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L’ultimo capitolo della spending review

Il provvedimento sulla spending review è diventato legge. Tra i 25 miliardi di risparmi in 3 anni c'è poca traccia dei tagli ai privilegi e molto spazio riservato alla spesa sociale. Con un occhio di riguardo all'Università, dove il merito finisce ancora una volta in coda.

Dopo il via libera del Senato e l’ok arrivato martedì dalla Camera, è diventato legge il provvedimento che taglia la spesa per 4,5 miliardi quest’anno, 10,5 il prossimo e 11 nel 2014, per un totale di 26 miliardi di risparmi. Ed è grazie a questa cifra che secondo il Governo si riuscirà ad evitare l’aumento dell’Iva fino al giugno 2013; ed è quiche nasce la prima preoccupazione, perché l’aumento di due punti percentuali dell’imposta sui consumi (IVA) è stato solo rimandato (quel “fino” nel testo è inequivocabile), e molto verosimilmente tornerà al centro dell’agenda politica tra un 700 giorni circa. Le resistenze più ardue alla spending review vengono dalle province: 70 giorni di tempo a loro disposizione per presentare proposta di riordino, ed è qui che s’accenda la fantasia di diversi amministratori locali. Ipotesi di grandi agglomerati, dove potrebbero rientrare sotto una sola provincia ben 4-5 capoluoghi. I criteri, al momento parlano chiaro: 350mila abitanti e 25mila km quadrati per resistere.

L’ultimo atto della spending review inoltre, mette in esubero circa 24mila dipendenti pubblici, elimina circa 7mila posti letto, tagliando i trasferimenti statali a Regioni ed enti locali per 13 miliardi fino al 2014. E’ definitivo il tetto di 300 mila euro agli stipendi di manager pubblici, o di aziende a partecipazione statale, ma ovviamente, vale per i futuri contratti: salvi dunque, i compensi dei nuovi dirigenti Rai. Possibili nuovi tasse - addizionale Irpef - per le Regioni in rosso con la sanità: Sicilia, Calabria, Campania, Puglia, Abruzzo, Molise, Lazio e Piemonte. Qualche taglio di troppo evitato alla casta, restano però i dimezzamenti delle auto blu, ed un 10% di tagli alla spesa militare che fa ben sperare per il futuro. Certo, tutto il provvedimento non sposa proprio i criteri di meritocrazia ed equità, perché, come detto si poteva fare molto di più per aggredire la spesa improduttiva e non concentrarsi, semplicisticamente, verso i dipendenti pubblici (magari alle consulenze esterne, spesso stracolme di clientelismo), con i piccoli enti di ricerca e verso tagli lineari agli enti locali che non tengono conto delle virtù mostrate nei rispettivi cammini.

L’ultima considerazione la voglio dedicare all’Università: aumento solo relativo all’inflazione per i redditi (ISEE) inferiori a 40mila euro, del 25% per redditi fino a 90mila e del 100% oltre i 150mila euro. Si vuole premiare il merito, ed è pertanto ragionevole premiare coloro che sono in regola, penalizzando chi ci mette meno impegno. Giusto, per carità. Ma a questa logica, per essere davvero efficiente, dovrebbe accompagnarsi un aumento dei sussidi per le borse di studio: sempre più in calo i fondi e, al tempo stesso, sempre di più gli studenti che lavorano per mantenersi gli studi; ed è inevitabile che dedicando tempo al lavoro si finisce col perdere spesso l’appuntamento con esami, rimanendo indietro rispetto a chi può dedicarsi “anime&corpo” allo studio. Anche questo costituisce una differenziazione poco meritocratica che mal si sposa con i criteri di solidarietà ed equità sociale. Anche questo, potrebbe essere visto come una violazione dell’articolo 3 della Costituzione, in quanto si finisce col limitare di fatto la piena eguaglianza dei cittadini.

Questo articolo è stato pubblicato qui

Commenti all'articolo

  • Di (---.---.---.190) 9 agosto 2012 12:37

    una domanda: ma cos’è la facoltà di "scienze politiche", la politica non è una scienza...perchè non tolgono questa facoltà?

  • Di (---.---.---.15) 9 agosto 2012 17:41

    ma è la Gelmini che ha commentato? No, perchè tocca i limiti del ridicolo...e se fosse stato ironico non fa ridere!

  • Di (---.---.---.78) 9 agosto 2012 19:38

    Tecno-spot >

    Monti ha spiegato al tedesco “Spiegel” che il nostro rapporto Debito/Pil è al 123% (invece del 120%) per via del contributo (prestiti, fondo salva-stati, ..) dato alla causa Europea.
    Questo ci dice che dietro la “credibilità” di Monti ci sono 40 miliardi di debiti posti a carico dei contribuenti italiani per essere “attori” di solidarietà.
    La “credibilità” è forse frutto del decisionismo “tecnocratico”?

    Monti però non da spiegazioni sulla quota che manca (30 miliardi) per arrivare ad un Debito che punta ai 2000.
    Sa bene che prestiti più o meno onerosi dipendono dalla “salute” e dalla “solvibilità” del debitore.
    Ergo. Basta che il rendimento dei Btp resti sul 6% e presto sarà l’Italia a cercare il “sostegno” dei partner europei.
    Forse è solo Tutta colpa di Carosello se …

  • Di (---.---.---.224) 10 agosto 2012 18:01

    Sono un impigato amministrativo sanitario,desdero sapere in base alla legge Fornero, se ne 2014 maturando 35 anni di servizio con 64 anni di età posso andare in pensione.
    Cert di una vs. risposta al più presto invio cordiali saluti.
    [email protected]

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