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Italia: crisi finanziaria, borse in rosso e la necessità di dimissioni

Per non dover imparare, tutti, il greco.

Ho scritto queste righe ieri mentre le borse, dopo un tentativo di recupero, erano di nuovo girate in rosso. Mentre tutto, insomma, sembra andare a rotoli e non si vede nessuna luce alla fine del proverbiale tunnel.

Eppure, se avessi qualche soldino da scommettere e che potessi permettermi di perdere, lo punterei su delle azioni italiane, magari di qualche banca, e lo farei proprio in questi giorni.

Meglio: lo farei non appena le dimissioni del Presidente del Consiglio diventassero qualcosa di più di una vaga ipotesi. Capisco pochissimo di finanza, ma sono assolutamente convinto che il Governo Berlusconi rappresenti un cappotto di piombo per quotazione delle nostre imprese; un macigno, fatto di pessima immagine personale del Presidente del Consiglio e di manifesta incompetenza di tanti ministri, che schianta la fiducia degli investitori internazionali nel nostro Paese.

E’ come se valutando l’opportunità di investimenti in Italia, gli investitori stranieri sommassero al rischio oggettivo rappresentato dalla salute delle nostre aziende e della nostra economia, un rischio supplementare dovuto dalla totale percepita inaffidabilità del più facilone degli uomini politici dell’Occidente; di quello che agli occhi dell’opinione pubblica internazionale pare una combinazione tra un satrapo orientale e un immaturo ragazzino mai cresciuto.

Le sue dimissioni, da sole, farebbero tornare un poco di equanimità nella valutazione delle cose italiane e se così sarà, come credo, le quotazioni delle nostre imprese non potranno che tornare celermente a livelli più decorosi.

Mi aspetto inoltre che di fronte alla prospettiva del disastro, mai così vicina, i capi di stato europei, ed in particolare Merkel, capiranno di non poter uscire da questa crisi senza rendere la BCE una vera banca centrale, dotata di tutte le armi di cui gode la Fed.

Penso che sia una verità lampante, ormai, che l’inflazione, l’atavico terrore dei tedeschi, sia un rischio del tutto secondario rispetto al fallimento di uno dei grandi stati dell’Unione; penso che anche il più stupido degli europei che si occupa di finanza abbia capito che la difficoltà di credito, generalizzata in tutta l’Unione, sia un capestro alla crescita economica.

Mi aspetto, dunque, una decisa riduzione del tasso di sconto, oltre alla trasformazione della BCE in garante del debito sovrano degli stati europei. Una garanzia che non potrà essere fornita senza la cessione da parte degli stati di una parte della propria sovranità finanziaria alle istituzioni europee; non può, infatti, il sostegno della BCE, diventare il puntello di una politica di libero indebitamento.

Il “commissariamento” dell’Italia potrebbe rivelarsi l’occasione per un salto di qualità dell’unione monetaria; per la trasformazione dell’area dell’Euro in una vera e solida economia unica, con livelli di tassazione politiche, sociali e di welfare simili in tutti i paesi.

Un’Italia con un governo finalmente presentabile dentro un’Europa che si fa più Europa: è l’unico scenario che non prefiguri un disastro ed è uno scenario che possiamo ancora scegliere, come italiani e come europei, di realizzare.

Voglio ostinarmi a credere che questo sarà esattamente quel che accadrà. Altrimenti? A Roma, duemila e passa anni dopo la missione di Carneade, si comincerà a parlare greco. Poco dopo, con altre declinazioni, lo si parlerà anche a Parigi e a Berlino.

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