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Melania Rea: debolezze e contraddizioni della difesa di Salvatore Parolisi

Melania Rea e l'omicidio della giovane donna. Salvatore Parolisi dunque al momento resta in carcere. Così hanno deciso i giudici del Riesame. All'udienza del 22.08 non c'è stato il colpo di scena prefigurato, o la rivelazione di fatti nuovi da parte di Parolisi, che,dopo due legittimi "silenzi", stavolta ha parlato, ma solo per confermare, in 15 minuti di dichiarazioni spontanee, punto per punto, la versione dei fatti fornita fin dall'inizio. Cioè che recatisi lui, Melania e la figlia a Colle S.Marco nel primo pomeriggio, a un certo punto Melania si è allontanata per andare in bagno, e non ha più fatto ritorno.

E' doveroso ricordare che, in sede di Riesame sulla istanza di scarcerazione, la decisione non è sulla colpevolezza "oltre ogni ragionevole dubbio", (decisione che spetta ai giudici del processo) ma sulla necessità di detenzione laddove vi siano "alte probabilità di colpevolezza". 

E' chiaro che dal punto di vista della difesa, Parolisi non poteva fare altro che ribadire la verità, e proclamare la propria innocenza.

Ragionando sulla strategia difensiva scelta dagli avvocati Biscotti e Gentile, e considerando che spesso la "verità processuale" può prendere una strada diversa rispetto alla Verità, o rispetto a quello che si è dichiarato all'inizio, in un precedente articolo avevo ipotizzato un possibile cambiamento di versione dei fatti, (senza che ciò comporti di essere automaticamente considerati colpevoli) partendo dal presupposto che la storia della gita a Colle S.Marco, oltre ad essere apparsa da subito del tutto illogica agli occhi del "buon senso" nella parte in cui si racconta che Melania "si era avviata da sola verso un bagno distante più di mezzo km", appariva comunque superata in quanto tutti i riscontri testimoniali, fotografici, e di celle telefoniche facevano (e fanno) escludere categoricamente la presenza della famiglia Parolisi alle altalene nella fascia oraria in questione. Riconosco che assai arduo e complicato sarebbe stato comunque sostenere una nuova versione dei fatti, con tutta una serie di riscontri da far collimare.

Una volta il grande penalista del Foro di Catania, Pietro Albanese disse a un suo assistito: "il mondo non lo si può rivoltare sottosopra"; invece, leggendo tutte le 158 pagine del ricorso sembra che i legali Gentile e Biscotti vogliano fare proprio questo. Il ricorso è basato su una confutazione capillare di ogni punto dell'ordinanza di carcerazione, è un lavoro "notevole", all'altezza della "posta in palio", per la meticolosità, perché supportato da autorevoli pareri tecnici, ma appare molto debole come impianto complessivo di difesa, perché pretende appunto di "rivoltare il mondo", di annullare i tanti indizi contro, facendo leva sul teorema che tutta la raccolta di indizi è viziata da un pregiudizio di colpevolezza nei confronti di Parolisi e gli indizi sono o "piegati" forzatamente alle ragioni della colpevolezza, o, se contrari al teorema, non tenuti in conto. Per cui si arriva al paradosso di affermare che "se decine di testimoni dicono di non aver visto Parolisi, Melania, e Vittoria alle altalene, hanno tutti la memoria labile e suggestionabile, e comunque il non aver visto non basta per dire non c'erano, sostenendo anche che l'immagine di una famigliola intenta a giocare alle altalene non si fissa necessariamente nella memoria dei testimoni, in quanto trattasi di quadretto normale e che l'abbigliamento estivo di Parolisi era normale, essendoci lì anche i ragazzi in tenuta da pallone". Poi però nello stesso ricorso è citata la testimonianza di Ranelli, che "si ricorda bene di Parolisi proprio per l'abbigliamento strano", (il riferimento è alla comparsa di Parolisi sul pianoro collocata dagli inquirenti intorno alle 15,25) . E ancora che le foto che ritraggono le altalene vuote sono frutto di congengi con orari sfalsati. E che quando il telefono di Melania si aggancia nelle chiamate ricevute delle 14,53 e delle 14,56 alla cella di Ripe, Melania poteva essere non a Ripe, ma al Monumento, lì a Colle S.Marco, perché in quel punto, si è dimostrato, viene agganciata la cella di Ripe; ma sempre nello stesso ricorso Melania viene collocata alle 14,50 alle altalene (nel passaggio in cui si parla della prima testimonianza di Ranelli che aveva detto di aver visto la famiglia Parolisi alle altalene, mentre era intento a sistemare i tavoli fuori, e, secondo la telecamera, il cui orario per gli avvocati era esatto, sono appunto le 14,50). Delle due l'una.

