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La Cumbre de las Americas commentata dal presidente dell’Ecuador Rafael Correa.

Intervistato dalle emittenti Telesur e CNN Spanish, il presidente Rafael Correa ha definito disteso e favorevole il clima della Cumbre de las Americas conclusasi domenica a Port of Spain (Trinidad & Tobago).

Questa quinta edizione è uno spartiacque per i rapporti dell’America Latina con gli U.S.A e l’inizio di un nuovo cammino, ha esordito Correa, secondo il quale è sempre complesso portare avanti i lavori e raggiungere obiettivi concreti e condivisi quando si riuniscono trentaquattro capi di stato. È importante aver costruito un clima di fiducia, di conoscenza e di rispetto reciproco. Correa è rimasto colpito dall’umiltà del presidente Barack Obama e dall’apertura mentale verso l’America Latina. Il nuovo leader nordamericano ha ascoltato attentamente le questioni poste dai vari capi di stato presenti, le critiche e i suggerimenti, fornendo poi la sua visione della situazione.

L’Ecuador in questa assemblea non è venuto a chiedere per ottenere, ma a proporre per discutere, ha chiarito poi Correa, sottolineando come non si debba dimenticare il passato, ma neanche restarvi troppo agganciati se vogliamo costruire un futuro nuovo e differente. Ha poi citato le parole della presidentessa Cristina Fernandez, con le quali la mandataria argentina ha definito la vittoria elettorale di Obama il frutto dell’odio e del rifiuto dei cittadini statunitensi verso la politica interna, estera ed economica portate avanti per otto anni dal suo predecessore Bushe rivelatesi completamente sbagliate. Esse sono un simbolo della volontà di cambiare.

Ora Obama, ha continuato Correa, deve convertirsi in attore capace di interpretare questo cambio. Ha poi sottolineato l’evoluzione dell’America Latina da ieri a oggi. A differenza di quando avvenivano colpi di stato che portavano al potere dittature, oggi, attraverso le lezioni, i cittadini votano e si sentono maggiormente compresi nei processi decisionali e di cambiamento dello stato.

Riguardo la crisi economica ha ricordato come in Ecuador sia stato riscontrato un crollo del 22% delle remesas degli emigrati, una caduta del prezzo del petrolio ecuadoriano da 80 $ al barile nel gennaio 2008 ai 17 $ di dicembre, oltre all’incremento della disoccupazione dal 6% al 8.6%.

Ad ogni modo sono state trovate nuove fonti di finanziamento statale e di sussidio alla disoccupazione, cosa che permette di pensare che il peggio sia passato.

L’Ecuador, continua Correa, ha risentito come tutti del peggioramento delle condizioni economiche mondiali, generato delle politiche neoliberiste degli ultimi anni. Dobbiamo perciò correggere le ingiustizie strutturali per creare una società più equilibrata e equa. Ha poi parlato della recente assemblea del G20 di Londra nella quale si è compiuto un errore. Si è discusso su come riparare il sistema capitalista dal suo interno. Questo contribuisce a peggiorare l’attuale situazione.

Non si è capito che ad essere entrati in crisi sono i fondamenti del capitalismo stesso e che bisogna ripensare agli accordi di Bretton Woods stabiliti nel luglio del 1944. Ebbero importanza nel momento storico in cui sono stati firmati ma ora sono superati e si sono convertiti in strumento della politica estera statunitense con il solo risultato di opprimere e seminare povertà nel terzo mondo.

Anche l’FMI e la Banca Mondiale, secondo Correa, hanno esaurito il loro ruolo e vanno abolite, lasciando così spazio alla creazione di nuove istituzioni finanziarie. Un discorso simile a quello portato avanti dalla presidentessa argentina Cristina Fernandez nella recente assemblea di Vina del Mar.

Come proposta alternativa, Correa sottolinea che i paesi dell’ALBA stanno creando istituzioni più vicine ai problemi locali e composte da loro rappresentanti. La prima è il Banco del Sur; la seconda è il Fondo de Reservas, che unisce le riserve dei vari paesi per poter far fronte a eventuali crisi economiche che arrivino dall’esterno; la terza sarà la moneta unica del Sud America, usata sia per scambi commerciali interni sia per essere più forti ed uniti nel commercio intercontinentale. Un blocco monetario unico renderebbe i paesi sudamericani più competitivi. Questo tema è collegato al Sucre, moneta unica dei paesi dell’ALCA che il presidente venezuelano Hugo Chavez ha auspicato possa entrare in circolazione l’anno prossimo. El Sucre, dice Correa, è una moneta ma è prima di tutto un sistema: è l’acronimo di Sistema Unico de Compensaciòn Regional che punta a minimizzare l’uso e l’influenza del dollaro, oggi usato negli scambi commerciali tra le economie latinoamericane. Per quale motivo, si chiede Correa, dobbiamo lasciare che le nostre economie dipendano dagli Stati Uniti, cioè una potenza extraregionale?

Nella riunione di Trinidad si è anche parlato della pessima influenza avuta dall’ex ambasciatore U.S.A. in Bolivia, Philip Goldberg, poi espulso; dei rapporti Washington-Caracas con la nomina dei rispettivi ambasciatori e dei motivi dell’espulsione di due funzionari dell’ambasciata nordamericana a Quito che si appropriarono indebitamente di computers con dati riservati dello stato. Correa assieme agli altri capi di governo componenti l’ALCA ha deciso di non firmare la dichiarazione finale dell’assemblea perché definita troppo leggera e superficiale.

“Omette temi che ritengo importanti, pecca di omissioni e dice delle ovvietà”, ha stigmatizzato. Non si dice chiaramente che la crisi economica è una crisi strutturale del capitalismo e non può essere risolta all’interno di un sistema attualmente collassato. Vanno quindi cercate soluzioni alternative all’esterno di questo sistema. La seconda questione è relativa a Cuba e all’embargo che va eliminato. La terza è la questione degli hispanos in U.S.A. Non è infatti possibile che un paese sostenitore delle liberalizzazioni, della globalizzazione, della mobilità delle merci, criminalizzi l’entrata di persone e costruisca un muro al confine col Messico. “Questi tre temi non sono trattati con la dovuta profondità nel documento e ciò mi ha convinto a non firmarlo”, ha concluso Correa.

Le ultime settimane sono state molto intense per il presidente. Domenica prossima in Ecuador si svolgeranno le elezioni amministrative e presidenziali. Correa e l’attuale vicepresidente, Lenin Moreno, cercheranno la riconferma per un secondo mandato. Sostenuti da due partiti di sinistra Alianza Pais e Partido Socialista Frente Amplio (PSFA), attualmente i sondaggi li danno vincenti con percentuali tra il 50 e il 55%.

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