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L’innovazione è prosperità

L’innovazione è vera prosperità e ciò sembra averlo compreso molto bene la Cina che inizia a sfornare pubblicazioni scientifiche di tutto rilievo e continua a rilasciare brevetti su brevetti.

Nonostante la ricchezza della Cina si basi tuttora anche nella deprecabile realizzazione di copie non autorizzate di prodotti europei, giapponesi ed americani, la Cina ha però compreso l’importanza dell’innovazione e l’assoluta centralità dell’istruzione nel processo di sviluppo delle nazione.

A breve, alcuni anni, usciranno dalle università Cinesi 300 milioni di laureati in tutte le discipline e questo grazie allo sforzo dello Stato che finanzia in toto il percorso formativo dei più promettenti, naturalmente solo se indigenti, in cambio di 10-15 anni come docenti, chiaramente retribuiti, al servizio dello Stato.

Ebbene l’Italia, nonostante l’evidente bravura di una discreta parte dei laureati Italiani e nonostante l’evidente predilezione delle università straniere e dei centri di ricerca esteri per i giovani talenti italiani, continua a sprecare le preziose menti dei suoi figli.

Ciò significa servire su un piatto d’argento i migliori talenti, già formati e pronti, agli altri paesi e regalare loro innovazione, brevetti ed in sostanza un’enorme quantità di denaro.

E se è vero che un certo scambio tra ricercatori di diverse nazioni è salutare è anche vero però che l’Italia regala solo laureati agli altri paesi dato che, sia per le inquietanti modalità con cui si vincono i concorsi nel Bel Paese sia per le retribuzioni fuori mercato, in Italia non vengono praticamente stranieri con un alto profilo.

Solo meritocrazia a tutti i livelli, compreso quello retributivo, e un significativo aumento dei fondi destinati all’istruzione ed alla ricerca possono salvare l’Italia da una progressiva perdita di rilevanza internazionale e da un conseguente e drammatico impoverimento.

Purtroppo il Ministro dell’Istruzione, Università e Ricerca ha intrapreso una serie di riforme che non fanno che debilitare ulteriormente la Scuola e l’Università senza invece sanare i veri punti deboli di queste istituzioni.

L’Italia ha solo bisogno di concorsi veri dove i più bravi possano vincere, cosa che da alcuni decenni non avviene, e di retribuzioni all’altezza della posizione svolta, che invogli i migliori a fare ricerca e a insegnare in questo Paese. 

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