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La cronologia di Cosa Nostra

La cronologia di Cosa Nostra

 
24 maggio. Sergio Lari, procuratore di Caltanissetta, dichiara, in un’intervista al tg regionale siciliano, che "le indagini prefigurano un filo conduttore che dall’Addaura arriva fino a via D’Amelio", e che "sarebbe ipocrita negare" un coinvolgimento dei servizi segreti in quelle vicende.
 
26 maggio. Il dott. Lari viene convocato dal Copasir (il comitato parlamentare per la sicurezza della repubblica, che ha l’incarico di vigilanza e controllo sui servizi segreti), nell’ambito dell’inchiesta sul fallito attentato all’Addaura. Il procuratore viene ascoltato in merito al filo rosso che legherebbe quella vicenda alle stragi di Capaci e via D’Amelio, sulle rivelazioni del pentito Gaspare Spatuzza, e sul coinvolgimento di alcuni agenti dei servizi, con responsabilità nelle stragi. Secondo quanto affermato da Lari, l’inchiesta avrebbe già prodotto "interessanti riscontri".
 
27 maggio. Si apprende che il procuratore Lari ha ricevuto una lettera intimidatoria con dentro un proiettile calibro 7,65. Minacciati, nelle stesse ore e con le stesse modalità, anche il presidente di Confindustria Sicilia Ivan Lo Bello, ed il presidente della Camera di Commercio di Caltanissetta e delegato di Confindustria per la legalità Antonello Montante.
 
28 maggio. L’avvocato Sammarco, legale di Marcello Dell’Utri, durante l’arringa difensiva del processo d’appello per il quale il senatore è accusato di concorso esterno in associazione mafiosa, ha smentito che il suo assistito abbia incontrato il boss Vittorio Mangano all’epoca della nascita di Forza Italia. La tesi della difesa si basa sul ritrovamento di un’agenda dell’epoca: “dagli appunti ritrovati ci si accorge di come non ci siano mai stati gli incontri di cui parlano i giudici nella sentenza di primo grado. Sulla base di questi fantomatici appuntamenti l’accusa ha poi montato la storia secondo cui così sarebbe maturata la decisione della mafia di scendere in campo politico”.
 
28 maggio. Il procuratore nazionale antimafia Piero Grasso ha confermato, in un’intervista a Repubblica, quanto dichiarato ieri, e cioè che “dopo l’omicidio Lima nel marzo ’92, la mafia aveva azzerato i rapporti con i referenti politici tradizionali, e comprensibilmente ne cercava di altri". E, alla domanda se le stragi indicassero una strategia politica precisa per il dopo Tangentopoli, Grasso ha affermato che "teoricamente il vuoto che si era creato poteva essere colmato da qualsiasi formazione politica di destra o di sinistra. La strategia della tensione di quel ’93 si può ricostruire anche attraverso una serie di fatti come l’autobomba in via dei Sabini, il black out a palazzo Chigi, le bombe nei treni a Firenze e a Roma, le rivendicazioni della Falange armata. Qui si collocano le stragi. Dietro c’era una regia che non poteva essere soltanto della mafia. Ma allo stato, non c’è ancora una prova giudiziaria dei contatti tra questa entità e Cosa Nostra.”
 
Si indaga, in Sicilia. C’è chi indaga e c’è chi fa di tutto perché non si indaghi. E non solo in Sicilia. Le procure di Roma e Firenze sono al lavoro. I giornali pubblicano interviste, le agenzie rilasciano comunicati stampa, le redazioni faticano a star dietro a tutte le notizie, e sbattono in prima pagina “esclusive” che si rivelano essere delle bufale appena dieci minuti dopo.
 
C’è chi vuole sapere, e chi non vuole far sapere. Ma è difficile capire chi stia dalla parte giusta, e chi dalla parte sbagliata. È difficile distinguere persino dove finisca una parte, e ne inizi un’altra.

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