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La Thyssen si difende: "Il rogo? Tutta colpa degli operai"

Eravamo tutti a conoscenza del penoso stato di gazzettino in cui versava il quotidiano "Repubblica", ma che relegasse notizie da ulcera allo stomaco per la rabbia a pagina 20, in un trafiletto di qualche rigo, in alto a destra della pagina, beh, lascia disarmati.

Detto questo, riporto fedelmente:

"Per la prima volta al processo Thyssen la difesa palesa la possibilità più temuta dai familiari delle vittime. Quella che a causare l’ incendio in cui morirono sette operai siano stati alcuni errori fatti dagli stessi lavoratori. Almeno tre «sbagli» senza i quali «non sarebbe accaduto nulla». Il primo: «qualcuno ha sbagliato a imboccare il rotolo d’ acciaio sull’aspo, trascinandolo troppo verso un lato anziché centrarlo». Il secondo: la lamiera, secondo i consulenti dei dirigenti, avrebbe sbandato, provocato un enorme quantità di scintille e la struttura metallica si è surriscaldata eccessivamente, innescando l’ incendio su un «mucchio di carta accumulata per l’ erroneo posizionamento di una manopola». E terzo: una volta scoppiato il rogo, chi era nel pulpito avrebbe sbagliato a schiacciare un pulsante di fermata della linea. «Sarebbe bastato premere il pulsante rosso di emergenza, quello che si trovava a soli venti centimetri da quello schiacciato, per evitare la tragedia. L’ arresto d’ emergenza avrebbe infatti bloccato l’ afflusso di olio idraulico nelle pompe»."


Ognuno fa il suo lavoro per carità.
Al giornalista lo sciacallaggio dei sentimenti dei terremotati in Abruzzo, all’editore la compiacenza di pubblicare un articolo del genere in ventesima pagina, all’avvocato difensore il coraggio di pronunciare tali parole.

Dopo che la corte ha sentenziato per omicidio volontario, è chiaro che si debba pompare le vicende, trovare riscolti sconosciuti ed ipotizzare l’impossibile, foss’anche l’intervento divino, pur di giungere ad un patteggiamento, a un compromesso differente.

A ognuno il suo lavoro, appunto.
Peccato solo che gli avvocati difensori pecchino di fantasia, andando, come sempre nella storia, ad accusare gli operai. Già che c’erano potevano far resuscitare Bava Beccaris ed iniziare a sparare un po’ di cannonate.



Eppure sento un’odore che non mi piace, più che un’odore è una puzza, per dirla con Gaber.
Il processo Thyssen è importantissimo. Non si tratta "solamente" di dare giustizia a dei poveri operai caduti sul lavoro, si tratta per la prima volta in Italia di un impianto di accusa contro persone fisiche ed impresa, con una semplicissima conseguenza: se verrà confermata la delibera iniziale della corte, dovranno essere modificati i comportamenti delle imprese, oppure, le imprese stesse ed i propri legali rappresentanti che non si adoperino in tutto e per tutto per la tutela dei propri dipendenti, ne risponderanno in una aula di tribunale.



Si tratta per la prima volta di un reale attacco ai vertici, si tratta della legittimazione a lavorare con la sicurezza alle spalle. Si tratta dell’ultimo tassello dall rivoluzione industriale ad oggi per la condizione operaia e non solo.
Proprio per questo sento uno strano odore.

Se un avvocato si permette di far scivolare sotto gli occhi dei magistrati queste argomentazioni, così come se nulla fosse, come se si parlasse dell’ultima giornata del campionato di calcio, significa o che è allo stremo, senza sapere cosa dire, o che sente le spalle coperte.

E a mettermi la pulce nell’orecchio è un eterno problema della giustizia italiana, quello dei periti, degli esperti. Sembra proprio che accusa e difesa possano sempre in qualsiasi processo presentare periti che firmino dichiarazioni diametralmente opposte. Ovviamente è così anche in questo caso. E qualora si disponga di un perito chiamato ufficialmente, da nessuna delle due aprti, e quindi "neutro", sentiremo ancora danzare la pulce nell’orecchio messa dall’uno e dall’altro.

Si racconta che le mamme, le mogli, gli amici degli operai morti scuotessero la testa ad ascoltare queste parole.

Me li immagino.
Una luce di meraviglia negli occhi.
E nel cuore la rabbia di chi sa che da secoli la storia si ripete, mettendo alla gogna sempre e comunque gli ultimi.

