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La Russia di Putin-Medvedev sfida l’Occidente: impianta missili in Abkhazia e Ossetia del Sud

Dopo la visita del Presidente israeliano Simon Peres a Bucarest, Mosca non ha perso l’occasione di avvertire l’Occidente che qualsiasi attacco all’Iran non sarà permesso.

Reagendo all’accordo esistente tra Romania, nazione membro della Nato e dell’Unione europea, ed Israele ulteriormente rafforzato dalla recente visita del Presidente dello stato ebraico Simon Peres a Bucarest, la Russia, per bocca del suo comandante delle forze aeree generale Aleksandr Zelin, ha ulteriormente propagandato di aver ultimato nelle regioni georgiane separatiste dell’Abkhazia e dell’Ossetia del Sud il proprio scudo missilistico di difesa il cui nucleo consiste nell’impianto di batterie di missili S-300.
 
Il Cremlino sostiene che tali armi distruttive sono già presenti in Abkazia da due anni cioè dal tempo della guerra russo-georgiana, conclusasi con la disfatta di Tiblisi. A seguito degli eventi bellici dell’estate 2008, infatti, Mosca, pur presentandosi al mondo come la garante della pace nel Caucaso, non perdette l’occasione di occupare militarmente le due regioni separatiste e di auto- proclamarle repubblichette autonome, internazionalmente non riconosciute, governate da governi-fantoccio a lei obbedienti. L’impianto militare oggi esistente tra Abkhazia, regione bagnata dal Mar Nero, ed Ossetia, per la sua complessità e capacità bellica, non giustifica però il solo intento di tenere a bada la ribelle Georgia che aspira, un giorno, a sedere tra i membri della Nato ma, come ha sottolineato il vice-premier georgiano Temur Iakobashvili, a controllare metodicamente le rotte aeree tra Europa ed Asia ”cambiando i rapporti di forza nella regione caucasca”.
 
Lo scudo russo, infatti, costituisce un valido deterrente ad ogni eventuale attacco della Nato e di Israele all’Iran islamico di Mahmud Ahmadinejad che ha promesso la distruzione dello Stato ebraico. Gli attacchi potrebbero, secondo i sospetti dell’Fsb il servizio segreto di Mosca, partire dalla Bulgaria o, più probabilmente, dalla base militare Mihail Cogalniceanu di Costanzia in Romania sul Mar Nero. La scorsa settimana, infatti, il Presidente romeno Traian Basescu ha assicurato a Simon Peres il pieno appoggio del suo paese in caso di attacco contro lo stato ebraico da parte dell’Iran che, come noto, si sta attrezzando per dotarsi dell’arma nucleare.
 
La Russia nei confronti di Teheran continua a mantenere alle Nazioni Unite un atteggiamento equivoco: se da una parte, infatti, la coppia Medvedev – Putin ha autorizzato il Consiglio di Sicurezza a votare le sanzioni all’Iran, rinunciando al diritto di veto, dall’altro continua a difenderne il buon diritto a dotarsi di impianti nucleari a scopi civili che, però, potrebbero dischiudere le porte ad un uso militare dell’atomo preordinato alla distruzione di Israele. La Nato dal canto suo non sta certo a guardare e, assecondando i desideri dell’attuale governo romeno, pensa di installare a sua volta dalle parti di Bucarest uno scudo missilistico che funzioni da deterrente contro ogni genere di instabilità anti-occidentale proveniente dalle nazioni del Medio- Oriente.
 
L’Unione europea, di cui Romania e Bulgaria fanno parte, a sua volta ha protestato con Mosca considerando, ha detto il Ministro degli Esteri di Bruxelles Lady Ashton, l’installazione degli S-300 in Abkhazia ed Ossetia una palese violazione degli accordi successivi al “cessate il fuoco” che due anni fa ha posto fine al conflitto russo- georgiano. Agli occhiuti agenti segreti di Mosca non sono però passate inosservate le manovre congiunte aeree romeno- israeliane che, lo scorso 26 luglio, in Transilvania si sono tramutate in tragedia quando un elicottero da combattimento con la stella di David è precipitato al suolo uccidendo sei militari ebrei ed un aviatore romeno. Dalle parti di Bucarest gli spioni dell’Fsb pullulano, forse pure all’interno dei palazzi del potere della capitale danubiana.

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