Ma secondo gli avvocati Biscotti e Gentile - lo si evince sempre leggendo il ricorso -anche tutti i professionisti che a vario titolo hanno contribuito alle indagini, carabinieri, magistrati, medico legale, tecnici hanno operato in maniera grossolana, cercando solo di dimostrare la colpevolezza di Parolisi. Tutti tranne la "guida" del cane molecolare che scrupolosamente come da procedura, preleva il campione nella scarpa di Melania lo fa odorare al cane, e sempre con precisione inappuntabile guida il cane per il rilievo. Insomma sbagliano tutti, tranne i due che portano elementi a favore della difesa, cioè il "conduttore" del cane e il tecnico che accertò la precisione dell'orario della telecamera di Ranelli.

Addirittura la perizia medico-legale sul corpo di Melania viene messa in ridicolo specialmente nella parte in cui tratta del "contenuto gastrico". E' questo uno dei punti più importanti di tutta la vicenda, perché serve a stabilire, riferendola all'ora dell'ultimo pasto, l'ora della morte, che gli avvocati mettono in discussione, con l'intento di spostarla in avanti fino a renderla incompatibile con gli orari di Parolisi. Cioè essendo Parolisi con certezza dalle 15,30 a Colle S.Marco, se si considera il tempo necessario a colpire con quelle modalità, aspettare la morte, pulirsi, cambiarsi,far sparire gli abiti sporchi e l'arma, ritornare in auto a S.Marco, basta avanzare nel tempo anche di mezz'ora la morte di Melania per scagionare Salvatore Parolisi. Detto che qualcuna di queste operazioni può essere stata fatta anche in un secondo momento, e qualcuna mentre Melania agonizzava, tuttavia, salvo svolte diverse, o comparsa di altre prove, l'ora della morte di Melania a mio avviso sarà il fulcro su cui ruoterà tutto il processo, o quantomeno, l'appiglio più robusto per la difesa. 

Gli inquirenti, bisogna dire, ipotizzano anche che l'assassino possa non aver aspettato la morte di Melania, per andare via. Si parla di 45 minuti di agonia, ma può darsi pure che l'assassino l'abbia ritenuta già morta da subito. Se le critiche all'esame del contenuto gastrico siano fondate, lo diranno gli esperti. La difesa parla di "descrizione confusa e contraddittoria" fatta dal medico legale per i residui di cibo, con addirittura l'indicazione di due quantita diverse, (e la questione va sicuramente chiarita o approfondita) però poi si contraddice a sua volta prendendo per buona la perizia nella parte in cui indica la quantità di caffeina ritrovata; perché stavolta il dato è utile; serve infatti a mettere in dubbio l'ora della morte. Dicono gli avvocati: la caffeina è assorbita dal corpo in meno di un'ora; dal caffè preso a casa, considerando il tempo per raggiungere Ripe, il tempo dell'aggressione, 45 minuti di agonia, (anche qui la perizia è considerata valida...) fà molto più di un'ora. Perciò non doveva esserci caffeina nel contenuto gastrico; siccome c'è in quantità ben superiore all'1% di tolleranza, vuol dire che Melania deve aver assunto per forza un caffè dopo essere uscita di casa, più a ridosso del momento dell'omicidio. Escludendo che possano aver consumato un caffè per strada, perché troppo rischioso, come traccia, per un Parolisi intenzionato a uccidere, ne consegue per gli avvocati, che Parolisi non è l'assassino, e che Melania ha assunto quel caffè chissà quando, ed è stata uccisa chissà quando, e certamente da altri. E questo è un ragionamento troppo debole avvocati Biscotti e Gentile.

A meno di sviste, nel ricorso non si accenna al fatto che Parolisi, dopo aver detto il 19 ai parenti di andare in caserma a organizzare una squadra per le ricerche, giunto poi in caserma dissuase alcuni suoi commilitoni che si erano offerti di aiutarlo a cercare Melania. Eppure questo è uno degli elementi pesanti che hanno portato gli inquirenti a convincersi legittimamente che Parolisi in quei giorni era interessato "poco" alle ricerche della moglie. 

Sostanzialmente insomma un ricorso che aveva scarsissime possibilità di essere accolto, proprio perché tentava, contrariamente alla saggezza del citato penalista Albanese, di "rivoltare il mondo sottosopra". 

Si ha l'impressione, alla luce della somma di indizi tutti univoci e concordanti, che gli avvocati Biscotti e Gentile siano impegnati in una impresa quasi "proibitiva".

Voglio concludere, anche stavolta, con un pensiero a Salvatore Parolisi, cercando di immedesimarmi nel suo stato d'animo di questo momento. 

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