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La tempesta sul sistema

Si apre la stagione dei processi, destinati a far tremare le stanze dei poteri occulti ma anche di certi settori delle istituzioni. A , Palermo, Caltanissetta e Napoli le udienze “calde”. Compresa quella di secondo grado con Dell’Utri alla sbarra
di Pietro Orsatti su Left-Avvenimenti

E’ una tempesta d’autunno quella che sta per arrivare sui palazzi del potere. Una tempesta che non arriva solo dalla crisi economica, dalla disoccupazione mai così diffusa da dieci anni, dal crollo di credibilità del nostro Paese e della nostra classe dirigente a livello internazionale. Una tempesta che non arriverà neppure da L’Aquila, dalla scissione mediatica di due realtà totalmente dicotomiche e che, davanti alle prime nevi, si sveleranno per quelle che sono.

L’uragano non si è neppure formato nelle feste e nelle tante camere da letto delle residenze del premier. La tempesta che arriva ha tanti, innumerevoli e profondissimi fronti e si giocherà tutta nei palazzi di giustizia: Palermo, Caltanissetta, Bari, Napoli e, in piccola parte questa volta, Roma e Milano. Processi, indagini e inchieste che prese nel loro insieme, analizzate senza entrare nel dettaglio di ogni singolo caso ma osservando “il riverbero” generale, mostrano un dato unico e inequivocabile: ’o sistema è arrivato al capolinea e rischia, nella sua brusca e rovinosa frenata, di portarsi dietro mezzo Paese.

La Sicilia è forse il fronte più pericoloso per quanto riguarda la tenuta delle istituzioni per come si sono disegnate e strutturate negli ultimi quindici anni. La riapertura del processo sulla strage di via D’Amelio, le dichiarazioni di Massimo Ciancimino sulla trattativa fra Stato e mafia sono solo un pezzo di questo insieme di indagini, nuovi e vecchi processi che riguardano pezzi importanti dello Stato più che della politica. Dal processo al generale Mario Mori (ex Ros ed ex capo del Sismi) a quello a Marcello Dell’Utri, dalle nuove indagini sulla strage Borsellino a quel fatidico “papello” consegnato, questo il racconto del figlio di don Vito Ciancimino, nelle mani dello Stato. E altri capitoli ancora, poi, come quello di dove siano finiti i soldi di Ciancimino senior e gli affari (diretti o per conto di chi?) dell’avvocato Gianni Lapis. Si comincia il 18 settembre con la testimonianza del figlio dell’ex sindaco al processo Dell’Utri, condannato in primo grado, ricordiamo, per concorso esterno in associazione mafiosa. Poi un altro tour del “dichiarante” fra le Procure di Caltanissetta, Catania, Palermo. E non solo, perché di seguito alle dichiarazioni di Ciancimino si stanno cominciando ad avere altri contributi testimoniali (che siano credibili o no) fra cui quelli di Gianni Lapis che viene considerato uno degli uomini chiave per capire la parte finanziaria di questo intricatissimo scenario. E poi, e qui la situazione si complica ulteriormente, non bisogna sottovalutare la forza dirompente di altre indagini che potrebbero riaprirsi, vista la quantità e qualità delle dichiarazioni che si stanno accumulando sui tavoli dei pm siciliani, come quella sulla scomparsa (o manomissioni e cancellazione) dell’agenda elettronica di Giovanni Falcone. Vecchi fantasmi e tanti sospetti che si rinnovano, quindi, dopo diciassette anni e che mettono sotto i riflettori le basi del sistema. Più profondamente, forse, delle inchieste di Mani pulite di più di quindici anni fa.

L’altro fronte che colpisce i palazzi del potere politico italiano viene da Bari. Non solo le inchieste della Procura hanno fatto emergere l’insieme di affari e attività che ruoterebbero attorno all’imprenditore Giampaolo Tarantini, ma a catena si sta alzando un sipario che accomuna sia la politica locale (nel suo insieme) che quella nazionale. Affari, forniture sanitarie, scambi, prostituzione, droga. Nel pentolone scoperchiato con Tarantini c’è un po’ di tutto e ce n’è per tutti. Non si sa fino a che punto si arriverà, se verranno individuati comportamenti penalmente rilevanti. Quello che è certo è che a Bari sono stati messi sotto processo il costume e i costumi della politica. Non è poco. Tutte le indagini sono in corso. Solo nel caso “escort” prima fase si sta andando a chiusura delle indagini. La cronaca dell’autunno ci racconterà cosa e come si evolverà la situazione.

Anche a Napoli sia la questione sanità che l’eterno affaire rifiuti si sta riaprendo (e non si è mai chiuso). Qui sia il livello regionale e locale che quello nazionale, con i procedimenti che riguardano direttamente la Protezione civile, avrà una netta sovraesposizione nell’autunno che inizia. La sensazione generale è che si stia per preparare qualcosa sul fronte campano, e che la situazione possa precipitare.

Come potrebbe riprecipitare anche in Calabria con la riapertura se non di tutto l’insieme del lavoro dell’ormai ex pm Luigi De Magistris almeno di gran parte dei fascicoli relativi ai procedimenti “Why not” e “Poseidone”. Già qualche primo segnale, con uno dei pezzi “ambiente energia” di Poseidone, si è visto poco prima della serrata estiva dei tribunali. Archiviate, o meglio cadute, le accuse nei confronti del magistrato neo eletto europarlamentare dell’Idv e anche quelle al suo consulente, Gioacchino Genchi, l’impianto, anche smembrato in varie inchieste, della commistione fra affari, politica e criminalità emerso negli scorsi anni presso la Procura di Catanzaro potrebbe essere un ulteriore colpo alla già traballante credibilità del sistema politico istituzionale italiano. È impressionante vedere l’insieme di tutte queste inchieste e processi. È il fronte di un uragano d’autunno che nasconde al suo interno, probabilmente, una delle crisi più profonde, radicali e devastanti della storia della nostra Repubblica.

Commenti all'articolo

  • Di massimo (---.---.---.131) 5 settembre 2009 22:52

    Sono d’accordo sul contenuto.
    Però, mi dispiace dire , ciò che mi preoccupa in primis è l’efficienza e l’efficacia della nostra magistratura, che viaggia sempre con tempi biblici, seminando migliaia di faldoni , ma arrivando molto raramente a veloci e chiare sentenze.
    E questo va a squalificare tutta la sua azione.
    E non si venga a parlare di mancanze di risorse. I nostri magistrati vogliono ancora il cancelliere , la dattilografa,i faldoni cartacei, l’archivista , il fattorino ecc.ecc. E dedicare poche ore al lavoro.
    Forse se si decidessero a lavorare seriamente con i computer econ orari equivalenti all’impresa privata, i tempi sarebbero ben più brevi.
    Speriamo che i fatti mi smentiscano

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