La Ue condanna l’Italia per i rifiuti in Campania. E’ solo un frammento dell’ipocrisia europea
Se da un lato la sentenza svela quello che purtroppo i cittadini campani ben sanno, ovvero che l’emergenza è stata risolta solo sui giornali e le televisioni più permeabili ai proclami del premier e del suo uomo del “fare” (possibilmente in deroga e ponendo il segreto sui siti grazie alla militarizzazione del territorio), dall’altro siamo davanti a un crollo di credibilità (e non solo) di più di dieci anni di gestione (diretta e indiretta) del centro sinistra e in particolare del governatore uscente Bassolino.
Per chi segue la questione rifiuti e ecomafie da 15 anni e non solo in Campania, questa sentenza non racconta nulla di nuovo. Solo una conferma. E forse la possibilità per qualche ora di far arrivare al pubblico nazionale la notizia che l’emergenza rifiuti in Campania è tutt’altro che risolta e che finora ci sono state propinate un sacco di promesse non mantenute e altrettanti spot pubblicitari. Per qualche ora si aprirà una fessura nelle trincee mediatiche. Poi ricalerà il silenzio. Politici, imprenditori senza scrupoli, faccendieri, camorristi riprenderanno a fare quello che stanno continuando a fare da decenni. Business.
E la terra dei fuochi continuerà a bruciare.
Già nel 1992 Giovanni Falcone denunciva il nuovo business della criminalità organizzata e dell’imprenditoria spregiudicata e a volte direttamente collusa. Il business più lucroso per le mafie già allora non era più l’ambito “inerti/movimento terra” ma la monnezza. E ancora. Già alla fine degli anni ‘80 emersero i primi elementi che dimostravano che i rifiuti tossici e nocivi erano diventati un affare internazionale, che coinvolgeva la criminalità ma anche l’industria e la politica e alcuni apparati dello Stato. Qualcuno si ricorda la vicenda delle prime navi dei veleni? Della Karin B, Zanoobia e Jolly Rosso? Qualcuno si ricorda qualcosa della discarica di Koko in Nigeria? E degli strani traffici in Libano in piena guerra civile? E della discarica di Pitelli a La Spezia? E dei fanghi della Stoppani finiti nai terrapieni del Porto di Voltri a Genova? Stiamo parlando di vicende molto precedenti al cosiddetto affaire delle “navi a perdere”, delle carrette stipate di rifiuti pericolosi e affondate fra Tirreno e Jonio. O forse, e questo è ancora peggio, stiamo parlando della stessa cosa.
Oggi la Ue ci condanna per la Campania. Perché si tratta del caso mediaticamente più rilevante e perciò più facile da individuare e censurare. E se dovessero prendere in esame il resto del Paese cosa accadrebbe?
Poi, ed è necessario dirlo, dietro questa sentenza si nasconde l’ipocrisia di un Europa industriale che per decenni ha alimentato questo business grazie alle scorie dell’industria continentale. Industria ben contenta di approfittare del sistema imprenditoriale/criminale emerso in Italia sul settore per risparmiare sui costi di smaltimento.
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