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Jeanne du Barry - La favorita del re

E' una notizia interessante che la regista e protagonista Maïwenn di questo film “storico”, nata Le Besco, abbia rinnegato il suo cognome per i pessimi rapporti coi suoi genitori. Maïwenn è la Marie Jeanne Bécu nel racconto (1743-1793): si staccò presto dalle sue origini. 

Chi dice fosse figlia di un monaco e di una cuoca, chi figlia illegittima di una sarta molto povera, l'avvenire per le figlie del popolo era molto incerto. La voce commentante del film la descrive come una ragazza preparata a tutto, “figlia di Satana” la definiscono le suore che la allontanano dal convento dove fu messa, perché non leggeva libri sacri, ma letteratura erotica e comunque “grande”, che la rese colta abbastanza per salire al rango di cortigiana di nobili, uomini provvisti di ricchezze, vino e ragazze a volontà.

Attraverso il legame con il Conte du Barry (l'attore è Melvil Poupaud) si avvicina ai palazzi della nobiltà. Fu proprio il conte Richelieu (Pietro Riccardo) che le fece raggiungere la corte di Luigi XV (Johnny Depp) a Versailles. Questi ne rimase soggiogato e così “nacque” Jeanne du Barry - La Favorita del Re. Lei molto pratica e di manifestazioni spontanee, immediate, dovette apprendere e osservare le cerimonie di corte assistita da un istitutore, sottoporsi ad una accurata visita ginecologica (con gli strumenti di allora!), le complicate e artificiose usanze di Versailles.

La corte era popolatissima di gente varia, donne invidiose per le attenzioni che il re – triste per aver perduto la compagnia di Madame de Pompadour - dedicava a Jeanne. Ne fu conquistato per i modi spicci e la sua naturalezza, che egli stesso prediliggeva, vivendo tra convenenoli e riti ridondanti della corte. Là non era consentito mostrare sentimenti e non si davano abbracci sinceri, tutti erano dediti a servire quello sfarzo o farne parte, i pranzi, i riti, i trastulli del re e dei notabili. I moltissimi partecipanti e servitori di quelle regge erano per lo più gente umile o dotata di qualche titolo insignificante che ebbe la possibilità di un “lavoro” o un impiego, mantenuta dalle finanze del regno.

Ottimo film, godibile, presentato a Cannes quest'anno, ben ambientato e di grande sceneggiatura, scenografie ricche di tappeti e di arazzi, di ricchi vestiti (chi li indossava all'epoca credo dovesse muoversi incartapecorito), di enormi parrucche decorative sui capini delle signore.

Sia consentito di accostare la storia passata o il film alla attuale società, del resto anche a questo i film servono! Come non pensare alle famose “olgettine” italiane di berluschina memoria, mantenute dal "drago" a 2500€ al mese, o alla gente osannante le classi “alte” della società, o presunte alte, esistenze a cui stare accanto o da voler emulare ai tempi nostri. “Nelle società pre-politiche (scrive Luca Sommi sul Fatto Quotidiano del 17/8/2023, dai “Saggi” di Montaigne) i ricchi decidevano e disponevano tutto e i poveri subivano”. Una rivoluzione distrugge ma ricrea nuovi rapporti sociali. E' ancora Luca Sommi che lo scrive sul FQ: “Girando per la città gli indios notavano che per metà era abitata da uomini ben pasciuti e satolli di ogni bene e per l'altra metà da persone senza cibo, prive di tutto, che mendicavano per le strade camminate dai primi … si stupivano del fatto che i poveri non si avventassero alla gola di quelli, né incendiassero le loro dimore”. Come non pensare a governanti nostrani, buoni o meno buoni, che vivono di “appena” 500€ al giorno del loro stipendio pagato dai loro amministrati?

Poi, in Francia nel 1789 e sotto Luigi XVI, arrivò la Rivoluzione con Robespierre e Marat e la Presa della Bastiglia. La ghigliottina tagliò tante teste, anche quella della 50enne Jeanne du Barry, figlia del popolo che con la sua grazia e intelligenza aveva goduto di quei fasti e di quei favori.

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