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Israele: dal bus segregato a quello scollacciato

Rieccoci sui bus della segregazione. Dopo appena qualche settimana, giorno più giorno meno, da quando l’impuntarsi benemerito di una giovane donna ha scatenato un putiferio globale sul paese ebraico.

Lei, Tanya Rosenblit, si era rifiutata di spostarsi sul fondo del bus israeliano dove gli uomini, seduti davanti, erano al riparo dal rischio di vederla (sic) e fu emulata qualche giorno dopo da una soldatessa dalla solida resistenza, ripetutamente ingiuriata per gli stessi motivi da un ultraortodosso haredì.

Entrambe chiamarono la polizia che fecero proseguire i bus dopo aver fatto scendere gli aggressori arrivando ad arrestare quello che aveva offeso la militare. Israele non è evidentemente né l’Alabama di Rosa Parks (quando lei fu arrestata per violazione della legge sulla segregazione) né un qualche stato islamico dove la Sharìa è applicata alla lettera. Qui la legge vieta discriminazioni in base al genere (e non solo) e su ogni autobus la cosa è chiaramente ricordata.

La gente normale ne ha le scatole piene della minoranza “talebana” della minoranza ultraortodossa (la maggior parte degli ortodossi non condivide questi atteggiamenti) non solo per l’arroganza del loro comportamento, sempre più invasivo e sempre più simile a quello dell'oltranzismo islamico, ma anche perché sono esentati dal servizio militare (in un paese dove ogni ragazzo e ragazza deve forzatamente passare molti mesi in divisa) e poi perché non lavorano per via dell’incessante studio delle scritture cui si possono dedicare potendo ricevere un sussidio statale. Contestano lo Stato e vivono alle sue spalle.

Non contento del clamore suscitato e dell’ondata di indignazione che ha attraversato l’intera società israeliana per il caso dei bus, qualcuno adesso ci ha voluto marciare e si è inventato un fantasioso servizio fotografico di moda “all’occidentale” (cioè parecchio scollacciata) che vede protagonisti alcuni baldi giovanotti in abbigliamento haredì attorno a bellissime fanciulle poco vestite; tutti insieme appassionatamente proprio su uno degli autobus incriminati. Inutile aggiungere che la comunità ultratradizionalista si è irritata alla grande e che la società “civile”, moderna e spregiudicata, se la ride.

Così ci viene proposto un altro modo di concepire il femminile. Opposto a quello dei tradizionalisti religiosi. Un modo a cui tutti noi siamo più abituati e che sicuramente riteniamo più accettabile. E anche più affascinante, bello, colorato, seducente; moderno e profumato.

E' chiaro che ci troviamo di fronte ad una provocazione anche divertente, se vogliamo, e sicuramente ad un'operazione pubblicitaria furbetta, ma la questione che pone è un’altra (o almeno così mi sembra). Si può essere contenti che i deliri ossessivi di una piccola minoranza vengano frustrati e rifiutati; così come siamo tutti convinti (credo) che l'Islam più retrivo debba essere respinto. Ma siamo sicuri che la risposta “occidentale” fatta di esibizionismo e di voyerismo (o di inviti ad un voyerismo striato piuttosto marcatamente di venature masturbatorie) sia poi tanto meglio?

Per essere più preciso - non vorrei passare per un bacchettone moralista - siamo sicuri che non esista una via di mezzo più “umana” tra il coprire una donna con un saio e metterla pubblicamente (non metaforicamente) in mutande? Tra chiuderla in casa ed esporla come se fosse un manzo? Tra non guardarla affatto, immaginandola come insopportabile seduzione diabolica anche solo se non indossa calzettoni di lana grossa (fu il motivo delle offese alla bimbetta di Beit Shemesh) o, viceversa, guardarla un po’ “troppo”, fantasticandone un’improbabile passionalità vorace e assatanata, che quanto più è esibita tanto più (si sa) è fasulla?

Una “via di mezzo” che non sia la virtuosa mediocrità borghese, ma – semplicemente – la verità umana?

Naturalmente la cosa va ben al di là della pura e semplice rappresentazione. Delle immagini più o meno "libertine" o "monacali". Il punto è l'ideologia che sorregge un modo o l'altro di immaginare la donna e di vivere il rapporto fra i sessi. Tutto da dimostrare che la cultura dell'occidente sia davvero la punta di diamante, la vetta mai raggiunta prima della civiltà, come tutti ci invitano a (o ci impongono di) credere da secoli. Ma qui si entra in un discorso molto complesso che non mi azzardo a sintetizzare nelle poche righe di un articolo.

Basti dire che la verità femminile potrebbe essere resa inesistente sia mettendole addosso un burqa che riconoscendole il diritto al tanga. E se si annulla la verità umana della donna, con chi si ha rapporto se non con le proprie pippe?

Insomma, a contrastare chi vuole le donne segregate mi sembrano preferibili donne intelligenti, sicure, belle per la loro combattiva identità; non necessariamente top model in mutandine.

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