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L’evanescente "rivoluzione" di Francesco

"La rivoluzione di Francesco" è la sintesi delle mille voci e dei mille articoli che hanno accolto le profonde parole del Papa (amore, misericordia, accoglienza, buonasera) nei suoi pochi mesi sulla cattedra di Pietro.

Come ho già avuto modo di dire, a me pare che nelle sue frasi ad effetto non ci fosse granché di realmente rivoluzionario. Anzi la sua reiterata dichiarazione di essere figlio della Chiesa, di cui si conoscono bene i dogmi e i diktat, sembrava molto chiaramente una affermazione di assoluta continuità con quei valori non negoziabili di ratzingeriana (e wojtyliana) memoria.

Anche le tante parole di amore universale e misericordia, a parte l’intima ipocrisia ivi contenuta (se ami "tutti", amerai anche il nazista al pari dell’ebreo e davvero questo è un discorso accettabile?), non sono affatto rivoluzionarie; sono banalmente l’essenza stessa di quello che il cristianesimo delle origini ha voluto far credere di sé, ma che poi non ha corrisposto affatto alla realtà storica. Cioè bimillenaria aria fritta.

Nonostante l'entusiasmo dell'ultimo arrivato nella schiera dei bergogliani, quel Fausto Bertinotti che, in tempi apparentemente ormai preistorici, chiamava il proletariato alla riscossa.

Oggi, eccitato dalla "discontinuità" che immagina fra Bergoglio e il suo predecessore, vede addirittura un "balzo di tigre" nel discorso del nuovo Papa (e la cosa, ricordandogli forse il "grande balzo in avanti" del Grande Timoniere Mao-Tse-tung deve avergli fatto sentire un brivido di passionalità d'antan).

E si infiamma al punto da citare quella Lettera ai Romani in cui Paolo di Tarso (di cui è eccitato estimatore insieme all'altro campione della gauche contemporanea, Nichi Vendola) affermava "Quando i pagani, che non hanno la Legge (la Torah), per natura agiscono secondo la Legge, essi, pur non avendo legge, sono legge a se stessi; essi dimostrano che quanto la Legge esige è scritto nei loro cuori come risulta dalla testimonianza della loro coscienza", apprezzabile espressione dell'esistenza anche di una morale "pagana", cioè non derivante dalla "Legge" ebraica che Paolo si proponeva di sostituire con la "Fede" nel redentore.

Scordandosi però che nella stessa Lettera l'apostolo delle genti ci ha scritto anche "Come dunque per la colpa di uno solo si è riversata su tutti gli uomini la condanna... " fondando l'idea - questa sì rivoluzionaria, ma in senso regressivo - che ogni essere umano è, per sua stessa natura, colpevole della colpa di Adamo, trasmessa di generazione in generazione.

Gli uomini avranno pure un loro stile di vita morale, eticamente condivisibile, ma è la natura umana stessa ad essere fondamentalmente peccaminosa; quindi si potrà pure fare a meno dalla Legge (con un problema interpretativo da chiarire perché se la Legge è riassunta nei Dieci Comandamenti è evidente che essi sono cristiani tanto quanto erano ebraici) ma quello che si troverà sarà comunque un essere umano perduto avendo egli perso - ancor prima di nascere - quell'imago Dei che, nel lessico religioso, farebbe la caratteristica umana e la differenza fra umani e animali.

Si chiama colpa di origine (o peccato originale, definito anche come "morte dell'anima" dal Concilio di Trento) cui solo la Chiesa può porre rimedio attraverso il battesimo, rito purificatore e, allo stesso tempo, tessera di iscrizione a quella Ecclesia fuori dalla quale non c'è salvezza. Perché non c'è affatto umanità: fonte prima di ogni successivo devastante razzismo. L'apostolo ebbe l'idea e qualche secolo dopo Agostino formalizzò il dogma. Lo si può leggere ancora oggi nel catechismo della Chiesa Cattolica, par. III - 402, 403.

Quindi te lo raccomando, Paolo di Tarso. Ma - continua l'ex leader rifondarolo - "il passaggio di oggi è decisivo. Credenti e non credenti possono tornare a camminare insieme, quando le strade siano quelle della liberazione. La portata del messaggio rispetto all'ordine esistente, alla cultura dominante e al senso comune è rivoluzionaria".

