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La Lega di lotta e di governo? Per adesso Umberto chiagne e fotte

Un vero peccato che pochi partenopei fossero presenti sul pratone di Pontida; avrebbero potuto ricordare al Conducador nordista che per un simile comportamento la civiltà napoletana ha trovato da secoli una perfetta definizione: si dice da quelle parti, di chi fa come lui, che “chiagne e fotte”.

Qualche anno fa, mentre ospite di amici italiani, ebbi occasione d'assistere ad uno spettacolo che mi riempì dei pena e di ribrezzo.

Era una puntata di Porta a Porta dedicata alla questione della monnezza partenopea, ma, contrariamente a quanto mi sarei aspettato, non furono né il conduttore né il maleodorante tema a disgustarmi; ci pensarono i due ospiti che dallo studio commentavano le immagini di una drammatica diretta dalle discariche. Antonio Bassolino, che ripeteva, quasi con le lacrime agli occhi: "Qua non c'è lo Stato. Qua non c'è lo Stato". Il simpatico microcefalo Pecoraro Scanio - la mia è solo una considerazione d'artista; ha proprio la testa piccina che, invece, in preda a furori da novello Masaniello, incitava la popolazione alla rivolta, si scagliava con grande veemenza contro il governo, reo d'ogni possibile colpa e, soprattutto, inerte di fronte al dramma.

Nessuno fece notare a Bassolino che lui, proprio lui, due volte sindaco di Napoli e Presidente della regione Campania, era il rappresentate dello stato per i suoi conterranei; nessuno ricordò al Pecoraro in questione che, accidenti, poteva forse aver ragione nel merito delle sue accuse al governo, ma, insomma, che il governo, e in particolare il ministro dell'ambiente, in quello studio era lui e non un altro.

Io, come credo qualche altro milione d'italiani, invece, notai le contraddizioni di quella coppia di guitti e, forse perché coltivavo ancora delle vaghe illusioni giovanili sulla natura del potere in Italia, ne ricavai una notevole acidità di stomaco.

Sentendo il discorso di Umberto Bossi, a Pontida, ho costatato, con una certa soddisfazione, che gli anni passati e il velo di maturità che m’ha regalato il cercar d’educare i miei figli non hanno del tutto cancellato la mia capacità d’indignarmi.

Il loro Umberto, chiamarlo nostro proprio non mi viene, ha ripetuto, con opportuni adattamenti, il vecchio copione del duo di comici di forse - sinistra; si è scagliato contro il governo, contro la sua politica economica e si è lasciato andare, tra le acclamazioni del pubblico, a invettive contro Tremonti, accusato di tutto, e contro Berlusconi reo di “cagarsi sotto”.

Ha fatto da segretario di un partito d’opposizione, insomma, l’Ugola di Cassano Magnago - non so, ho pensato ai suoi trascorsi discografici e m’è venuta - tanto buono che forse si sarebbe meritato gli applausi  se non fosse stato per il non trascurabile dettaglio che la Lega sta proprio al governo; anzi, che del governo è elemento fondamentale e che lo è stata per otto degli ultimi dieci anni.

Un vero peccato che pochi partenopei fossero presenti sul pratone di Pontida; avrebbero potuto ricordare al Conducador nordista che per un simile comportamento la civiltà napoletana ha trovato da secoli una perfetta definizione: si dice da quelle parti, di chi fa come lui, che “chiagne e fotte”.

Dato che certe lacrime s’asciugan presto, magari con un bel fazzolettone verde, resta da capire chi sia l’oggetto del secondo di quei verbi; chi siano quelli che si ritrovano il sempreretto spadun padano alle terga.

La risposta, basta dare un occhiata a come i dirigenti leghisti stiano procedendo in un’occupazione perfettamente mafioso-partitocratica del territorio economico, è facilissima: come a Napoli a prenderla in quel posto sono i napoletani, così in Padania sono i padani. Dai loro gridolini eccitati di Pontida, pare anche che la cosa gli piaccia, ma forse non hanno capito ancora bene chi, alla fine, pagherà i conti; verso quali natiche punti il già citato itispadone. E verso quali portafogli.

Un’ultima nota. Ho sentito i cori di “indipendenza” lanciati da una parte della base leghista. Non nascondo d’esserne preoccupato; specie se le cose andranno davvero male, e la cosa non è del tutto improbabile, credo che la tentazione di scaricare addosso al sud la colpa di tutto possa contagiare strati più ampi della società settentrionale: non c’è nulla di più inutile, ma, ahimè, di più umano, che un simile comportamento, nei momenti di crisi.

Fossi nella dirigenza leghista baderei bene a non cavalcare quell’onda; proviene dalle profondità dell’animo umano dove s’annidano gli istinti peggiori. Profondità dove si addensano le tenebre più oscure; tanto oscure che nessuno può sapere, davvero, cosa nascondono.

I mostri, se vogliamo continuare a vivere, non vanno risvegliati.

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