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Italiani brava gente

Italiani brava gente

A Pola xe l’Arena,
La “Foiba” xe a Pisin
che i buta zò in quel fondo
chi ga zerto morbin.
E a chi con zerte storie
Fra i piè ne vegnerà,
Diseghe ciaro e tondo:
Feve più in là, più in là.


(Italico Giulio [Giuseppe Cobol], “Trieste. La fedele di Roma”. Torino, Lattes, 1919)


"Le foibe furono il prodotto di odii diversi: etnico, nazionale e ideologico. Furono la risoluzione brutale di un tentativo rivoluzionario di annessione territoriale. Chi non ci stava, veniva eliminato".

"Sin quando si continuerà a voler parlare della Venezia Giulia, di una regione italiana, senza accettarne la realtà di un territorio abitato da diversi gruppi nazionali e trasformato in area di conflitto interetnico dai vincitori del 1918, incapaci di affrontare i problemi posti dalla compresenza di gruppi nazionali diversi, si continuerà a perpetuare la menzogna dell’italianità offesa e a occultare (e non solo a rimuovere) la realtà dell’italianità sopraffattrice [...]. Ma che cosa sa tuttora la maggioranza degli italiani sulla politica di sopraffazione del fascismo contro le minoranze slovena e croata (senza parlare dei sudtirolesi o dei francofoni della Valle d’Aosta) addirittura da prima dell’avvento al potere; della brutale snazionalizzazione (proibizione della propria lingua, chiusura di scuole e amministrazioni locali, boicottaggio del culto, imposizione di cognomi italianizzati, toponimi cambiati) come parte di un progetto di distruzione dell’identità nazionale e culturale delle minoranze e della distruzione della loro memoria storica? [...]. Che cosa sanno dell’occupazione e dello smembramento della Jugoslavia e della sciagurata annessione della provincia di Lubiana al regno d’Italia, con il seguito di rappresaglie e repressioni che poco hanno da invidiare ai crimini nazisti? Che cosa sanno degli ultranazionalisti italiani che nel loro odio antislavo fecero causa comune con i nazisti insediati nel Litorale adriatico, sullo sfondo della Risiera di S. Sabba e degli impiccati di via Ghega? Ecco che cosa significa parlare delle foibe: chiamare in causa il complesso di situazioni cumulatesi nell’arco di un ventennio con l’esasperazione di violenza e di lacerazioni politiche, militari, sociali concentratesi in particolare nei cinque anni della fase più acuta della seconda guerra mondiale. È qui che nascono le radici dell’odio, delle foibe, dell’esodo dall’Istria". (Enzo Collotti, Il Manifesto, 11.02.2007)


Inutile voler amputare la Storia dalle sue radici - peccare per relativismo. Voler fare della Storia lo strumento della rivincita. Una benda sugli occhi dei fatti per poter gridare: "anche noi eravamo vittime". E dopo il Giorno della Memoria, instaurare la Giornata del Ricordo. Come per par condicio: un do ut des. La Memoria per le vittime dei regimi nazi-fascisti, il Ricordo per le vittime dei comunisti.

Ma se nel primo caso, i dubbi non esistono. Per il secondo si chiede di ’educare’ le menti, anche con metodi coercitivi:

"Chi non è in grado di misurarsi con questo grado di sensibilità sul tema delle foibe è indegno di avere un ruolo di responsabilità nelle nostre scuole". Così il ministro per la Gioventù, Giorgia Meloni, in occasione del Consiglio degli esuli organizzato in Campidoglio a Roma questo 10 febbraio. "Ritengo - ha aggiunto il ministro - che questi dirigenti siano inadeguati. Parlerò con il ministro Gelmini, per vedere se si può fare qualcosa per far rispettare la legge nazionale a queste persone".

"Mi associo a quello che ha detto Meloni - ha aggiunto Gianni Alemanno, anche lui presente in Campidoglio - I dirigenti e gli insegnanti che non celebrano la giornata del Ricordo non sono all’altezza del loro compito ed andrebbero rimossi".

In mattinata il sindaco di Roma aveva deposto all’Altare della Patria una corona in occasione di questo giorno. Una cerimonia a l’iniziativa di Alemanno con la presenza di parenti delle vittime e degli esuli istriano-dalmati, il presidente del Consiglio comunale Marco Pomarici e il comandante del Comando militare della capitale, generale Domenico Rossi. Ma non parliamo di strumentalizzazione dei luoghi rappresentanti della Nazione, né di abuso di potere del sindaco di Roma.

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