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L’Imu è un’imposta iniqua. Deve essere cambiata

L’attenzione nei confronti delle imposte locali, in seguito soprattutto all’introduzione dell’Imu, è molto notevole, giustamente. Ci si avvicina infatti alla scadenza del 18 giugno, quando dovrà essere effettuato il primo pagamento. E le critiche riguardo a questa nuova imposta sugli immobili si diffondono sempre di più. Ci si sta accorgendo infatti che, rispetto a quanto avveniva con l’Ici, il prelievo fiscale a carico dei proprietari di immobili aumenterà notevolmente e non solo perché con l’Imu saranno di nuovo colpiti i proprietari delle prime case, le cosiddette abitazioni principali. E risulta sempre più evidente la sua iniquità. In un tale contesto quindi diventano ancora più interessanti i dati forniti dalla Cgia (confederazione degli artigiani) di Mestre, secondo la quale negli ultimi dieci anni il gettito delle tasse locali è aumentato dell’86% (questa percentuale considera anche il 2012 tenendo conto di alcune previsioni circa il gettito derivante dall’Imu).

In un comunicato emesso dalla Cgia di Mestre si può infatti leggere tra l’altro:

“Nel 2012 il gettito delle principali tasse locali in capo alle famiglie italiane sfiorerà i 35 miliardi di euro.

Ma ad impressionare ancor di più è la variazione di crescita del gettito registrata negli ultimi 10 anni: +86,4%. Sempre nello stesso periodo di tempo, la crescita del carico fiscale locale su ciascuna famiglia italiana è aumentata del 69,3%.

A queste cifre è giunta la Cgia di Mestre che ha analizzato il gettito delle principali imposte locali che ha gravato nell’ultimo decennio sui bilanci delle famiglie italiane.

Le tre imposte prese in esame sono l’addizionale regionale Irpef, l’addizionale comunale Irpef e l’Ici/Imu.

La Cgia di Mestre stima che per l’anno in corso, in particolar modo per l’applicazione dell’Imu sulla prima casa e per l’aumento delle addizionali regionali Irpef, l’impennata sarà molto decisa: su ciascuna famiglia italiana peserà un carico fiscale locale aggiuntivo medio pari a 575 euro, che alzerà la quota totale sino a toccare un valore medio di 1.390 euro.

‘In buona sostanza – esordisce il segretario della Cgia Giuseppe Bortolussi – nel 2012 ciascuna famiglia italiana verserà alla sua Regione e al Comune di residenza un importo medio pari ad uno stipendio mensile.

Va sottolineato – prosegue Bortolussi – che questi risultati a cui siamo giunti sono sottostimati, visto che nel conteggio abbiamo mantenuto il gettito dell’addizionale comunale Irpef pari a quello incassato l’anno scorso. In realtà sappiamo benissimo che non sarà così, visto che per il 2012 molti Sindaci hanno deciso di rivederne all’insù l’aliquota’.

Peccato, prosegue la Cgia, che tutto ciò non abbia nulla a che vedere con il federalismo fiscale.

‘Avviato concretamente nella prima fase di questa legislatura – conclude Bortolussi – il federalismo fiscale è una riforma che dovrebbe essere ripresa in mano e portata a compimento.

Invece, prima di cancellarla dalla sua agenda politica, il Governo Monti ne ha modificato un tassello importante: l’Imu.

Inizialmente ne ha cambiato la metodologia di applicazione, poi ne ha anticipato di un anno l’entrata in vigore, con il risultato di favorire, in grande misura, le casse dello Stato centrale a svantaggio di quelle dei Comuni.

Risultato: obiettivo originario completamente rovesciato’”.

Le considerazioni di Bortolussi sono condivisibili. Mi soffermerò su quelle relative all’Imu. Le critiche che possono essere formulate nei confronti di questa nuova imposta sono diverse e non sono, peraltro, solo quelle rilevate da Bortolussi. Le sue critiche infatti sono essenzialmente due: l’Imu farà aumentare considerevolmente il gettito delle imposte locali, in linea con quanto avvenuto negli anni precedenti – e, aggiungo, in un periodo di forte recessione economica questo ulteriore incremento del gettito delle imposte locali aggrava la recessione – ed inoltre l’Imu è stata svuotata quasi completamente del suo contenuto federalista, in quanto metà del gettito derivante dall’Imu sulle seconde abitazioni e sulle attività economiche affluirà non alle casse dei Comuni ma direttamente allo Stato (peraltro i Comuni in seguito all’introduzione dell’Imu – il cui gettito ripeto andrà in parte allo Stato – si vedranno ridotti in misura abbastanza rilevante i trasferimenti statali).

Ma queste non sono le sole critiche possibili. Se ne può aggiungere un’altra ad esempio: la notevole confusione generata tra i contribuenti i quali non sanno ancora quanto complessivamente dovranno pagare per l’Imu alla fine dell’anno perché il governo, alla luce dei pagamenti che saranno effettuati a giugno, si è riservato la possibilità di rivedere le cosiddette aliquote standard che sono per la prima casa il 4 per mille e per le seconda casa e gli immobili utilizzati per le attività economiche il 7,6 per mille, aliquote che potrebbero essere aumentate.

Un’altra critica è la seguente: ancora una volta non si è voluto colpire in misura maggiore i grandi patrimoni personali (sarebbe stato possibile applicare in questo caso aliquote più elevate) cosa che avrebbe consentito di ridurre il prelievo a carico dei proprietari di piccoli patrimoni. Quindi l’Imu è anche un’imposta iniqua, che colpisce allo stesso modo sia i proprietari di piccoli patrimoni immobiliari sia i proprietari di grandi patrimoni. Per tutti questi motivi sono più che giustificate le critiche nei confronti dell’Imu e sarebbe necessario, prima delle ulteriori scadenze dei pagamenti, successive a quella del prossimo 18 giugno, che siano proposti dal governo ed approvati dal parlamento dei cambiamenti rilevanti rispetto all’attuale normativa che regola l’Imu, in modo tale da eliminare i diversi aspetti negativi che contraddistinguono questa nuova imposta.

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