Commenti all'articolo

  • Di (---.---.---.233) 12 aprile 2009 00:07
     
    Dici bene Riciard, Se le cose dovessero andare per il verso giusto, almeno dal mio punto di vista, che sembra collimare col tuo, si determinerebbe un precedente, importante per tutti i subordinati, ma pericoloso per le imprese, almeno dal loro punto di vista.
    L’attenzione alle problematiche della sicurezza sul lavoro è un punto fermo per tutti quelli che pensano che non si possa, non si debba, morire per portare a casa un misero salario, ma al contempo è un ostacolo per le aziende che relegando la questione a fastidioso aggravio economico, incrementano il profitto, approfittando della scarsità dei controlli.
    Il conflitto di interessi in realtà non è vissuto in modo equo, essendo le parti in causa notevolmente sbilanciate a favore del capitale. Questo, però, è ben poca cosa a confronto dell’impegno, di parte, dell’attore principale che, anziché agire da arbitro, si schiera a favore del più forte.
    La legislazione in materia è sicuramente molto evoluta ma a cosa serve avere una normativa rigida se poi non ci sono gli strumenti per il controllo della sua reale applicazione. Se allentare la rigidità contrattuale, cavallo di battaglia dell’attuale governo che giustifica tale indirizzo per sbandierare la sua presunta attenzione alle problematiche sull’occupazione, significa abbassare il livello di attenzione ai pericoli impliciti di molte attività lavorative, si tollera l’incidente perché connaturato all’attività in questione.
    I lavoratori dipendenti e in maniera particolare gli operai, occupano un ruolo importante nella catena produttiva ma per lo stato, sono solo manovalanza da remunerare quel tanto che basta per non morire di fame e poco importa se qualcuno cadrà vittima di incidenti sul lavoro, anche questo rientra nelle statistiche come evento possibile, anzi probabile. E in un momento come questo, dove la crisi economica taglia le possibilità di occupazione, le maglie dell’illegalità si allargano a dismisura e i sindacati (quelli degni di questo nome) faticano a far rispettare le più semplici norme pur di non creare attriti con le controparti, che, spesso, pur di non reinvestire i profitti in azienda, preferiscono dismettere gli impianti sul nostro territorio e spostare le produzioni nei paesi con il costo della manodopera più basso.
    Insomma non è un buon momento neanche in questo settore.
    Un saluto
    Mauro 
     
    • Di mauro bonaccorso (---.---.---.233) 12 aprile 2009 00:10

      Mi scuso per aver inviato il messaggio privo di intestazione

    • Di Riciard (---.---.---.252) 12 aprile 2009 09:23
      Riciard

      Carissimo Mauro,

      come al solito non solamente i nostri punti di vista sono coincidenti o quasi, ma esprimi ulteriori particolari significativi rispetto al mio articolo.
      Ciò che dici è tutto vero, lapalissiano: un governo che si dice a favore della sicurezza in ogni suo campo ed in realtà abbatte mattoncino per mattoncino la sicurezza sul lavoro...
      Forse una "vittoria" degli operai al processo, una forte presa di posizione della giustizia potrebbe incidere anche sulla legislazione, sul parlamento, potrebbe funzionare da chiamata alla raccolta... o forse sto sognando... ;)

      Ciao Mauro e grazie.

    • Di mauro bonaccorso (---.---.---.237) 12 aprile 2009 10:13
       
      Carissimo Riciard ti ringrazio per la risposta.
      Desidero solo aggiungere che spero che la giustizia riconosca ai familiari degli operai scomparsi un enorme risarcimento che possa attenuare la grande sofferenza che stanno provando, anche se i poveri cari non ritorneranno più a casa.
      Abbiano, inoltre, i responsabili della Thyssen, comminata la pena che meritano, senza sconti e possano provare sulla loro pelle il dolore che hanno provocato a coloro i quali, con il lavoro e l’estremo sacrificio li hanno arricchiti per tanti anni e che vadano all’inferno, non quello religioso a cui non credo più da decenni, ma a quello della loro sporca coscienza di sfruttatori.
      Ciao e grazie a te.
      Mauro
      P.S. Mi dispiace dissentire sull’idea che ti sei fatto di Giuliani e di Bertolaso, ma questo è un altro discorso.
       

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