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La burocrazia incivile e parassitaria dei partiti e dei governi

La storia ha più volte dimostrato che “la tendenza essenziale dei partiti è totalitaria” (Simone Weil, libera pensatrice). Il presente rivela il carattere subdolo e parassitario delle partitocrazie.

In genere le organizzazioni politiche si sviluppano seguendo logiche molto ristrette e un punto di vista piuttosto limitato. Quasi tutti “i partiti sono organismi costituiti in maniera tale da uccidere nelle anime in senso della verità e della giustizia” (Simone Weil, attivista silenziosa).

Tutti i partiti sono macchine che fabbricano delle passioni collettive e una “passione collettiva è un impulso al crimine e alla menzogna infinitamente più potente di qualunque passione individuale” (Jean-Jacques Rousseau).

Perciò chi aderisce a un partito “rinuncia a cercare unicamente il bene pubblico e la giustizia”. Del resto una persona “entrando a far parte di un partito, accetta posizioni che ignora. Sottomette così il suo pensiero all’autorità del partito” (Weil).

Inoltre tutti gli apparati partitocratici sono portati a crescere senza limiti, espropriando la sovranità e i beni dei cittadini: “il successo dei partiti politici dipende dall’efficienza della loro macchina, e l’efficienza della macchina dipende essenzialmente dai quattrini disponibili. E per trovare i quattrini… abbandonano tutti i principi morali” (Ernesto Rossi, politico e intellettuale europeista).

Gli sperperi di denaro pubblico, la corruzione e lo sfacelo economico sono l’inevitabile “conseguenza della monetizzazione del potere politico” e del sequestro della meritocrazia. Queste realtà patologiche “nei loro effetti, somigliano a quelle di arrembaggio, con le quali i filibustieri, tre secoli fa, dovevano affondare parecchie navi per impossessarsi di un solo galeone, carico dell’oro inviato dall’America in Spagna” (Rossi).

Le leggi diventano inutili, dannose, maldestre, truffaldine e macchinose. Invece i veri politici sanno che “ogni volta che una legge è imparziale, equa e fondata su una concezione del bene pubblico facilmente assimilabile dal popolo, indebolisce tutto ciò che vieta. Lo indebolisce per il semplice fatto di esistere, e indipendentemente dalle misure repressive volte ad assicurarne l’applicazione” (Weil). In effetti per i veri cittadini “la libertà non è altro che la possibilità di essere migliori” (Albert Camus, intellettuale e partigiano francese vincitore del premio Nobel nel 1957).

In ogni caso un paese democratico deve garantire i diritti dei dissidenti e delle minoranze e deve indicare i giusti limiti alle maggioranze. Senza la libera circolazione delle idee e senza minoranze numerose e attive di liberi pensatori, nessun paese può definirsi una democrazia. E purtroppo “anche nelle scuole non si sa più stimolare il pensiero dei ragazzi se non invitandoli a prendere partito pro o contro un determinato pensiero. Si cita una frase di un grande autore e si chiede loro: 'Siete d’accordo o no? Sviluppate i vostri argomenti'. E sarebbe così facile dire loro: 'Meditate su questo testo ed esprimete le riflessioni che vi suscita'. Quasi dappertutto – e anche, di frequente, per problemi puramente tecnici – l’operazione di prendere partito, di prendere posizione pro o contro, si è sostituita all’operazione del pensiero" (Weil).

Dal punto di vista liberale gli ideali servono a predisporre le regole in grado di riequilibrare le relazioni tra le principali forme di potere: esecutivo, legislativo, giudiziario, educativo, economico e mediatico. I politici e i giudici democratici devono garantire leggi giuste e la migliore applicazione possibile delle regole approvate dalla maggioranze o indicate nella Costituzione. Inoltre la cultura liberale ha molti punti in comune con la cultura cristiana: “il rispetto della libertà, il bisogno della giustizia, l’istinto della carità umana” (Gaetano Salvemini, professore universitario antifascista).

Comunque il politico ideale dovrebbe fare una sola affermazione: “C’è la bellezza e ci sono gli umiliati. Quali che siano le difficoltà da affrontare, non vorrei mai essere infedele né all’una né agli altri” (A. Camus, “Mi rivolto dunque siamo. Scritti politici”, www.eleuthera.it, 2008). Tutto il resto sono le solite chiacchiere che servono a mascherare emozioni egoiste e cattive azioni.

In sintesi “ogni potere che non abbia limiti non può essere legittimo” (Montesquieu). Lasciare ingigantire la costosa burocrazia dei partiti e degli stati è un grande errore che ha sempre condotto a grossi crimini. Nonostante la proverbiale stupidità umana, il senno di poi dovrebbe essere una scienza esatta… Lasciamo quindi ai più giovani il compito di raggiungere una nuova tappa evolutiva dello società umana, attraverso un progressivo smantellamento della burocrazia parassitaria dei partiti, dei governi, degli Stati e delle principali organizzazioni internazionali.

 

Per approfondimenti: “Manifesto per la soppressione dei partiti politici” (Simone Weil, Castelvecchi Editore, 2012), “Contro l’industria dei partiti” (Ernesto Rossi, Chiarelettere, 2012), “Il nostro Salvemini” (Il Ponte Editore, 2012), www.robertotoscano.org (diplomatico italiano che ha pubblicato alcuni saggi sulla violenza politica internazionale, sul terrorismo e sui diritti umani).

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