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La Mediazione del Decreto "Fare"

Analisi delle novità introdotte dal Decreto "Fare" rispetto all'istituto (resuscitato) della Mediazione Civile Stragiudiziale e invito aperto al Parlamento.

Il recente D.L. denominato giornalisticamente Decreto Fare ha appena introdotto alcune regole che promettono di migliorare le prestazioni economiche del Paese. Commenterò di seguito quelle relative alla ristrutturazione della Mediazione Civile Stragiudiziale; esminerò le altre nei prossimi giorni.

Il D.L. Fare modifica alcuni articoli del D.L.gs. 28/2010, superando così l'incostituzionalità sancita dalla Suprema Corte con la sentenza 272/2012 (ove il testo fosse convertito in legge, entro 60 giorni).

Il nuovo D.Lgs. 28/2010, art. 5, conferma la condizione di procedibilità dell'azione giudiziale, sottoposta all'esperimento preliminare di un tentativo di mediazione in tutte le materie previste dal vecchio art. 5, con esclusione dei danni causati dalla circolazione di autovetture o natanti. Questa materia aveva riscosso risultati alquanto infelici (cfr. Andamento della mediazione in Italia al 31.12.2012, in www.iformediate.com) e il Legislatore l'ha rimossa saggiamente dal novero delle cause assoggettabili al tentativo obbligatorio di mediazione.

Il nuovo testo ha omesso purtroppo di estendere l'obbligatorietà anche alla parte aderente, promettendo così di riproporre il già consolidato paradosso di procedure di mediazione svolte (e subito abortite) in presenza della sola parte proponente. Lo stesso art. 5 prevede che il giudice debba disporre l'esperimento del tentativo di mediazione, anche in appello, ove ne rilevasse l'omissione, indicando alle parti l'organismo a cui fare riferimento. Quest'ultima novità lascia perplessi perché rischia di creare preferenze della magistratura rispetto ad alcuni organismi di mediazione, cosa che potrebbe nuocere sia al libero mercato, sia alla qualità dei servizi, benché permetta una più larga e più certa applicazione dell'istituto.

Il nuovo art. 6 riduce a tre mesi la durata del procedimento di mediazione, ma non colma la lacuna già creata dalla precedente versione del D.Lgs. 28/2010: che accade cioè se la procedura dura più di tre mesi? Dobbiamo pensare che le parti siano impossibilitate a negoziare oltre i tre mesi o che invece la parte interessata possa incardinare comunque il giudizio, trascorsi inutilmente tre mesi di trattative?

Il nuovo art. 8 introduce l'incontro di programmazione preliminare, in cui il mediatore e le parti valutano l'opportunità concreta di negoziare. Tale incontro rischia però di risultare inutile poiché la parte invitata dall'attore potrà evitare di partecipare alla riunione, non avendo alcun obbligo in tal senso, come nella precedente versione della norma. Il nuovo testo ripropone perciò una situazione già nota agli operatori, benché abbia introdotto un'innovazione potenzialmente rilevante.

Il nuovo art. 12 prevede che gli avvocati delle parti debbano sottoscrivere il verbale di accordo, forse per ratificare la ratio giuridica che lo fonda. La prassi aveva però già consolidato questa usanza e non si rintraccia la necessità di normare tale comportamento.

Il nuovo art. 16 prevede incomprensibilmente che gli avvocati siano considerati mediatori di diritto, dimostrando che il Legislatore ignora ancora oggi, dopo numerosi commenti e convegni, che passa una differenza enorme tra scrivere bene un contratto e averlo negoziato altrettanto bene.

Il nuovo art. 17 ha reso la procedura di mediazione meno costosa di prima, ma al riguardo si rimanda alle tabelle delle indennità predisposte dagli organismi (e dal mercato di concorrenza perfetta).

Invito il Parlamento, ove convertisse in legge il Decreto Fare, a modificare la norma, introducendo l'obbligatorietà per tutte le parti coinvolte nella mediazione di partecipare all'incontro di programmazione preliminare, che dovrà svolgersi però gratuitamente, in modo da diffondere così la cultura dell'istituto e il successo degli organismi validi.

Puoi invitare anche tu il Parlamento ad adottare la proposta, condividendo questo articolo con amici e colleghi, tramite e-mail o social-network. Grazie.

Questo articolo è stato pubblicato qui

Commenti all'articolo

  • Di (---.---.---.191) 29 marzo 2014 12:47

    Sono passati molti mesi, ormai, ed è il caso di precisare alcune interpretazioni giurisprudenziali, consolidate sui punti meno chiari della riforma:

    • Ciascuna parte paga solo le spese di avvio (40,00 € oltre IVA), per partecipare al primo incontro, durante il quale il mediatore spiega come si svolge la procedura e quali vantaggi possono ottenere le parti.
    • Ciascuna parte paga le tariffe di mediazione (proporzionali al valore della lite) in due soli casi: (A) se conciliano la controversia, al termine del primo incontro o nei successivi; (B) prima di iniziare il secondo incontro.
    • Le parti convocate possono rifiutare di presentarsi al primo incontro; il verbale di mediazione ne prenderà atto e il giudice, quando la mediazione costituisce condizione di procedibilità dell’azione giudiziale (art. 5), dovrebbe condannare gli assenti al versamento del contributo unificato (art. 8, c. 4 bis), oltreché desumere argomenti di prova da tale atteggiamento.
    • Le parti possono partecipare senza l’assistenza di un avvocato, ma il giudice, in tal caso, potrebbe non considerare esperito il tentativo di mediazione ai sensi dell’art. 5. L’accordo inoltre, in tal caso, non avrebbe efficacia esecutiva immediata, dovendo invece essere omologato dal presidente del tribunale.
    • Le parti possono incardinare congiuntamente una mediazione in un territorio diverso da quello del giudice competente, ma il giudice, in tal caso, potrebbe non considerare esperito il tentativo di mediazione ai sensi dell’art. 5.

    La mediazione premia chi la utilizza, per vari motivi:

    • una causa civile dura mediamente 3000 giorni, mentre una mediazione dura al massimo 90 giorni;
    • la Banca Mondiale, nel rapporto Doing Business 2013, ha rilevato che una causa civile costa circa il 30% del valore del conflitto, mentre una mediazione costa circa il 4%;
    • l’accordo di conciliazione è esente dall’imposta di bollo e da altre tasse, oltreché dall’imposta di registro fino a 50.000 euro (D.Lgs. 28/2010, art. 17), e chi usa la mediazione ha diritto a un credito d’imposta.

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