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Justitia. Espressione di democrazia

Il quadro politico e sociale che emerge dai racconti dei giornali e dall’ampia diffusione fatta dai media raffigura perfettamente lo stato rovinoso nel quale si trova la Justitia in Italia.

 

Essa, la Justitia, è tenuta prigioniera dai ’’poteri forti’’ che tornano a fare cronaca.

Non c’è organo di stampa di destra o di sinistra che non inneggi al golpe o ai poteri forti, ora a discapito degli uni ora degli altri, una bagarre istituzionale.

Ogni giorno in prima pagina si grida indignati ad atti di vero terrorismo, razzismo, corruzione e occulta complicita. Sono sempre gli stessi a parlare, sempre gli stessi uomini politici che si avvicendano di governo in governo, occupando un tempo i banchi della maggioranza e un tempo quelli dell’opposizione ma, quegli altri centinaia di deputati che fanno? Chi sono? Sono reali? Non si sa, sappiamo che stanno li, che presenziano in parlamento, forse a volte votano, di certo son pagati, ma nessuno li conosce e quando cade un governo e ne sale un altro, altre figure salgono, senza mai apparire. Ombre e numeri, soldati.

Ieri è tornato a parlare l’ex toga De Magistris e le sue parole sono uno squarcio nel bel mondo fatato e una sfida aperta e pericolosa: - "Non tornerò in magistratura e tra qualche giorno il Paese capirà in modo chiaro le ragioni delle mie dimissioni... Ee chi sono i responsabili politici e istituzionali della mia andata via dalla magistratura. Su questo sarò molto chiaro. Quando renderò pubbliche le motivazioni saprete. Che farò? Non posso anticipare nulla. Poi sono incuriosito che questa vicenda viene detta solo nei miei confronti quando ci sono tanti magistrati nel Pdl, nel Pd, a cominciare dall’ex presidente della Repubblica Scalfaro che per tantissimi anni è stato magistrato e nessuno ha detto nulla".

Dimissioni come minacce, come avvertimento, come a confermare l’impossibilità di agire in ’’certi corridoi’’ e il bisogno di nuove armi e strumenti di riscatto.

Rialeggiano nomi che sanno di naftalina, Scalfaro, Andreotti, Cossiga, gli uomini storici di un pezzetto di Italia che attende justitia. Ma davvero De Magistris deve a noi spiegare la sua decisione di lasciare la toga?

Davvero abbiamo dimenticato l’inchiesta WhyNot? Le parallele disegnate tra poteri forti e mafia e Stato?

I giochi lagunosi degli appalti pubblici, i fiumi di soldi che sparivano e riapparivano, i finanziamenti illeciti ai partiti, ai giornali, alle società fantasma, imprenditori amici di politici con in tasca un biglietto per qualche isola caraibica, intrecci indicibili tra diversi ambienti in un coflitto d’interesse dilagante, sesso, droga e rockroll. I commissariamenti con la possibilità di agire fuori da ogni controllo, fuori da ogni regola di trasparenza e democrazia.

E molto altro ancora....

Ma anche il vicepresidente del Csm Nicola Mancino è assieme a De Magistris uno dei pochi ad aver parlato pubblicamente e senza mezzi termini della complicità vigente tra Stato e mafia.

Certo non parla della complessa macchina economica che tiene sotto scacco matto l’intera nazione riducendola ad una comunità d’affari collaudata, Mancino parla della complicità tra mafia e Stato e della loro decisione d’uccidere Falcone e Borsellino e proteggere i capi di Cosa Nostra.

Diciassette anni dopo le stragi siciliane e due mesi dopo le sue prime dichiarazioni sulle tragiche vicende avvenute nell’estate del 1992, il vicepresidente del Csm sfila come testimone davanti ai magistrati di Palermo e di Caltanissetta. Un faccia a faccia con i procuratori Messineo e Lari e gli aggiunti Di Matteo e Gozzo per ricostruire chi aveva intavolato le trattative e a cosa puntavano. Domande che macerano gli italiani da anni e a qualcuno qualche risposta è venuta in mente ma ci vuole coraggio per guardare il diavolo negli occhi!

