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La crisi dei consumi riguarda soprattutto il Sud

La debolezza dei consumi a livello pro capite, complice il biennio di crisi 2008-2009, lascia prevedere un rallentamento generalizzato dell'uscita dalla crisi tanto che, a fine 2011, ben 17 regioni su 20 rischiano di registrare un livello di consumi inferiore a quello del 2000”.

È quanto rileva un'indagine della Confcommercio, che evidenzia i ritardi del Sud. Su 20 Regioni italiane, la dinamica dei consumi pro-capite indica che solo Friuli, Molise e Basilicata segnano livelli di consumi superiori a quelli di 11 anni fa. Secondo la ricerca della Confcommercio “negli ultimi anni si riduce il contributo del Sud in termini di consumi rispetto al totale nazionale con una quota che è passata dal 27,2% del 2007 al 26,6% del 2011”. Risultano, invece, positive le dinamiche delle regioni settentrionali, “con quote - spiega - in costante aumento sia nel Nord-Est (dal 21,8% al 22,2%) che nel Nord-Ovest (dal 30,1% al 30,6%)”. L'associazione dei commercianti fa, inoltre, notare che “alle deboli performance del Mezzogiorno si associano anche gli effetti del calo demografico registrato in quest'area (la quota della popolazione sul totale nazionale è scesa dal 36,4% del 1995 al 34,4% del 2011) che hanno determinato il protrarsi del calo dei consumi anche nel 2010”.

A livello di singole regioni, sottolinea la Confcommercio, “nel 2009 tutte fanno registrare una contrazione dei consumi in termini reali con picchi in Calabria (-4,2%), Puglia (-3,6%), Sicilia (-3,2%) e Campania (-3,0%), mentre nel 2010 solo il Nord-Est ha recuperato i livelli di consumo pre-crisi”. Per l'associazione in una prospettiva di più lungo periodo, nel 2017, “il Mezzogiorno avrà acuito il suo ritardo con una continua riduzione della spesa per consumi rispetto al totale nazionale”. In ogni caso, aggiunge, “al di là delle differenti dinamiche dei consumi che evidenziano una maggiore debolezza delle regioni meridionali confermando i divari territoriali presenti nel Paese, a livello generale va segnalato il tentativo delle famiglie di recuperare i livelli di consumo persi nel biennio recessivo anche se le previsioni per il 2011 sull'intero territorio restano modeste con un +0,8%”.

Questi dati inducono a formulare due considerazioni, di diversa natura. Innanzitutto dimostrano quanto la crisi economica abbia inciso negativamente sulle condizioni di vita di ampi strati della popolazione italiana, determinando una vera e propria crisi dei consumi. Ciò dovrebbe spingere le autorità di governo a realizzare interventi volti ad accrescere i consumi e non a ridurli. Invece con la manovra recentemente approvata si potrebbe addirittura provocare un’ulteriore diminuzione dei consumi dei ceti più deboli, soprattutto se verranno confermati i tagli ai trasferimenti rivolti agli enti locali che, inevitabilmente, si tradurranno in un aumento delle imposte locali e in un incremento delle tariffe di servizi essenziali.

Si ridurrà ancora, quindi, il reddito disponibile anche per i ceti più deboli economicamente, con conseguente riduzione dei loro consumi. Inoltre i dati forniti dalla Confcommercio confermano l’esistenza di almeno due Italie: il Centro-Nord e il Sud. In quest’ultima area le condizioni economiche e sociali sono di gran lunga peggiori. Nonostante questo, da tempo, non viene attuata una politica specifica per promuovere lo sviluppo del Mezzogiorno. Anzi spesso si adottano provvedimenti che influiscono negativamente sulla situazione economica e sociale del Sud.

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