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L’italia che esiste solo se appare

Dalle mutande antis-cippo alla nascita del cucciolo di yak. La televisione italiana ci parla di brillanti novità che però non rispecchiano i problemi del Paese. Minzolini ci racconta del progetto di digitalizzazione nelle scuole. Ma se durante un corso di informatica dovessi andare in bagno, sarei poi così sicura di trovarci la carta igienica? 

L'italia che esiste solo se appare

Il Corriere della Sera pubblicava ieri (23\5) un’intervista al direttore del TG1, Augusto Minzolini. In concomitanza con la discussione parlamentare sulle intercettazioni, la lettera di dimissioni di uno dei volti più famosi del primo telegiornale nazionale proprio non va giù.

 

Maria Luisa Busi lascia la Rai uno dopo 28 anni di onorato servizio, con una lettera alla dinamite contro la direzione e affigendola nella bacheca aziendale. Ormai, a suo parere, si sta abusando della pazienza e professionalità dei giornalisti della testata (e dei telespettatori) che troppo spesso concentrano le proprie energie nel pubblicizzare novità dalla discutibile valenza sociale, come ad esempio lo speciale sulle "mutande antiscippo", piuttosto che approfondire i temi a volte drammatici che sfortunatamente stanno coinvolgendo il nostro Paese.

Minzolini ribatte dicendo che per lui è una questione di ascolti, di costruzione di vantaggio competitivo. L’approfondimento di temi più frivoli avviene, in fondo, solo negli ultimi dieci minuti e consente alla Rai di ottenere una vittoria in termini di audience su Mediaset!

Il direttore continua nelle battute seguenti ad illuminarci sulla nuova strategia informativa adottata dalla sua testata: ci riferisce che sostituirà il volto storico del tg1 delle 20 con una più giovane giornalista che pare abbia seguito le sue stesse orme, partendo anche lei dall’Asca, e approdando poi in Rai. Ci informa di averla scelta perché la preferisce a quelle conduttrici che con la mimica facciale tendono a voler trasmettere un’interpretazione di una notizia o di un servizio.

Continua, poi, dicendo che la priorità del telegiornale resta il pluralismo ed è quindi normale che venga messo in onda uno speciale sulla digitalizzazione delle strutture scolastiche perché, nonostante la crisi, "il sistema Italia sta tenendo".

Lungi da me voler proporre qui un’analisi economica della situazione patria, e voler ricordare al Direttore - che sono sicura saprà meglio di me - il nuovo nome assegnato all’isola dell’Asinara, oggi chiamata "l’isola dei cassintegrati".

E non sia mai detto che io voglia sottolineare che il tasso di non occupati ha raggiunto i massimi da dieci anni e che circa 200.000 posti di lavoro sono stati bruciati solo negli scorsi due; che il sistema Europa si avvicina pericolosamente impreparato ad un giro di boa che coinvolgerà tutti i cittadini dell’unione che insieme verseranno lacrime e sangue, seppur in proporzioni diverse; che per la prima volta nella storia nazionale la mia generazione gode condizioni lavorative a dir poco mortificanti pur essendo mediamente quella più istruita nella storia del nostro Paese.

Inutile, infine ricordare all’augusto direttore (scusate il gioco di parole!) che nella terra degli spaghetti e della pizza c’è anche un altro marchio che esportiamo in tutto il mondo e si chiama mafia. Quello sì, potente e stabile. Quello sì che sta tenendo...

Mi domando il direttore in quale scuola sia andato da piccolo, perché io ricordo le mie scuole medie, dove per l’assenza di supplenti venivamo divisi in gruppi e assegnati ad altre classi per evitare l’anarchia. Ricordo mia zia impegnata in raccolte fondi finanziate dai genitori degli studenti per far partire piccoli ma costruttivi progetti.

Ricordo il mio liceo, dove i professori versavano di tasca propria i soldi per comprare il gesso, e ricordo l’assoluta mancanza del bene più semplice come la carta igienica nei bagni. E non frequentavo un piccolo liceo di periferia, ma uno dei più rinomati di Napoli.

Conosco brillanti studenti fare lezioni nei cinema, seduti per terra, in una moltitudine devastante.

Conosco ragazzi renitenti alla scuola dell’obbligo che a 12 anni fanno i garzoni del bar e sognano di potersi comprare il motorino, invece che sognare di realizzarsi.

Ho visto attorno ai quartieri in cui vivevo piazze di spaccio a cielo aperto tra le più grandi d’Europa.

Conosco un’Italia che fondamentalmente non è raccontata, se non in rete o da poche voci fuori coro. Un’Italia in ginocchio, che abbassa le sue ambizioni all’altezza della gestione corrente, della vita quotidiana, del tirare a campare.

Ho visto, e vedo, un’Italia che mia nonna non conosce e che non riesce a percepire perché gli unici media con cui è a contatto non ne parlano!

La mia polemica non riguarda solo il Tg1 (dal quale, in nome dei valori “del pluralismo e dell’obiettività e della correttezza” tanto cari al direttore Minzolini, ancora aspettiamo una rettifica sul caso Mills), ma in generale il sistema informazione tutto. Sabato sera su Italia Uno la testata stabiliva le priorità informative del Paese aprendo il telegiornale con la notizia del sequestro del maxi yacht di Briatore, proseguiva con lo svelamento del segreto della ormai defunta lady Diana, morta nel 1997 e che pare volesse lavorare come hostess, e in terza posizione metteva la nascita di un cucciolo di yak in Italia....

Ma davvero crediamo siano queste le priorità del Paese? Davvero crediamo che con tutte le difficoltà che stiamo attraversando, rendiamo un servizio ai cittadini trasmettendo l’idea che "tutto vada bene"? Che possiamo dedicarci a notizie più frivole perché oggi non è successo nulla di importante?

Roberto Saviano, mia eterna ispirazione, ha detto una volta che sarebbe davvero interessante avere l’opportunità di spostare una delle sedi dei principali quotidiani nazionali e collocarla a Casal di Principe, a Scampia, o anche semplicemente a Napoli.

Potremmo percepire nelle notizie dei reporter un’altra Italia, quella che si nutre dell’illegalità perché essere nella legge non è per lei vantaggioso o, peggio, perché non ha alternative. Comprenderemmo le ragioni di chi scende in piazza perché non ha lavoro e non sa come far andare i figli a scuola. Sono sicura che ci sentiremmo tutti, indistintamente, dalla parte di chi omaggia i compagni di scuola dei propri figli del costo della mensa facendo loro comprendere che è importante aiutare chi non ha le loro stesse possibilità.

Il mio idealismo è anacronistico, me ne rendo conto, ma penso davvero che la corrosione etica che coinvolge il nostro Paese - e di cui vi ho già parlato nel pezzo di qualche giorno fa - non migliora aumentando il divario tra l’italia che c’è e l’Italia che facciamo apparire.

Mai come in questa epoca, l’apparire è diventato tutto. Ma io a far diventare apparenza il mio diritto ad essere informata non ci sto.

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