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La dittatura egiziana grazia 3000 prigionieri politici e il dissidente Mohamed Ali dichiara fallita la ribellione

Il 25 gennaio l'Egitto mostra i suoi volti. Da un lato hai la polizia che regala cioccolatini e fiori, mostrando il suo volto bello, buono, pulito e sorridente. E se non ti fermi, a prendere i cioccolatini o i fiori che le forze di polizia ti offre, rischi di passare un guaio. 

Dall'altro, nel silenzio delle tenebre, realizza quello che è, una feroce dittatura di cui Giulio ne è stata una delle più importanti vittime, vittime del cortocircuito egiziano del 25 gennaio. In un Paese che da quando Al Sisi è al potere con il colpo di stato continua a prorogare lo stato di emergenza, ma nessun Paese lo considera, l'Egitto, come insicuro, anzi.
 
Il 25 gennaio è l'anniversario della rivoluzione egiziana, quella che farà cadere Mubarak, con una brevissima illusione democratica con Morsi che verrà colpito alle spalle da Al Sisi che nel luglio del 2013 con un colpo di stato prenderà in mano il potere. In Egitto i Fratelli Musulmani che erano una forza politica rilevante e l'unica in grado di sfidare Al Sisi sono stati messi al bando come terroristi, e ogni tanto tirano fuori dal cassetto dal governo egiziano qualche arresto per attentato evitato o spunta qualche bomba artigianale made in Fratelli Musulmani che puntualmente serve al regime per prorogare il proprio stato di sicurezza. Qualcosa è riuscito a movimentarlo il movimento di Mohamed Ali. Che con i suoi video da Barcellona, ha messo in difficoltà il regime egiziano, anche se gli interrogativi c'erano e per come si è conclusa la vicenda ora sono ancora di più. Una ribellione che sapeva più di vendetta durata neanche cinque mesi abbondanti. Si trova al momento a Barcellona, in Spagna, dove è fuggito con la propria famiglia dalla dittatura di Al Sisi. Ed è già stato denunciato per alto tradimento per i suoi video che dai primi di settembre 2019 stavano scuotendo l'Egitto. Mohamed Ali Secrets così si chiamava la sua pagina Facebook che aveva circa 1 milione di seguaci su Twitter è durata fino a novembre l'esperienza e con un canale you tube con decine di video. Ed il tutto in pochissimi giorni. Dissidente, da una voce interna che ha collaborato per 15 anni con l'apparato militare fino a quando ha deciso di dire basta. Denunciando la corruzione, le violenze, le nefandezze di una dittatura militare nata con il colpo di stato del luglio 2013. 
 
La reazione alle proteste che lui ha determinato è stata pesantissima. Migliaia di arresti, in Egitto. La più grande ondata di arresti mai compiuta in questi anni. Il 25 gennaio doveva realizzarsi la rivolta contro il regime. Cosa è successo, invece? Che la polizia ha continuato a dare i suoi cioccolatini e la rivolta non c'è stata. Ha chiuso in fretta e furia la sua pagina Facebook il dissidente dichiarando di fare un passo indietro dopo il chiaro fallimento lasciando intendere che andava rispettato il sentimento della maggioranza degli egiziani.Ora, per come è finita questa storia, pare evidente che il regime egiziano ne è uscito rinforzato. E guarda caso, il 25 gennaio, il dittatore Abdel Fatah al-Sisi ha emesso un decreto "perdonando" un numero di 2975 prigionieri, liberandoli e altri 498 si troveranno in stato di libertà vigilata in occasione della celebrazione della Giornata nazionale della polizia e del 68 ° anniversario dell'eroica epopea della battaglia di Ismailia".
Secondo la costituzione, il presidente ha il diritto di emettere provvedimenti di grazia per i prigionieri condannati dopo aver consultato il Consiglio dei Ministri. Tuttavia, i colpevoli di determinati crimini non possono essere perdonati. Questi crimini comprendono il traffico di armi, il terrorismo, il traffico di droga di oltre 10 chilogrammi, il commercio di "eroina" a prescindere dalla quantità e l'uccisione per vendetta. Il decreto è stato pubblicato sulla gazzetta ufficiale. E sarà un caso che il numero dei perdonati coincide circa con quelli arrestati in relazione alla proteste dell'egiziano in fuga a Barcellona? Le coincidenze non esistono, qualcosa dietro le quinte è successo. E' evidente. E l'Egitto con questa mossa ha avviato una chiara operazione di pacificazione sociale, che rischia di solidificare il potere di Al Sisi in un Paese dove povertà, corruzione, analfabetismo, cattiva sanità, sono una chiara emergenza sociale. Va detto però, come denuncia Aljazeera , che ci sono circa 60.000 prigionieri politici in Egitto, con le accuse più comuni che appartengono a un'organizzazione vietata e che diffondono informazioni false. Centinaia di migliaia sono stati incarcerati secondo la legge di protesta, che vieta le riunioni pubbliche di 10 o più persone senza l'autorizzazione del ministero degli interni del paese.
mb

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