• AgoraVox su Twitter
  • RSS
  • Agoravox Mobile

 Home page > Attualità > Mondo > Israele al bivio fra un’apertura e il buio

Israele al bivio fra un’apertura e il buio

Kadima vince con per un seggio ma potrebbe non governare. E la destra razzista diventa l’ago della bilancia.

Consegnare il Paese a Lieberman o aprire agli undici deputati arabi. Il dilemma di Tzipi Livni: se diventare premier.

Alla chiusure dei seggi alle 21 di martedì scorso in Israele, i primi exit poll davano i moderati del partito Kadima, guidato dal ministro degli Esteri Tzipi Livni, leggermente in vantaggio destra del Likud di Benjamin Netanyahu. Il giorno successivo il risultato è stato confermato dallo scrutinio delle schede: Kadima ha ottenuto 28 seggi contro 27 raccolti dal Likud. Si tratta comunque di una grande successo personale per la Liyni. Il suo partito, infatti, era dato per sconfitto con ampio margine da tutti i sondaggi e il recupero dell’ultima settimana ha stupito tutti gli osservatori. Altra sorpresa è rappresentata dai 15 seggi di Yisrael Beitenu, il partito ultra-nazionalista guidato da Avigdor Lieberman, che si è posizionato al terzo posto superando addirittura i laburisti. Anche per questo Kadima e Likud, e probabilmente anche i laburisti di Barak, saranno costretti a formare un governo di coalizione per fermare anche la crescita delle formazioni dell’ultra destra religiosa. Non è un caso che la leader di Kadima Tzipi Livni, abbia affermato in una intervista televisiva alla vigilia delle consultazioni, che vorrebbe vedere «vicino» a sé «in un governo» sotto la sua «leadership» il presidente del Likud Benjamin Netanyahu e il numero uno dei laburisti Ehud Barak. Ma a quanto pare questo, che sembra l’unico percorso possibile, non sarà né facile né indolore. La Livni, infatti, se non si accorderà anche con gli 11 deputati della minoranza araba (che rappresentano circa il 20 per cento della popolazione di Israele) potrà contare solo su 55 deputati su 120 contro l’ipotesi avanzata da Netanyahu di un governo a guida Likud con l’appoggio di Lieberman raccoglierebbe 65 deputati. I rischio, quindi, di un’ulteriore svolta a destra rimane alto. Solo un’apertura sostanziale agli arabi di Kadima potrebbe mantenere fuori gioco i nazionalisti religisi dal governo, ma finora questa ipotesi è stata bocciata.

Intanto, fin dal giorno precedente il voto, il ministro della Difesa Ehud Barak ha deciso di imporre un assedio totale alla Cisgiordania e Gerusalemme e di chiudere completamente i valichi della Striscia di Gaza. In un comunicato stampa, Barak ha reso noto che l’esercito permetterà il passaggio solo per motivi “umanitari” e d‘urgenza, mentre l’esercito ha chiuso i passaggi commerciali della Striscia di Gaza. Ovviamente la questione della Striscia e l’ipotesi di una tregua duratura con Hamas rimane al centro del dibattito politico. A tre settimane dalla fine del conflitto nessuno degli obiettivi che si era posto il governo israeliano è stato raggiunto. Hamas controlla ancora Gaza e gestirà anche la ricostruzione post bellica. Due miliardi di dollari donati dalla comunità internazionale e dal mondo arabo. Intanto Cairo Osama Hamdan, uno dei responsabili del movimento islamico che controlla la Striscia, ha dichiarato nel pomeriggio di martedì a urne aperte: «Le elezioni che si svolgono oggi determineranno cosa succederà poi. Se vincerà Benjamin Netanyahu, non credo che il governo in carica concluderà un accordo. Se vincerà il governo in carica, potrebbero raggiungere un accordo». Un ipotesi, quindi, di un governo con Lieberman a fare l’ago della bilancia rappresenterebbe de facto la fine della fragile tregua a Gaza.


 

Lasciare un commento

Per commentare registrati al sito in alto a destra di questa pagina

Se non sei registrato puoi farlo qui


Sostieni la Fondazione AgoraVox







Palmares