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L’intervento della Cina nel corno d’Africa

Dal 2005 il fenomeno della pirateria nei pressi delle coste somale sta assumendo sempre più un carattere rilevante a livello Internazionale, con una incidenza di eventi con andamento esponenziale e di carattere estorsivo sempre crescente.

E’ stato stimato che la pirateria somala nel 2008 ha chiesto riscatti per 30 milioni di $ alle navi dirottate lungo le coste del corno d’Africa.

A farne le spese sono essenzialmente navi cargo e petroliere che svolgono carrieraggio commerciale tra Oriente ed Occidente, quindi tipologie di equipaggio più esposte ai dirottamenti ed al sacheggio.

Vista l’ormai crescita incontrollata del fenomeno, da alcuni mesi 17 nazioni tra cui 11 appartenenti al patto Nato hanno dispiegato alcune unità nel pattugliamento delle coste somale e del Golfo di Aden.

A far parte di questa task force ci sono per la Nato: USA, Turchia, Spagna, Norvegia, Danimarca, Gran Bretagna, Italia, Grecia, Germania, Francia e Canada.

A questo folto gruppo si uniscono India, Iran, Malaysia, Arabia Saudita, Russia, Svezia.

Da qualche giorno senza tanti preamboli ed annunci di carattere propagandistico, anche la Cina ha fatto il suo passo contribuendo anch’essa ad arricchire la forza di intervento anti-pirateria portato dalla task-force multinazionale.

Con tre navi dotate di avanzatissime attrezzature, forze speciali, elicotteri e missili i cinesi sono sulla via di raggiungere la task-force internazionale antipirateria che pattuglia le acque dell’oceano Indiano, il golfo di Aden ed il Mar Rosso.

Le tre navi sono due cacciatorpediniere (l’Haikou e il Wuhan) ed una nave di supporto logistico che sono partite dalla Cina dal sud dell’isola di Hainan nel pomeriggio del 23 Dicembre scorso.

La Cina ha formalizzato così la sua partecipazione alla missione antipirateria proponendosi di raggiungere la task force in pochi giorni, dopo che il Consiglio di Sicurezza dell’ONU autorizzerà nelle prossime ore, di portare attacchi aerei e terrestri alle basi dei pirati in Somalia.

Questo evidenzia un cambio nella tradizione della marina cinese che solitamente porta avanti esclusivamente ed autonomamente il pattugliamento delle proprie acque costiere.

L’intervento della Cina in questo caso mira principalmente alla protezione delle decine di navi ed equipaggi cinesi che giornalmente attraversano quel tratto di mare tra Oceano Indiano e Mar Rosso.

Un portavoce statunitense Mr.Denny Roy dalle Hawaii ha commentato positivamente la mossa della Cina che si propone di utilizzare il proprio possente arsenale militare per scopi costruttivi ed assolvere compiti di supporto alla comunità internazionale.

Non dimentichiamo che da alcuni anni l’enorme crescita dell’arsenale bellico della Cina sta preoccupando non poco la vicina Australia e gli Stati Uniti, soprattutto per la poca trasparenza mostrata dalla neo-potenza militare orientale nel gestire affari con carattere geo-politico .

Da parte cinese il portavoce del ministero della Difesa Nazionale ha commentato che le navi che partecipano a questo prezioso intervento, dovrebbero condurre anche operazioni di salvataggio e supporto umanitario appoggiando le altre nazioni che partecipano all’intervento antipirateria.

Se pur di intervento con mezzi militari si tratta, possiamo cogliere positivamente la disponibilità espressa ed attivata operativamente della Cina ad aderire ad un intervento di interesse collettivo per la comunità internazionale.

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