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La disoccupazione giovanile non diminuirà

Dal 2008 al 2010, si legge in un’indagine dell’ente di ricerca Datagiovani, gli occupati dai 15 ai 34 anni sono diminuiti di oltre 800.000 unità e di altre 150.000 nel primo trimestre dell'anno. Le previsioni di assunzione per il 2011, da parte delle imprese italiane, dunque, sebbene in ripresa, potranno recuperare solo in parte il terreno perduto dall'inizio della crisi.

Nel 2011, infatti, le aziende italiane prevedono di assumere circa 208.000 giovani con meno di trent'anni, il 5,9% in più rispetto a quanto previsto nel 2010. Ma il confronto con il pre-crisi è impietoso, sia nei valori assoluti che nelle quote di assunzioni riservate ai giovani rispetto a quelle totali. Nel 2008 si prevedevano di assumere quasi 300.000 giovani, circa 90.000 in più: la flessione è del 30%. Sia per quanto riguarda le assunzioni complessivamente previste che per quelle rivolte specificatamente ai giovani la rilevazione 2011 mostra segnali di ripresa rispetto all'anno precedente: i posti di lavoro non stagionali messi a disposizione dalle imprese italiane sono infatti 595.160, circa 43.000 in più del 2010 (+7,8%). Di queste, nel 35% dei casi si richiede esplicitamente che si tratti di under 30, pari a poco più di 208.000 unità (11.500 in più del 2010, +5,9%). La quota più consistente riguarda i giovani dai 25 ai 29 anni: si tratta di circa 155.000 posti previsti, il 26% del totale.

Ma siamo lontanissimi dai livelli del 2008. Nel 2008 le imprese prevedevano di assumere quasi 300.000 giovani, ben 90.000 in più delle previsioni attuali. È evidente dunque che, sebbene la situazione appaia un po’ meno negativa del 2010, siamo ben lontani dal tornare ai livelli del pre-crisi: le previsioni di assunzione di giovani sono infatti diminuite del 30,3%.

Nel 2005 il 41% delle previsioni di assunzione delle aziende si rivolgeva ad under 30, sei punti percentuali in più del 2011. Da una parte ciò si può spiegare con l'entrata nel mercato del lavoro in età più avanzata dei giovani, che dunque deve rimodulare anche le preferenze delle imprese; dall'altra è però evidente che la crisi mette a disposizione delle aziende figure professionali di età più elevate, con esperienze lavorative maggiori, che rischiano di tagliare fuori dal mercato molti giovani. Pertanto il tasso di disoccupazione giovanile, considerando gli under 25, che in Italia ha raggiunto il 27,6% nel luglio 2011 - dati Eurostat -, una percentuale tra le più elevate in Europa, con quelle previsioni relative alle assunzioni, non potrà diminuire in modo considerevole, al termine del 2011. E’ probabile anzi che quel tasso possa addirittura aumentare.

Commenti all'articolo

  • Di Renzo Riva (---.---.---.213) 1 settembre 2011 18:56
    Renzo Riva

    Pubblicato come lettera su

    Il Gazzettino

    24 settembre 2006

    Fascicolo di Udine

    Pagina XVII (PN 21)

