Italiani: popolo di santi, poeti, navigatori... e scrocconi!
Che noi italiani ci distinguiamo da sempre per l'incomparabile scaltrezza è cosa nota. Qualità che ci ha sovente consentito di venir fuori da situazioni gravi e compromettenti ma che ci ha pure fatto guadagnare nel mondo la fama, non del tutto immeritata, di popolo disonesto e avvezzo a ogni forma di scorciatoia. Con tanto di pizza, spaghetti, mandolino e di quel marchio infamante che risponde al nome di "mafia" a soddisfare la cinica fiera dei luoghi comuni. Da qualche anno, in particolare, siamo stati abituati all'esistenza di cricche varie e di schiere più o meno note di furbetti, e agli annessi scandali di "affittopoli", "quartieropoli", "parentopoli", P2, P3 e P4. In questi ultimi mesi, poi, tanto per non farci mancare niente, è venuta a galla la vasta rete di corruttele che investe il delicato settore della sanità e della previdenza, certamente grazie al solito spregiudicato protagonismo della politica ma allo stesso tempo a causa dell'indole truffaldina del cittadino assistito.
Panorama e Repubblica, ad esempio, due organi di stampa politicamente agli antipodi ma sempre attenti a dar conto delle storture della pubblica amministrazione, è già da tempo che ci informano, con numerose inchieste e puntuali dossier, circa il macroscopico giro di malaffare e di malcostume che gravita attorno al sistema sanitario e previdenziale. Il quotidiano fondato da Eugenio Scalfari, in particolare, si è dedicato alla grande evasione legata alle esenzioni, portando alla luce un interminabile elenco di scrocconi - magari proprietari di tre appartamenti e con un reddito di 4 mila euro al mese - che non pagano le prestazioni e i farmaci.
A conti fatti, ogni anno lo Stato è come se rinunciasse a un oceano di soldi. Un oceano frutto dell’economia illegale che ammonta a trecentotrenta miliardi di euro dove si potrebbe andare a pescare, in un momento in cui il governo vara una manovra che promette almeno tre anni di lacrime e sangue ai soliti noti, con più tasse e drastici tagli alla spesa. Nel dettaglio: 150 miliardi, come ci dice la Commissione parlamentare antimafia, sono il fatturato della criminalità organizzata; 60 miliardi, secondo le stime della Corte dei Conti, sono il costo pubblico della corruzione, vale a dire mille euro a cittadino neonati compresi; 120 miliardi, infine (e a rivelarlo è direttamente il Ministero dell’Economia), corrispondono all’evasione fiscale. Un dato, quest’ultimo, confermato pure da un recente studio dell’istituto Krls-Network of Business Ethic e che pone l’Italia al primo posto in Europa per la quota di reddito non dichiarato: il 51,1%.
E che dire delle liquidazioni dei parlamentari, tutte rigorosamente esentasse? Sì, perchè mentre la crisi brucia e molti italiani tremano per le loro pensioni, tredicesime e buonuscite, gli onorevoli (specie quelli col doppio lavoro) possono cominciare a pregustare le ricche liquidazioni che li attendono a fine mandato. I nostri tribuni, infatti, quando smettono di "occuparsi delle emergenze del popolo" percepiscono pure un corposo "Assegno per il reinserimento nella vita lavorativa". Si chiama proprio così. E riguarda una truppa di 446 parlamentari su 945 eletti. Questi signori non solo prendono uno sipendio mensile di 14 mila euro netti; non solo non pagano aerei, treni, autostrade, stadi, ristoranti e quant’altro; non solo quando compiono 65 anni incassano un vitalizio che va dai 2.500 ai 7.500 euro lordi: quando escono dal parlamento passano a ritirare pure 46.814 euro (se il loro mandato è durato appena una legislatura ma l’importo può anche essere maggiore), detti tecnicamente "importo non imponibile". Si tratta o non si tratta di una forma legalizzata di evasione fiscale?.
Tuttavia, nonostante la crudezza dei numeri, bisogna stare attenti a non generalizzare. E' vero, chi certamente non può sfuggire alle maglie del fisco sono sempre e soltanto i dipendenti e i pensionati, ma questo non vuol dire che tutti gli autonomi, i commercianti o i professionisti sono delinquenti. Così come non tutti i malati sono dei falsi malati. Perchè a sparare nel mucchio si finisce spesso per far pagare le maggiori conseguenze, per l'appunto, a chi fa il proprio dovere di cittadino onesto e a chi i problemi di salute li ha per davvero.
Il cosiddetto ceto medio (soprattutto famiglie, dipendenti e pensionati che pagano regolarmente le tasse) e i veri invalidi (soggetti realmente bisognosi di assistenza e che detengono un effettivo diritto ai benefici previsti dallo Stato) sono i settori più colpiti dal degrado efficacemente descritto, al netto di ogni eccesso ideologico, dalle indagini della stampa e dalle rilevazioni demoscopiche. Un degrado atavico che è iscritto naturalmente nel dna di molti italiani ma che è andato accentuandosi negli ultimi anni, anche per il venir meno di quel fondamentale requisito rappresentato dall'etica nell'esercizio della funzione pubblica, tanto a livello centrale quanto in periferia, e non solo per le radici velenose e difficili da estirpare della criminalità organizzata.
Eppure, non tutti i dati sono negativi e tanti italiani sembra che non sopportino più chi fa il furbo con il fisco. Da un'indagine di Confesercenti/Ispo emergono giudizi chiaramente improntati ad un severo rigore in materia fiscale. E a bocciare l'elusione fiscale sono tre italiani su 4, che significa che a dire no ai "furbetti del 730" é il 79% dei cittadini. "Un atteggiamento che si accompagna all'esigenza sempre più evidente di un fisco che cominci ad invertire la marcia per diventare gradualmente meno pesante", indica la ricerca. Da cui emerge pure l'esigenza di "una riforma fiscale che pesi meno su famiglie e imprese", oltre a una forte preoccupazione per l'inarrestabile crisi finanziaria. A livello territoriale, il "pollice verso" sul fenomeno dell'evasione fiscale cresce in modo consistente al Centro (62%) e al Sud (50%). Al Nord, invece, oscilla su valori intorno al 40% in assoluta controtendenza.
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