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La Rai "rimorchio" culturale del Paese

Le vicende di cronaca, specie quelle più intricate hanno da sempre affascinato la gente.

E così la TV, alla disperata ricerca di ascolti, da un po' di tempo ha puntato decisamente sulla cronaca come argomento di intrattenimento; con un crescendo che in questo ultimo anno, complici un paio di casi molto complicati, è stato addirittura esponenziale. Della vicenda di Sarah Scazzi in un pomeriggio di ottobre ma anche di novembre se ne occupavano più o meno contemporaneamente 4 o 5 trasmissioni sulle varie emittenti nazionali; la scomparsa di Yara Gambirasio ha poi garantito il ricambio per un breve periodo, senza che tuttavia venisse "dimenticata" Sarah, finché ad aprile non ha preso il sopravvento la morte di Melania Rea, visto anche che su Yara Gambirasio, non essendoci uno "straccio di sospetto", non c'era più molto da dire e intanto la vicenda di Sarah era giunta ad una svolta chiarificatrice sulle responsabilità.

Accade così che il telespettatore medio sa poco o nulla sulla riforma della scuola, ma tutto, anche i minimi dettagli, sugli spostamenti di Sabrina Misseri nel pomeriggio del 26 agosto. Ed è per questo che la cronaca può imperversare senza alcun limite in tv, perché è vista decisamente di buon occhio dalla politica, che la trova addirittura molto "conveniente". Il sistema dell'informazione dal dopoguerra in poi, aveva rappresentato il cane da guardia alle caviglie della politica, e tutti gli argomenti d'attualità socio-politico erano sviscerati da ogni angolatura, senza sconti per gli eventuali "imbarazzi". Soprattutto la Rai assolveva in modo deontologicamente corretto il proprio ruolo di Servizio Pubblico. E la TV commerciale per competere negli ascolti era costretta ad adeguarsi.

Nel 2001 però vi è stata una svolta epocale. Con l'avvento al Governo, Berlusconi ha potuto influenzare fortemente la Rai, ed ha invertito la rotta. La tv commerciale in chiaro, cioè la sua, ha cominciato a proporre solo Grandi Fratelli e Poste per Te, e la Rai anziché restare sul proprio standard qualitativo si è messa "stranamente" a inseguirla con le fotocopie "Isole dei Famosi" e "Carrambe". In tutto ciò la cosa più grave è stata il venir meno del pudore. Cioè la Rai non si è più "vergognata" di proporre solo intrattenimento spicciolo, e, non essendoci da altre parti un termine di confronto diverso, pian piano si è avuta una omologazione, una assuefazione al niente, che oggi è arrivata a un punto di "non ritorno". Se non si parla di Sarah si propongono le 50 Canzonissime, o Novecento di Baudo, cioè non si propone nulla ma proprio nulla di nuovo, si vive tristemente di rendita sul proprio passato, e se qualcosa di nuovo c'è, e fa 10 milioni di ascolti, può andare solo per una serie di 4 puntate e poi mai più, (Vieni via con me). Berlusconi ha preso così due piccioni con una fava: da politico ha quasi azzerato il dibattito critico, con la Rai che, salvo piccole eccezioni, si è adeguata alla linea editoriale-culturale voluta da lui e fortemente portata avanti dalle sue televisioni, e da imprenditore, avendo potuto controllare la maggior concorrente, ha potuto farla da padrone nel mercato della pubblicità senza più dover neanche investire in programmi di qualità. In un simile contesto lo stordimento con Sabrina Misseri o Salvatore Parolisi è manna dal cielo. Perciò ben vengano e se ne parli quanto più possibile. E quando la vicenda comincia a farsi chiara e non ci sono alternative all'orizzonte, allora si rilancia, si mettono in dubbio verità già assodate, si trovano criminologi pronti a lanciare altre ipotesi investigative, ad adombrare misteriosi assassini seriali.

Se la Rai riuscisse a recuperare un po' di pudore potrebbe cominciare a metterci un freno; se smettesse di parlare solo di ascolti, (che poi è un finto pretesto visto che il vero obiettivo neanche così nascosto, è di perderli, infatti opera per perderli, e li perde) e recuperasse il coraggio di rischiare anche l'impopolarità con trasmissioni innovative, potrebbe abbandonare l'attuale ruolo di "rimorchio culturale del Paese" dove si propone solo ciò che la gente vuole, (copiando per giunta, proprio per evitare diversità di "offerta"), e tornare ad interpretare il ruolo di "Guida Culturale del Paese", che per un Servizio Pubblico sarebbe anche doveroso. 

E' urgentissimo un dibattito per una "reinversione di rotta".

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