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L’Europa come obiettivo e come opportunità

La vittoria di Renzi nelle elezioni europee di domenica non ha nulla di ordinario. Non era mai successo, infatti, che i partiti politici, subissero uno spostamento di consensi così alto come quello che ha registrato il PD e che l’arcipelago dei vecchi governi fosse mandato in frantumi in tutte le sue periferie. La dèbacle ha colpito anche partiti tradizionalmente forti, come il PdL-Forza Italia, i populismi chiassosi delle piazze e della rabbia senza direzione politica, mentre hanno fatto capolino sulla scena partiti che hanno saputo leggere la crisi nostrana, sia a destra come il NCD, sia a sinistra come il partito di Alexis Tsipras.

La prima domanda da porsi è dunque questa: cosa rappresentano i risultati elettorali in Italia? Non ci sono altre risposte che questa: una forte spinta verso un processo di riforme e di cambiamento che riesca a risolvere la crisi che attanaglia il mondo del lavoro con tutti i suoi dati drammatici e di prospettiva. Ciò significa che in queste europee gli italiani hanno creduto nella scommessa di Renzi e hanno in qualche modo premiato Alfano e la lista Tsipras per i loro elementi di supporto positivo a un mutamento degli atteggiamenti istituzionali europei. Hanno espressso in modo inequivocabile la volontà di un cambiamento di rotta rispetto alla mortificante azione di restrizioni contro i ceti medio-bassi volute dal neoliberismo della Merkel.

Se Renzi riuscirà, con il suo piccolo esercito a giocare una buona partita con i suoi potenziali alleati di Bruxelles, a cominciare da Martin Schultz, le cose allora potrebbero cambiare, a partire dalle riforme economiche e da una saggia politica sull’immigrazione. In questo senso Tsipras propone un cambiamento profondo: riduzione delle spese militari; tassazione delle transazioni finanziarie e dei beni di lusso; difesa del diritto all’istruzione, alla sanità e all’ambiente. Cioè un’inversione della politica della Troika.

A questo punto a Renzi non conviene isolarsi, ma trovare ogni consenso possibile. Non solo quello dei socialisti europei, ma anche e soprattutto delle forze autenticamente europeiste, come quelle raccolte anche per l’Italia dalle liste Tsipras, con cui Renzi dovrà fare i conti se non vuole avviare la diaspora del Pd, come effetto indotto da una malaugurata continuità politica nei vari Paesi dell’Europa.

Questo articolo è stato pubblicato qui

Commenti all'articolo

  • Di (---.---.---.96) 30 maggio 2014 19:43

    Mimesi verbale > Ovvero la capacità di “avvalorare” tutto ed il contrario di tutto in modo da poter addebitare eventuali discrasie al fraintendimento degli interlocutori.

    Renzi, parlando alla Direzione PD, ha dato ulteriore prova di siffatta sua “peculiarità”. Da un lato ha ben rimarcato la cifra di un risultato elettorale “storico” (senza precedenti). Dall’altro non ha neppure tentato di abbozzare l’analisi politica dell’inatteso margine di “distacco” legato al precoce “smottamento” (scomparsa) di altri partiti.

    E ancora. Se da un lato ha tenuto a ribadire che non si è trattato di “referendum sul governo” (v. maggioranza Letta), dall’altro ha subordinato il “radicamento” di tale livello di consenso alla piena “convergenza” di tutte le componenti (correnti) del PD.

    Unico l’obiettivo: la riuscita dell’azione riformatrice da lui avviata e l’efficacia del pacchetto d’interventi già programmati. Tutto nel puntuale rispetto dei tempi “annunciati”. In sintesi.

    Per lanciare annunci/promesse e seminare speranze basta una “faccia”, la sua. Per corrispondere alle attese (consenso) serve, da subito, la “convinta” iniziativa e l’azione fattiva di tutto il partito. Renzi sa bene di non avere più “alibi”.

    Come sa che solo con l’appoggio di tutte le “anime” e le risorse “esperte” del PD lui potrà accreditare, anche in Europa, delle reali credenziali da Premier. Con buona pace della “rottamazione”.

    La storia ci insegna che la Febbre del Tribuno non conosce limiti o remore fino …

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