Per quello che si riesce a capire la Chiesa di Bergoglio non ha fatto altro che ripetere che l'essere umano è peccatore per natura, che l'aborto è un omicidio, anziché l'interruzione di un processo di sviluppo cellulare - dal momento che la vita umana inizia al concepimento e non alla nascita - che le donne che abortiscono sono assassine (benché degne di misericordia, cioè "miserabili"), che i gay devono stare al loro posto senza rompere le scatole perché la società non si fonda sui diritti civili, ma sulla "parola di Dio". E così via.

Ma che, udite, udite, non bisogna essere cristiani "da pasticceria", forse ricordandosi di come all'uscita dalla messa domenicale sia prassi diffusa passare a prendere i pasticcini per i pranzi della domenica (...sulla costa tirrenica, recitava un bel film). Infatti, continua Bertinotti "I suoi atti possono essere già interpretati non come un'assenza di teologia, bensì come una teologia della prassi" e al sentir parlare di "prassi" il cuore del vecchio marxista deve aver tambureggiato forte.

 

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Non dimenticando forse che viviamo l'esperienza inebriante di un Bipapismo a tutto tondo, in cui l'uno, acutissimo studioso si occupa delle teologia e l'altro dei pasticcini, cioè della prassi, perché è uno un po' furbo, uno che sa come muoversi (sono parole sue nell'intervista a Civiltà Cattolica) mentre il papa tedesco notoriamente non si muoveva granché bene.

Quindi un po' di caritatevole attenzione per i più poveri secondo l'antica frase evangelica del dar da mangiare agli affamati eccetera, che non è, sia chiaro, la proposta politica di una redistribuzione della ricchezza e dei redditi, ma il banale appellarsi al buon cuore degli abbienti chiamati a metter mano alla scarsella per alleviare, bontà loro, la povertà degli "ultimi".

Comunque, volendo, si può fare un "tratto di cammino insieme" - ci viene detto - sempreché il mondo laico accetti l'idea che l'unico modo di risolvere la nota "emergenza antropologica" è quello di fare propria come Verità Ultima la parola millenaria della Chiesa di Roma.

Una conferma a questi nostri dubbi (sic) che non di rivoluzione si tratta, ma di farsa, ci viene servita su un piatto d’argento e viene dalla Diocesi di Friburgo, che se non ricordo male fu la patria del monaco Bertoldo Schwarz, uno che amorevolmente e misericordiosamente si era dedicato alla produzione di esplosivi, armi e cannoni secondo una diffusa diceria locale.

La decisione della Diocesi tedesca, guidata dall'arcivescovo Robert Zollitsch, prevede “un particolare riguardo per i cattolici divorziati e risposati” e “soprattutto la possibilità di riammetterli ai sacramenti, a cominciare dalla Comunione”.

Non parliamo di donne che hanno abortito o di gay che vogliono sposarsi o di manipolatori di cellule embrionali o di sostenitori dell'eutanasia o diffusori di preservativi là dove l'AIDS fa strage o di giovani amanti che, nel proprio letto, non ci vogliono né preti né suore. Ma, molto più modestamente, di divorziati risposati; cioè di persone, di fedeli (gli atei di queste vicende ovviamente se ne impippano), che chiedono di essere riammesse ai sacramenti, nonostante il fallimento di precedenti unioni, in virtù delle parole misericordiose e amorevoli del Papa argentino.

Ma, nel giro di pochi attimi, ecco la smentita dalla sala stampa di un Vaticano piuttosto irritato: “Il documento della diocesi non ha autorevolezza” perché tutto ciò è demandato, su richiesta del Papa, ad un apposito Sinodo che dovrà soppesare le questioni antropologiche.

“Mi pare un pessimo servizio mettere in campo aperture dottrinali importanti sulla base di parole di Francesco messe fuori del loro contesto. Il Papa ha detto che occorre ripensare la disciplina anche nel merito della norma circa i divorziati risposati, e non che allora fa lo stesso, “primo” o “secondo” matrimonio che sia”, ci tiene a sottolineare un esperto teologo (vagamente gattopardesco).

Insomma “ripensare la disciplina" non vuol dire automaticamente ribaltare le consuetudini. Quindi, "per ora non cambia nulla".

Ma se i valori non negoziabili restano “non negoziabili” e su quelli un po’ negoziabili si deve riflettere - non ribaltare le consuetudini - sinceramente sembra assai arduo capire dove stia di casa questa tanto sbandierata “rivoluzione di Francesco”.

A meno che “rivoluzione” non sia sinonimo di “cominciare a ripensare”; il che effettivamente potrebbe essere quantomeno un rivoluzionario, meglio tardi che mai.

Foto: Semilla Luz/Flickr

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