    Una società migliore
    a tutti i giovani
    compete combattere

    Alcune considerazioni per tratteggiare la protervia della politica sindacale per mantene­re posizioni di rendita, nonché degli stessi pensionati che han­no conquistato con le famose "lotte" i privilegi che le giovani generazioni stanno pagando, taglieggiati nel proprio reddito dalla scelte politico-sindacali che impone loro tasse e contri­buti che depauperano di oltre il 50% il totale del lavoro da loro prodotto.
    Dico questo special­mente ai pensionati che hanno promosso e partecipato dome­nica 10 settembre alle 11 pres­so la Piazza di Madonna alla 10a festa dei pensionati; "anzia­ni e non" avevano pure avuto l’ardire di scrivere sul volanti­no e le locandine esposte nei locali pubblici.
    Ciò è stato pro­mosso dalle organizzazioni sin­dacali dei pensionati spi/cgil, fnp/cisl e uilp/uil in collabora­zione con i comuni Buja, Arte-gna, Bordano, Forgaria, Gemona, Montenars, Osoppo, Trasaghis.
    Ciò ha raccolto pertanto una platea a disposizione delle autorità che hanno potuto fare la passerella di rito per acqui­sirne il consenso, quasi in for­ma cooperativa.
    Lo sanno i pensionati attuali che i giovani d’oggi pagano esosi contributi e tasse per mantenere i loro pri­vilegi e le rendite di posizione? Che sono frutto delle insane politiche concorsuali di tutti i partiti e sindacati e che hanno permesso nel pubblico impie­go: al genere femminile pensio­namenti con 14 anni 6 mesi ed 1 giorno di contributi; pensio­namenti per ambo i generi con 19 anni 6 mesi e 1 giorno di contributi, e solo nel pubblico impiego; come è notorio per un lavoro altamente usurante.
    Si sono posti quindi sul groppone dei contribuenti, pertanto an­che dei lavoratori non dipen­denti, assieme ai privilegiati del parastato.
    Non capisco come un lavoratore dipendente delle acciaierie, dell’edilizia ed in genere di tutti i lavori gravo­si possano continuare a mante­nere questa "classe" sindacale attraverso il pagamento delle trattenute sindacali automati­che in busta paga e sul tratta­mento pensionistico; che sia frutto della sindrome di Stoc­colma?
    Ai giovani competerebbe di lottare come fecero D’Alema e tanti suoi compagni in gioventù, mettendo a ferro e fuoco l’Italia negli anni 70, "guadagnandosi" lui in tal modo anche un appartamento Inps in piazza Navona, pagato con i contributi dei lavoratori.
    Gli incendiari di ieri sono gli stessi che oggi pretendono di fare i pompieri; in puro stile bipartisan, col concorso di tutti i partecipanti al desco della spesa pubblica.
    Oggi, i sinistri pacifondai, i no-global dei co­siddetti centri sociali, alcune associazioni Onlus, altre Ong (Organizzazioni non governati­ve) sono mantenuti ad arte dal­le amministrazioni pubbliche fiancheggiatrici, con lauti con­tributi pubblici e con il silente assenso delle gerarchle cattoliche.
    Permettono ai sinistri il diversivo del Libano che cade a fagiolo per distogliere l’atten­zione dell’opinione pubblica dall’invasione islamica dell’Ita­lia che hanno favorito e dai problemi energetici, e come conseguenza economici, che at­tanagliano il Paese.
    Beati i pensionati se ce la faranno a morire prima di co­noscere e sperimentare le con­seguenze della loro operosa vi­ta.
    La meritocrazia vorrebbe che ognuno abbia in conse­guenza di quanto ha dato.
    Ma di questi tempi anche la giusti­zia è impegnata altrove: sul fronte dell’obbligatorietà dell’ azione penale; per le malversa­zioni sindacali e amministrati­ve del personale politico non c’è tempo.

    Renzo Riva
    Buja

    Mi permetto di cannibalizzare un bel concetto espresso da

    di Damiano Mazzotti (xxx.xxx.xxx.159) 20 giugno 2010 10:41

    La realtà è che l’80 per cento dei vecchi che sono in pensione più o meno anticipata, ricevono un compenso altamente immeritato e ingiustificato...

    Ma fino ad oggi comanda la casta dei vecchi che si raccomandano tra di loro e si fanno le leggi su misuraa fino a quando l’Italia farà la fine dell’Argentina e allora anche loro dovranno ridursi le pensioni... O meglio i nuovi governanti più giovani capiranno che dovranno ridurre gli emolumenti di questi parassiti per continuare a far funzionare un paese...

    Con pensioni anticipate nel pubblico, con pensioni ridotte e assunzione di giovani che costano meno e lavorano di più e meglio (perchè più istruiti e flessibili), ne godrebbe anche il funzionamento degli apparati e della burocrazia di Stato... e i conti pubblici: i giovani neoassunti costano molto meno...

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