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La casta dei giornalisti in difesa di Sallusti

La levata di scudi dell’associazione dei giornalisti e della politica tutta a difesa di Sallusti pone in evidenza come il mondo delle caste sia vivo e vegeto, a dispetto delle regole.

Dopo la condanna definitiva della Corte di Cassazione, Sallusti si appresta a varcare le porte del carcere di Milano. O forse no. E’ ritenuto infatti responsabile di un articolo falso e diffamatorio nei confronti di un giudice, un articolo apparso qualche anno fa sul giornale da lui diretto. E puntualmente, sia il mondo del giornalismo che della politica si sono mossi a difesa del direttore, sostenendo che è stata minata la libertà di stampa e di opinione, sostenendo che la pena ad oltre un anno di carcere è sproporzionata al danno arrecato.

Il risultato è che molto probabilmente Sallusti in carcere non ci andrà affatto. Proprio come accade a qualunque cittadino ritenuto colpevole. O forse no. Non sarà piuttosto che il tanto vituperato sistema delle caste, caro all’Italico suolo, ha funzionato a dovere anche in questo caso. Forse è vero che una legge di tal fatta, risalente al periodo del fascio, possa essere considerata antiquata ed inadeguata al moderno sistema dei media ma è altrettanto vero che la regola è chiara a tutti da oltre settant’anni appunto e che in tutte le normali democrazie chi infrange le regole deve essere sanzionato. Punto e basta.

Del resto in nessun paese del mondo esiste il diritto o la libertà di dichiarare il falso, tanto meno di scriverlo, e averlo fatto solo per fini diffamatori costituisce certamente un’aggravante. E non è altresì un caso che lo stesso Sallusti ha rifiutato più volte offerte di soluzioni alternative, offerte provenienti dallo stesso giudice che lo ha querelato. Il rifiuto ha uno scopo evidente; strumentalizzare la condanna per gettare discredito sulla magistratura, un tema tanto caro alla destra e alla politica dei “Batman”. 

Non a caso il prode Cicchitto non ha perso tempo per attaccare la magistratura dimenticandosi, ipocritamente, che le leggi le fa il parlamento, i giudici si limitano ad applicarle, e dimenticandosi, altrettanto ipocritamente, che negli ultimi vent’anni proprio il suo partito ha governato il nostro paese. “Salvare il soldato Sallusti” sembra quindi essere la parola d’ordine, purtroppo nessuno chiede invece di salvare le regole e la giustizia sociale, che salverebbero, in definitiva, la malconcia democrazia del nostro paese.

Questo articolo è stato pubblicato qui

Commenti all'articolo

  • Di (---.---.---.242) 29 settembre 2012 12:47

    Il titolo di questo articolo è furoviante. Credo che " la casta dei direttori dei giornali" oppure "la casta dei media" vada meglio. Ecco perchè:
    Quasi tutti i grandi giornali (con la eccezione del FATTO) prendono soldi pubblici senza i quali forse non sopravviverebbero ma questi soldi non vanno alla maggiornaza dei giornalisti che scrivono gli articoli ma ad una minoranza che comanda e dirige un giornale.
    La maggiornaza dei giornalisti prende poche decine di euro ad articolo e spesso non ha contratto a tempo indeterminato e considerare questi qua una casta è ridicolo.

     

  • Di Sandro kensan (---.---.---.220) 29 settembre 2012 13:14
    Sandro kensan

    Il massimo della pena per Sallusti è di 48 mesi di carcere, gli hanno dato solo un anno o poco più di carcere che non si farà sicuramente a meno che lo voglia Sallusti in persona (sembra abbia intenzione di richiedere il carcere invece di accettare di essere affidato ai servizi sociali).

    Le due caste, quelle dei giornalisti (quelli a tempo determinato e non i precari) e quelle dei politici agiscono in sintonia e si spartiscono i soldi pubblici.

  • Di (---.---.---.175) 29 settembre 2012 20:20

    dobbiamo ancora farne di strada .... purtroppo...

  • Di (---.---.---.52) 29 settembre 2012 22:54

    Dignità >

    Diffamare l’operato di un magistrato nell’esercizio delle sue funzioni è anche un modo di infangare la credibilità dell’intera categoria. Questo sembra non essere un reato così grave da meritare la sanzione del carcere.

    Come pena alternativa si potrebbe pensare alla sospensione o alla radiazione.
    Peccato che si siano rivelate del tutto inefficaci.
    Lo dimostra, guarda caso, proprio la confessione “ritardata” del sedicente autore dell’articolo che ha fatto condannare Sallusti.
    Si tratta di un ex giornalista che, benché sospeso e poi radiato dall’albo, ha continuato a scrivere per anni sotto pseudonimo. Il tutto contando sull’omertà di colleghi e sulla “complicità” del responsabile della testata (Sallusti).
    Alla faccia della radiazione inflitta.
    Non solo.
    Diventato nel 2008 Deputato, solo oggi (dopo una sentenza definitiva) trova la “coscienza” e sente la “responsabilità morale e giuridica” di scagionare il condannato rimediando ad un “errore giudiziario conclamato”.
    Alla faccia del ruolo pubblico rivestito.

    Siamo proprio sicuri che la detenzione sia sanzione così astrusa?
    La dignità delle istituzioni conta sempre meno quando si perde il senso di Parola e Merito

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