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Le colpe politiche oltre l’innocenza penale

Berlusconi è stato condannato per frode fiscale, e qui si chiude il discorso sul giudizio politico e morale dell’uomo, che non viene per niente intaccato da un’assoluzione che riguarda un’altra vicenda. Per il caso Ruby, il giudice ha stabilito che ad Arcore non vi è stato reato, non vi è stata induzione alla prostituzione, non vi è stata concussione. Ma questa assoluzione giudiziaria, viene caricata di significati politici che non ha. E così si dice che la condanna in primo grado è stato frutto di un complotto. Un’assurdità perchè se si può dire tutto, si può anche dire che l’assoluzione è figlia del patto del Nazareno.

Ma bando alle sciocchezze, restiamo ai fatti. La sentenza non cancella le altre indagini in corso, le altre sentenze di colpevolezza, non riabilita l’uomo politico, non annulla le sue colpe politiche nella vicenda. La giurisprudenza e la politica si muovono su piani diversi.

La sentenza rafforza politicamente Berlusconi, mette in moto un riavvicinamento con Alfano, mentre riafferma la blindatura del patto del Nazareno. L’assoluzione, però, non riduce un fatto politico, in un fatto privato. Ad Arcore non si recitava il rosario, ma c’era uno scambio di sesso e danaro, e se questo possa chiamarsi prostituzione è tutto da vedere, e comunque non è importante, ma sono importanti i fatti politici connessi, perché è un fatto politico il prestigio internazionale di un premier, perché è un fatto politico la sua affidabilità, la sua sua coerenza politica. Le cene allegre a sfondo sessuale, che coinvolgono un Presidente del Consiglio, ne minano il prestigio e l’affidabilità, e lo espongono a ricatti. Quando poi coinvolgono un leader di un partito, che organizza le feste della famiglia, e si richiama al magistero della Chiesa, sono espressione di incoerenza politica. In questo contesto chiamarlo puttaniere, non significa ritenerlo colpevole o innocente di un reato, o della violazione di principi etici.

Significa dire che un Primo Ministro, non può fare il buga bunga con tanto di lapdance. Insomma puttaniere era un giudizio politico, e non etico o giudiziario.

Il bunga bunga è un fatto politico, così come è un fatto politico l’inciucio PD/Forza Italia, che manipolando il reato di concussione nella legge Severino ha dato luogo all’assoluzione del Cavaliere. 

La maggioranza del Presidente del Consiglio di allora ha detto sostenuto ed argomentato,non in una residenza privata,ma in un luogo istituzionale,di fronte al mondo, che Ruby era la nipote di Mubarak. E questo non è un fatto privato o giudiziario, ma un fatto politico, perché è un fatto politico la consacrazione di una bugia in una delibera parlamentare.

Cosi come è un fatto politico, il sistema di valori che è venuto fuori da questa vicenda: il degrado della funzione di giornalisti e parlamentari ad una funzione servile che li costringe a chiudere gli occhi, le orecchie e il naso, di fronte alla realtà delle cose e a sostenere, con arroganza e prepotenza, l’esistenza di un complotto giudiziario ai danni del cavaliere; la concezione della donna, per la quale è lecito, per soldi, sacrificare sull'altare della libertà, anche la dignità, mettendo sullo stesso piano chi utilizza questa libertà per capriccio, e chi la utilizza per necessità.

La lotta politica sostenuta in questi anni dal fronte antiberlusconiano, non era la difesa dei magistrati, che possono essere buoni o cattivi, stupidi o intelligenti, onesti o delinquenti, ma della loro autonomia, mentre veniva sottoposta a feroci attacchi. Era evidente il tentativo continuo e persistente di delegittimare quelli che si occupavano di Berlusconi e di condizionarne, in questo modo, le sentenze.

In tutta questa vicenda, che puzza di "giustizialismo antimagistrati" e di fascismo, la colpa delle forze democratiche, se una colpa c’è stata, è stata quella di non indignarsi, di non aver sbattuto sul muso di Ferrara e company queste differenze, e queste realtà evidenti. La colpa è stata quella di consentire, in una società dove la gente è attratta dalle grida più che dal ragionamento, a quelli che Ruby era la nipote di Mubarak, di fare i professori e i saccenti, di alzare la voce. E ciò nel vano, persistente, ottuso tentativo di convincere chi non voleva, e non poteva essere convinto, di ragionare con chi non vuole e non può ragionare.

Per la destra berlusconiana, e ora anche per la destra renziana, rinunciare alle grida e alle offese, ragionare, confrontare argomentazioni, è un suicidio politico. 

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