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La (de)costruzione mediatica del nemico interno

La puntata di Blob del 22 Ottobre 2010 (www.rai.tv) istituisce un parallelo tra il delitto che oggi va per la maggiore e i disordini a Terzigno per la costruzione di una nuova discarica.
Il segreto del programma di Ghezzi e Giusti è sempre stato quello di decostruire con ironia e acume la realtà mediatica nazionale. Una decostruzione che avviene con un semplice artificio: la decontestualizzazione.
Sottratte alla continuità da palinsesto in cui hanno avuto origine e “ideologicamente” rimontate, le immagini televisive perdono il proprio significato – ossia il contenuto del proprio messaggio – per acquistare un nuovo significante – ossia l’immagine acustica, in questo caso anche visiva, espressa senza mediazioni dall’insieme di suoni e colori incasellate nello schermo.
Nelle pieghe di questo contrasto tra primitivo e inedito significante, all’interno dello stesso significato (De Saussure), prende forma la semantica di Blob, il corto circuito dal quale scaturisce la comunicazione politica degli autori del programma.

E' la preventiva creazione di un minimo comune denominatore a livello di contenuto tra i frammenti selezionati dal flusso televisivo, che li renda pertinenti in vista dello scopo comunicativo che vuole ottenere. Gli spezzoni, siano frasi o immagini, diventano funzionali. Se è vero che quel che ci viene mostrato ha avuto luogo in una stessa Italia informativo-televisiva, non è altrettanto vero che faccia capo allo stesso raggruppamento di senso. Blob ricrea questo senso in comune, lo crea ex novo, e ci ricama attorno un filo rosso arbitrario che si destreggia attraverso contesti differenti (da qui, l’effetto ironico).
Il 22 Ottobre il programma di Raitre sovrappone omicidio e discariche per raccontare la costruzione mediatica del nemico interno.

Amico/nemico: più cattivi i cattivi, più compatti i buoni. Ce lo ha insegnato il filosofo tedesco Carl Schmitt. Che amava la democrazia, ma solo quella “social” di Adolf Hitler. Il nemico è il campano anti-discarica. Amante della “puzza”. In quanto amante dei rifiuti (non li vuole buttare) o in quanto napoletano (ossia un facile bersaglio)?

Il dubbio amletico è suggerito dall'accostamento di due scene: un manifestante brucia una bandiera tricolore; un gruppo di “padani” grida a gran voce di volerlo fare.

Decontestualizzare è scorretto?
La parzialità della selezione di frammenti operata da Blob in realtà non è altro che il ripiano su cui, precariamente, si poggia l’essenza stessa di tutta l’informazione.

Da un lato, il montaggio di Blob non vuole avere illusioni di verità, ti dice: quello che stai vedendo è solo un’opinione, un’interpretazione della realtà; e, così facendo, non nasconde la parzialità del suo punto di vista.

Dall’altro, usa la falla del sistema informativo a suo vantaggio, la mette a suo servizio, ma portandola alle estreme conseguenze. Prende la materia mediatica e ne fa ciò che vuole, facendo scaturire un significato che è, nonostante tutto, informativo. Cioè, non smette di produrre comunicazione.
Perché è il “mondo” stesso a essere comunicazione, dice Luhmann, sempre meno azione e sempre più e solo comunicazione.

Non rema forse a favore di un “mondo-comunicazione” la radicale autoreferenzialità del sistema mediatico nazionale?

Come chiamare, se non “decontestualizzazione”, il media-rigurgito riversato sull'omicidio più in voga del momento, a coprire di morbosità le tensioni di un paese reale in ebollizione? Quale finalità informativa o pedagogica ha un truce assassinio, che non hanno invece le proteste su temi quali la scuola, il lavoro, il rapporto dell'uomo con l'ambiente, con l'economia che tale ambiente ricopre di cartacce e plastiche e metalli che nessuno sa come smaltire?


La puntata di Blob in questione si intitola “Sfracelli d'Italia”.

Racconta una nazione in menopausa che cerca disperatamente un facile bersaglio contro cui ricompattare milioni di persone. Che leggono la stessa realtà soltanto quando scandita dalla guida ai programmi della settimana.
Si apre con un'esecuzione di “Va pensiero” di fronte a una folla leghista in visibilio, prosegue con chiacchiericcio televisivo in ordine sparso (Annozero, Grande Fratello), Berlusconi sorridente, pastori sardi in rivolta, le prime deposizioni sull'omicidio a “La vita in diretta”. Un padre di famiglia, col figlio piccolo in braccio, grida “vergogna!” ai poliziotti in tenuta anti-sommossa-antidiscarica.

Una bambina viene esibita da Bonolis a ballare “Waka Waka” a un ritmo forsennato, all'interno di una cabina che la fa sembrare una bestiola in gabbia. Il pubblico ride. “Te la senti di ballare ancora?” “No”, risponde la bambina esausta.

Frammenti di palinsesto che dialogano male tra di loro. Freccero a Tg3 Linea notte: “E' un disastro”. Una concorrente di Amici piange perché costretta a imparare la Divina Commedia a memoria: “Io non so neanche il mio numero di telefono”. Singhiozza: “E' un problema che devo risolvere, lo so che lo devo risolvere”.

Berlusconi promette una soluzione entro 10 giorni per Terzigno. Scontri tra manifestanti e polizia. I carabinieri proteggono il passaggio degli autocompattatori. Santoro e Belpietro litigano. “Un pizzico di trasgressione con la lap-dance!”, informa il Tg4. Immagini di scontri dalla Grecia: “Sfracelli d'Italia” diventa “Una faccia una razza”.

Arriva la scena del rogo della bandiera: cos'è per un'intera nazione, se non un “nemico”, chi ne brucia la bandiera? “No no, andiamo avanti con le immagini, perché sta per arrivare l'immagine più importante”, la definisce il presentatore del Tg1 (tensione). “perché lì nella piazzetta di Terzigno c'è una pianta di ulivo, intorno alla quale si sviluppano questi, diciamo, questi incidenti”, fatalità, incidenti. “E guardate! L'uomo è salito sulla pianta di ulivo e da lì (pausa) dà fuoco (pausa) alla bandiera italiana, (inflessione) al tricolore”. Non si tratta di sensazionalismo mediatico: “Questa è la seconda volta che avviene, era già avvenuto ieri”.

“Noi che siamo padani, abbiamo un sogno nel cuore: bruciare il tricolore!”
Decontestualizzare e ricontestualizzare, svuotare il significante e riempirlo di significato altro.

Accostare violenza domestica e dissidio politico. Invitare chi è troppo riconoscente per dissentire.

Portare alla ribalta, cioè fuori dal proprio contesto, gente comune (prima o poi la ruota gira!). Raccontare una barzelletta, perché la gente non pensi alle proprie disgrazie: decontestualizzare. E se ti scappa un “porco dio”, Chiesa rassicurata, “contestualizzare” ancora.

(già pubblicato su "Il Denaro" di Napoli e su Dot 2.0

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