogno.

Succede in Italia, ed è successo a Tor Sapienza, dove il degrado di un quartiere, le difficoltà di convivenza tra immigrati ed indigeni, il disagio reale di gente lasciata sola, ha preparato a politici e giornalisti, in buona e mala fede, un terreno fertile, per gettare i semi della mala pianta del razzismo.

Un’attività che modella comportamenti, modi di pensare, e tuttavia consapevole che il razzismo, anche se cova nella mente di molti, non è accettato dai più. Per questo non avviene mai a viso aperto, ma entra nelle nostre case, con passo felpato, rispettando le nostre opinioni, anche quelle antirazziste. Avete fatto caso? Tutti i razzisti, davanti alle telecamere, dicono sempre di non essere razzisti. Si presentano con parole condivisibili, e accettabili, per poi sfociare in frasi, indicazioni e comportamenti, chiaramente xenofobi.

Così le madonne pellegrine che hanno fatto passerella, a Tor Sapienza, hanno detto e ripetuto di non avercela con gli immigrati, hanno parlato di degrado complessivo, ma poi hanno attribuito solo agli immigrati la responsibilità di questo degrado, trascurando le altre concause.

Sono andati dalla gente del posto ad ascoltare i loro problemi, e non sono andati dagli immigrati ad ascoltare i loro problemi. I problemi dei ragazzi richiedenti asilo, le loro ansie, le loro paure di assediati dalla gente del quartiere, e vittime di una sassaiola; non hanno avuto spazio mediatico, ed attenzione politica adeguata.

Chiedetevi e chiedete quanto spazio la stampa e i politici che sono andati a Torsapienza hanno dedicato alle abitudini incivili degli immigrati, ai problemi di convivenza da essi prodotti, e quanto spazio alle baby squillo sotto le scuole, alla piazza di spaccio, alla mancanza di luce elettrica in alcune zone del quartiere. Chiedetevi perché il tentativo di stupro ad opera di gente bianca, come testimoniato dalla vittima, si è tradotto nella "deportazione" di 15 ragazzi, richiedenti asilo, strappati ieri dalla guerra, oggi dalla intolleranza, alle loro abitudini e alle loro amicizie.

È la sconfitta dello Stato, che ha dovuto subire l'imposizione di gente stanca, ma anche influenzata e sobillata. E questa sconfitta è anche il risultato del silenzio, su questo processo subdolo d'indottrinamento, su questa fabbrica culturale del razzismo.

Ma se questa fabbrica induce nell’immaginario collettivo la convinzione che gli immigrati e non il governo sono la causa delle scarse risorse per gli handicappati, e della penuria di casa per gli italiani, diventa un’incubatore di violenza difficilmente controllabile. 

Le isole del disagio, le periferie italiane ridotte a luoghi di scontri tra fazioni in lotta, bianchi contro neri, neri contro bianchi, in una escalation senza limiti. Questo il rischio costruito dalla fabbrica del razzismo, che la miopia fascioleghista, purtroppo, non comprende, e talvolta auspica.

 

Foto: Michela Zedda/Flickr

Lasciare un commento

Per commentare registrati al sito in alto a destra di questa pagina

Se non sei registrato puoi farlo qui


Sostieni la Fondazione AgoraVox


Pubblicità




Pubblicità



Palmares

Pubblicità