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L’architettura non è più al servizio dei cittadini. Ma è pur sempre la mia passione

Dopo aver visto questo video, capirete già dove voglio andare a parare.

Io sono una studentessa d’Architettura. Vorrei un giorno esercitare questa professione al meglio delle mie potenzialità. Vorrei un giorno svegliarmi la mattina e sentirmi felice della scelta che ho fatto prima di iscrivermi a quel test d’ingresso. Vorrei fare la differenza, vorrei contribuire a cambiare le cose nel mio paese, renderlo bello, migliore, vivibile.

Ad oggi non è così. Viviamo in un momento storico nel quale fare affari viene prima di tutto. E con fare affari intendo fare soldi. Le gare d’appalto, il sobbarcarsi più lavoro di quanto se ne possa effettivamente svolgere, la ricerca del risparmio sia in fare assuntiva che in fare produttiva. Tutto gira intorno ai soldi. E si è persa la gioia di esercitare questa professione che può essere considerata tra le più belle al mondo.

Perché gli architetti plasmano il palcoscenico delle nostre vite. Creano quelle quinte all’interno delle quali si svolge ogni nostra giornata, ed a seconda del posto in cui ci troviamo, quella scenografia ci trasmette determinate sensazioni, auspicabilmente positive. Ma non sempre è così, ho ragione? Perché, direte voi? Perché quando non si svolge più un mestiere per passione ma per soldi si tralasciano tutte quelle fasi progettuali durante le quali l’architetto stesso si immedesima nel fruitore dell’opera pubblica o privata che stà andando a realizzare, mettendosi nei suoi panni, quindi percependo cosa funziona e cosa no. Perché lo fa? Perché richiede tempo. Concentrazione. Attimi improduttivi che però farebbero la differenza. L’“ozium” come direbbe un mio vecchio professore del liceo. Ma l’ozio (anche se fondamentale ai fini della progettazione) non viene retribuito, quindi va abolito.

Ebbene, io mi sveglio ogni mattina con in testa la frase: “Ma chi me l’ha fatto fa'?“. Perché vado in facoltà ed è l’anarchia più totale. Perché giro per le strade della mia città e vedo degrado, mal sfruttamento degli spazi, infruibilità. Perché siamo nel 21° secolo e ancora non si riesce a risolvere il problema delle barriere architettoniche. Progett(iamo)ano palazzi contorti, intricati, altissimi, slanciatissimi, quasi impossibili per l’immaginazione comune e poi? Scale senza rampe, marciapiedi senza varchi, porte troppo strette e strade piene di buche. E’ evidente che l’architettura non è più al servizio del cittadino, altrimenti questi problemi sarebbero superati. E’ palese invece che sia diventata uno strumento per fare quanti più soldi è possibile (e spesso neanche ci si riesce).

Queste poche righe per dirvi semplicemente che sta nascendo un movimento da parte dell’Ordine degli Architetti in merito alla rivalutazione del mestiere di Architetto e della disciplina dell’Architettura. Cliccando questo link avrete la possibilità di contribuire a questa nobile causa per riconferire a tutti, non solo a noi che ne facciamo/faremo parte, il DIRITTO ALL’ARCHITETTURA. Basterà inserire: Nome, Cognome, Città e Professione.

Perché se l’architetto è appassionato, i primi a beneficiarne sono proprio i cittadini! Provate a immaginare spazi di percorrenza più belli, in buono stato, efficienti, a misura d’uomo, senza ostacoli e fruibili da tutti. Provate a immaginare case più vivibili, a prezzi equi, con ottime finiture e aperte al futuro. Provate a immaginare quanto bello sarebbe il mondo se si iniziasse a lavorare al servizio del prossimo e non in funzione dei soldi. Io se ci penso sorrido.

E voi?

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