Il verbale di interrogatorio è stato secretato. Se alla procura di Caltanissetta s’indaga sui massacri in Sicilia, Capaci e via D’Amelio e se alle procure di Firenze e di Milano s’indaga sugli attentati del 1993, le bombe in via dei Georgofili, a San Giorgio al Velabro, in via Palestro, alla procura di Palermo s’indaga sulla "trattativa" fra mafia e Stato relativa alla mancata cattura di Provenzano. Ecco a che punto siamo, ecco a che punto è la nostra justitia che lotta ferocemente contro Echelon, l’occhio vigile e invisibile dei veri e incotrastati poteri forti. Lo strumento investigativo usato anche dal ministero degli Interni, usato anche al tempo di Moro, di Mattei, il grande fratello delle procure e dell’intelligence.

Tra queste due indagini si colloca Dell’Utri con la sua Forza Italia e con Berlusconi uscito da una costola di Gelli. Quale è la funzione del duo Dell’Utri – Berlusconi in questo frangente? Forse l’urgenza di promuovere una nuova politica capace di raccogliere fiducia e consensi?

Ma cosa impedisce allo Stato di usare il tritolo della mafia per sbarazzarsi di questi uomini pericolosissimi per la loro impunità? Falcone e Borsellino e l’insorgenza popolare che nacque spontanea dalle loro morti. Ecco cosa gli impedisce di agire con mano assassina, il popolo e la sua enorme forza.

Infine Giuseppe Sala, direttore generale del Comune di Milano, che ha scoperto due settimane fa di essere stato spiato. Senza panico denuncia il fatto al Sindaco di Milano e prende contatti con l’Avvocatura e con il segretario generale Giuseppe Mele, che in giugno gli aveva proposto la bonifica degli uffici, e con i legali del Comune decide di fare denuncia.

Così funziona in Italia con la copertura della Ue.

Ecco cosa chiedono gli italiani ai loro rappresentanti politici justitia.

Tutto questo farneticare sulla presenza dei poteri forti all’interno della destra o della sinistra ci offende e offende tutti i morti che son caduti sotto i loro invisibili colpi. I poteri forti non sono una parola astratta ma identificano una mostruosa macchina reale che si aggira e si riunisce nel governo ombra.

Il governo ombra creatore della malasanità, della recessione economica, del fuggi fuggi delle nostre aziende e fabbriche, dell’inquinamento delle nostre terre, acque e cielo, dei raccomandati e dei baroni. Responsabili di tutto lo sfacelo a cui stiamo assistendo, amministrativo e culturale.

Quel che i cittadini devono sapere, quello su cui devono essere informati è quel che sta per accadere in Italia. I primi di ottobre, il 6 se non slitta, il parlamento verrà chiamato a votare sul Lodo Alfano.

Se non dovesse passare è ipotizzabile la resa della Bastiglia e relativo crollo del governo Berlusconi.

Lo stesso verrà inabissato dagli atti giudiziari che lo perseguito dal tempo della sua Milano 2.

La Fininvest e tutti quei soldi usciti dall’Ambrosiano ma di chi era l’Ambrosiano, solo di Calvi? Il banchiere di Dio ucciso dall’Opus Dei? E il Vaticano? Non centra la IOR? Ma L’Ambrosiano centra con il vaticano e lo stesso Calvi e Sindona e Gelli e Berlusconi e i suoi tirapiedi ruotano attorno lo stesso asse.

E tutte quelle società che dalla Finivest si disparavano?

Ma non credete al miracolo, lo Stato ombra, il vertice dei poteri forti che vede membri della destra e della sinistra in perfetto accordo, ha già pensato al dopo Berlusconi con un triangolo tutto nuovo, Fini, Montezemolo e Casini, l’eterno indeciso.

Come sempre pagherà un solo uomo mentre tutto il suo castello continuerà a lavorare e governare indisturbato. La justitia attende una rinascita vera che sarà resa possibile solo con la costituzione di un nuovo movimento politico che faccia da carro armato sbarazzandosi di tutto il sistema creato sul finire della seconda guerra mondiale e che vede in Cefis, Gelli e Berlusconi i suoi maggior rappresentanti e in Scalfaro, Andreotti, Cossiga e altri i suoi maggior funzionari.

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