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La reticenza di una classe politica dissoluta

L’Italia, alla fine della prima repubblica e sulla soglia della bancarotta finanziaria per debito pubblico, nel 1992 uscì dallo SME (il sistema monetario europeo) e svalutò la lira del 30%.

I cittadini, italiani o stranieri, videro decurtati i titoli in cui avevano investito i propri risparmi di un terzo del valore. Un tradimento bello e buono a danno di chi, rischiando i propri soldi, permise di sopravvivere ad uno stato poco virtuoso con la tendenza all’indebitamento.

D’allora son passati più di vent’anni, siamo di nuovo sull’orlo del baratro finanziario, il debito pubblico batte record a ripetizione (siamo al 130% del PIL), la disoccupazione è quadruplicata, migliaia di aziende hanno dichiarato fallimento o cessato semplicemente l’attività, ma una classe politica indegna si trastulla con la solite diatribe riguardanti i propri privilegi, i posti di potere, il proprio futuro, come se questo paese possa immaginare ancora un futuro che non sia disastroso.

E favoleggiano anzi di un futuro fuori dall’euro e dalla comunità europea, sognando svalutazioni competitive della moneta, senza riflettere che queste circostanze non sono più nemmeno ipotizzabili, se non si vuol scaraventare il Paese in una povertà peggiore di quella greca e di altri paesi che hanno già sperimentato simili disastri.

Però tutti i partiti pensano di poter rimandare la costituzione di un governo, fanno credere che la situazione è sotto controllo, che si può continuare a sfidare i mercati impunemente, ossia continuare a nascondere la verità effettiva ai cittadini. E scaricare la colpa di tutto sul governo Monti. L’Italia repubblicana sembra nata con Monti.

Il presidente Monti, mi dispiace dirlo, dopo aver accettato di fare un governo per ridare credibilità internazionale all’Italia e dopo aver iniziato alcune riforme utili al Paese, si è lasciato logorare per mesi proprio dai partiti responsabili del nostro declino senza puntare i piedi, minacciare di andarsene, o rispondere colpo su colpo ad accuse perlopiù esagerate ed ingiuste.

Né alza il tono della polemica e dice la verità in maniera cruda sulle reali condizioni economico-finanziarie del paese.

L’Italia ha bisogno di una rivoluzione thatcheriana di assottigliamento dello strapotere dello Stato a vantaggio della libera intrapresa individuale, senza i lacci e lacciuoli di una burocrazia pletorica, corrotta, inefficiente, e reticente.

L’Italia ha bisogno di urgentissime riforme, di risanare sul serio e non a chiacchiere i suoi conti, di pagare i crediti alle imprese, di ridare fiducia e speranza ad un paese disfatto e sull’orlo di una crisi di nervi.

V’è persona dotata di sufficiente realismo che creda che l’Italia ce la farà? Io no.

Commenti all'articolo

  • Di (---.---.---.176) 13 aprile 2013 10:58

    L’ITALIA è una Republica fondata sul lavoro ma il lavoro mi sa che sta diminuendo sempre di più,le imprese grandi o piccole stanno soffrendo e molte per diversi motivi devono chiudere ,purtroppo abbiamo una classe politica debole (non riescono neanche a mettere in piedi un governo) ho l’mpressione che tutti quelli che abbiamo votato si sono messi in trincea per difendere i suoi interessi ,vuoi personali o di partito,se andiamo avanti di questo passo una bella mattina ci svegliamo con la notizia che lo stato si prenderà una buona parte dei risparmi che abbiamo con grandi sacrifici messo da parte e chi ci cascherà nella rete saranno i piccoli risparmiatori (i grandi capitali sanno come difendersi ) per dirla concretamente stiamo aspettando che ci diano delle mazzate che non possiamo neanche tentare di rialzare la testa .

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