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Home page > Attualità > L’atomica saudita non interessa

L’atomica saudita non interessa

Ieri il prossimo ministro degli esteri saudita, Turki al Faisal, ha annunciato pubblicamente che l’Arabia Saudita intende dotarsi di armi nucleari, ovviamente a scopo difensivo. Ma la notizia non ha destato scapore, come nessuno si era preoccupato del poderoso programma nucleare annunciato dai sauditi, che prevede la costruzione di sedici (16) centrali nei prossimi anni e come nessuno o quasi si è allarmato per la vera e propria corsa agli armamenti che ha visto di recente protagonista il regime saudita.

Turki, che succederà nella carica al fratello Saud ed è già stato a lungo capo dei servizi sauditi e, dal 2001, ambasciatore a Washington e Londra, ha rilasciato queste dichiarazioni in un contesto ufficiale e subito sono state riprese dalla stampa saudita, che notoriamente non scrive una virgola diversa dai voleri della monarchia.

Nel caso dell’Iran c’è stata una vera e propria mobilitazione pubblica in Occidente, con fior di esperti allineati a spiegare che l’Iran, con il petrolio che ha, non ha alcuna ragione di costruire una centrale nucleare che non fosse quello di processare uranio per le bombe.

All’Arabia Saudita che ha riserve pro-capite molto più vaste di quelle iraniane, nessuno ha obiettato alcunché, così come nelle scorse ore nessuno è saltato sulla sedia all’annuncio saudita, nemmeno in Israele. I sauditi hanno i loro buoni motivi per voler acquisire un deterrente nucleare, che non sono quelli della minaccia iraniana o quella israeliana ufficialmente chiamate in causa.

Principio della deterrenza che evidentemente non vale per l’Iran, che pur in teoria è a tiro delle atomiche di Israele, Stati Uniti, Russia, Pakistan e India L’Iran è accusato di volere l’atomica semplicemente per distruggere Israele a costo di finire distrutto dalla rappresaglia. Deliri della propaganda, spesso utili anche al regime iraniano.

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La primavera araba ha contagiato i paesi del Golfo, tutte monarchie assolute riunite di fronte a Turki che ha sponsorizzato anche l’idea di un’unione politica dei paesi del Golfo, un’unione che, diversamente da altre simili, non servirebbe a portare quei paesi fuori dal medioevo feudale, ma semmai a garantire ai loro governanti lo spazio di manovra per reprimere i propri sudditi con il supporto vicendevole delle monarchie.

Il deterrente nucleare è una ulteriore polizza assicurativa per la monarchia saudita, che ha promosso l’aggressione alla Libia e che ora supporta pesanti pressioni sulla Siria, ma che sa di non avere consenso interno e vuole scongiurare futuri interventi internazionali a “liberare” i sauditi, già ora vittime di un regime che fa stracci dei diritti umani e civili come di molte altre conquiste dell’umanità e soggetti a una feroce repressione.

Se però questa mattina avesse cercato la notizia sui due maggiori quotidiani italiani, non l’avrebbe trovata. Così come se ne trova scarsa eco sui media internazionali. È pur vero che parlar male dei sauditi porta problemi, ma è davvero strano che il dignitario di un paese dove l’estremismo islamico raggiunge livelli parossistici, che ha dato alla storia buona parte degli attentatori del 9/11, il leggendario Bin Laden e migliaia di volontari che hanno combattuto dall’Afghanistan fino all’Africa profonda, non trascurando l’Iraq, possa annunciare che il suo paese vuole l’atomica senza che nessuno faccia una piega.

Non ci sono state reazioni nemmeno dal Dipartimento di Stato o dalle diplomazie europee, tutta gente che normalmente salta sulle sedia se l’Iran compra un pezzo di ferro che potrebbe servire al programma nucleare.

Qualcuno poco addentro alla questione potrà pensare che c’è tempo, che un programma nucleare richiede anni e anni di studio e la costruzione di un imponente apparato industriale, ma i sauditi hanno la possibilità di entrare in possesso di armi atomiche e dei vettori per recapitarle in brevissimo tempo, essendo fin dagli anni ’70 i maggiori contribuenti del progetto che ha portato alla realizzazione della “bomba atomica islamica” in Pakistan.

Un progetto che ha visto partecipi anche Libia ed Iran, che infatti dispongono delle stesse tecnologie di origine pakistana, e che vede un principe saudita nella direzione del programma nucleare pakistano, diversamente segretissimo e precluso persino all’alleato americano. Un progetto dal quale l’Arabia Saudita può attingere di diritto, se non ha già attinto, in ogni momento, piazzandosi anche più avanti degli iraniani, che hanno scelto invece la strada che passa per la costruzione di un programma nucleare completo e lo sviluppo in proprio dei missili pakistani.

L’Arabia Saudita inoltre non è neppure sottoposta ai vincoli e ai controlli dell’AIEA, se ne è liberata firmando lo Small Quantities Protocol, un impegno formale a trattare solo modeste quantità di materiale radioattivo per usi scientifici e sanitari che libera dai controlli del Trattato di Non Proliferazione. Trattato siglato invece dall’Iran, che da anni ad ogni rapporto degli ispettori può contare sulla loro più spericolata deformazione ad opera di un buon numero di politici e di media.


È appena il caso di ricordare che nazioni come Pakistan, India ed Israele non hanno mai sottoscritto il TNP e mai subito controlli o minacce perché impegnate nella corsa all’atomo e che quando in Iran c’era lo Sha ad ordinare la costruzione di centrali nucleari nessuno aveva nulla da ridire, tanto che negli Stati Uniti usavano la sua immagine per fare pubblicità all’industria dell’atomo.

A proposito del programma nucleare “islamico” allego questa vecchia intervista (dicembre 2004) a un esponente dell’intelligence indiana, che spiega molto. Altro materiale si può reperire attraverso i tag Arabia Saudita e Proliferazione Nucleare sull’archivio temporaneo del vecchio blog.

Chi approfondisca sfogliando quei materiali noterà una certa distanza tra la realtà storica e certe narrazioni di fantasia circolate nel nostro paese, dove nonostante la questione della proliferazione nucleare dal Pakistan sia esplosa pubblicamente nel 2004 (per quanto nota dai primi anni ’80), nessuno ha mai puntato il dito verso Islamabad.

E nemmeno verso Tripoli, dove il cattivo Gheddafi maneggiava le stesse cose che maneggiano gli iraniani a un tiro di fionda dalle nostre coste. Davvero una pessima informazione in un caso di rilevanza planetaria, si notano e si sentono il peso e il segno di una propaganda familiare, che per anni ha costretto anche i nostri giornalisti a inventarsi improbabili piste che legavano gli iraniani persino alle ex-repubbliche sovietiche, nelle quali non è rimasto nulla del programma nucleare sovietico, se non l’inquinamento nucleare.

 

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