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La casta: “Passera o passerà?”

Sembra un’eternità da quando l’homo omnipotens sbandierava ai quattro venti che la crisi fosse solo uno spettro mediatico o giù di lì, ora invece la politica si è cinta dell’armatura della verità, o almeno sembrerebbe. “In Italia la crisi è vissuta da 28milioni di persone!”, questo è stato detto non dal solito giornalistucolo di sinistra, ma dal ministro dello Sviluppo economico, Corrado Passera in persona. Allora questo vuol dire che la classe politica sia veramente cambiata e sia dunque orientata a far risorgere il Paese?

Beh, insomma, la classe politica è rimasta la stessa, sono cambiati i vertici dove certo non c’è più gente che si dà del “cretino” in diretta, o gente che ammetteva esplicitamente senza un briciolo di pudore di esser possibile candidata al Premio Nobel, ma almeno persone competenti abbastanza da capire che l’Italia - e non solo - sia davanti ad una crisi senza precedenti. È probabile anche che questa gente abbia capito tutto; ossia che il mondo occidentale si trovi davanti alla crisi del suo modello capitalistico liberale, ma questo non significa che lo voglia riformare facendo sì che l’economia mondiale esca a sinistra verso modelli di capitalismo sociale partecipativo; è verosimile altresì che abbia capito che l’Italia medesima sia immersa in questa crisi capitalistica e finanziaria con tutto il suo sistema; ma anche questo non significa che la soluzione sia per loro nel garantire a tutti la conservazione dello status ante quem per quanto riguarda diritti e conquiste, nonché servizi socio-finanziari che hanno in parte permesso il progresso sociale di quasi tutte le fasce della popolazione in toto dal dopoguerra sin qui. Per loro può esser anche lapalissiano il fatto che il Bel Paese si trovi davanti ad una crisi generazionale, dove i vecchi a breve saranno più dei giovani, dove quest’ultimi non si sposino più, non facciano più figli per via del fatto che non abbiano più alcun tipo di appiglio socio-economico eccetto che le loro famiglie, formatesi al tempo del boom economico, le quali, grazie alla ricchezza accumulata, riescano ancora a dare ai loro figli sostentamento. Già! Fino a quando?

Insomma, il caro compare Passera, dalle sue parole, sembra aver capito tutto. Il problema rimane come egli, e quelli come lui, percepiscono il cambiamento. Forse che il caro ministro si proponga di iniziare una politica che influenzi altri paesi membri dell’U.E. nel rivedere tutte le politiche sulle delocalizzazioni, magari diminuendo la pressione fiscale su alcune aziende che siano a rischio di delocalizzazione? Oppure, incentivare gli investimenti al Sud defiscalizzandone alcune aree magari a livelli competitivi con Austria, Svizzera, Slovenia, Polonia e affini? Fermo restando che al Sud senza riforma del sistema giudiziario e lotta efficiente alle mafie e alla corruzione nelle amministrazioni locali non si possa andare molto lontano, tuttavia, mostrare di attuare determinate cose per il Meridione equivarrebbe a più che una speranza. No, niente di tutto ciò! Passera & Co. parlano di sviluppo del nucleo giovane della nazione? Per esempio: parlano d'incentivazione della famiglia con politiche fiscali e lavorative che agevolino i giovani a far crescere questo benedetto paese sempre più improduttivo, non solo perché i giovani vengono sistematicamente esclusi dal mondo del lavoro, ma anche perché il paese, diciamocelo, è vecchio? No, niente di niente. Solo baggianate retoriche, tipo questa: “La crisi di oggi è seria, ma l’Italia non è quella del dopoguerra. Quella era molto più seria. Nel dopoguerra c’erano distruzione, analfabetismo e assenza di infrastrutture … abbiamo una fitta agenda per la crescita e per i giovani, anche se so le loro difficoltà”.

Sì caro Ministro, è pur vero che la crisi del dopoguerra sia stata ben più grande, ma c’è una grande differenza: quella era un’Italia che brulicava di giovani forze, un Paese che aveva un tasso demografico altissimo e con un tasso di sviluppo a due cifre. Una Nazione giovane: esattamente l’esatto contrario socio-economico di oggi; quella era un’Italia con un enorme potenziale: il suo mercato interno e la sua popolazione giovane, ora vige il vecchiume e i mercati esterni sono la meta di tutte le aziende e Multinazionali del paese.

Sinceramente non credo che il Ministro e il suo governo possano fare uscire l’Italia da questa impasse. Finché ci sarà questa casta politico-dinastico-lobbistica insediata sugli alti scranni di tutti i vertici della nazione, dubito fortemente che l’Italia possa realmente uscire da questa disgraziata situazione, non perché ora ci siano degli incapaci – affatto - ma solo perché la loro volontà è completamente opposta e antitetica a ciò che le grandi masse chiedono: distribuzione della ricchezza e uscita a sinistra, con capitalismo sociale alla base delle aziende nazionali medio - grandi e una reintroduzione di un certo grado di “sano” protezionismo per il bene di quelle economie preesistenti che hanno raggiunto un certo grado di sviluppo. “Globalizzazione” non deve affatto significare regressione delle masse del mondo sviluppato a vantaggio delle economie dei paesi emergenti con le grandi Multinazionali ultime beneficiarie del declino di un mondo e della crescita di un altro.

Infine, non è una critica personale, ma una critica politica: Corrado Passera è, insieme al suo mentore Mario Monti, l’esponente di un sistema che è da superare completamente, emblema di un capitalismo fallito, che non vuole morire, ma è de facto già morto, per il semplice fatto che ha fallito nel procacciare il bene comune, concentrando la ricchezza nelle mani di poche entità e corporazioni che hanno acquisito grande potere economico, e di conseguenza anche politico, soprattutto. L’Europa delle banche ne è la prova. Per di più, questa Europa ha tradito il mandato di tutti i suoi padri fondatori che volevano un’altra Europa, non questo fantasma inutile e foriero di politiche finanziarie atte a favorire le varie lobby dei vari paesi membri e basta. Questa casta passerà insieme a Passera: le masse sembrano chiederlo.

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