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 Home page > Tribuna Libera > Iran, accordo sul nucleare: chi ride e chi piange

Iran, accordo sul nucleare: chi ride e chi piange

Così l’accordo, alla fine, pare che ci sia e che sarà ratificato.

L’Iran esce di slancio dall’area asfittica e demonizzata del regno del Male dove era stato confinato appena Khomeini aveva soppiantato lo Scià e diventa, se non proprio un amico, un rispettabilissimo signore in giacca e (si fa per dire) cravatta, con cui sorseggiare (si fa per dire) un drink e discutere seriamente di affari.

Il Piccolo Satana israeliano è costretto a - definizione di Repubblica - “ruggire” impotente, mentre l’ex Grande Satana americano sorride compiaciuto e, per autodefinizione, saggio: ha portato a casa una prospettiva di pace e il premio Nobel guadagnato da Obama senza fare niente, ora potrebbe cominciare ad avere un senso.

A leggere i primi resoconti, sembra proprio che si tratti di un buon trattato.

Riduzione del 66% delle capacità di arricchimento dell’uranio, soglia al 3,75% dello stesso arricchimento - ben al di sotto della percentuale utile per usi militari - quantitativi di uranio arricchito contingentati, chiusura della maggior parte delle centrali, stretta sorveglianza di quelle attive da parte dell’AIEA e totale eliminazione del plutonio. Che cosa si può volere di più?

Un possibile uso militare dell’energia atomica sembra scongiurato almeno per i prossimi dieci anni. Ogni attività è seriamente limitata ad un, legittimissimo, uso civile; non poteva essere che così dal momento che l’Iran aveva sottoscritto (a differenza di Israele, ma anche di India e Pakistan) il Trattato di non proliferazione atomica.

Ma, mentre la Corea del Nord aveva stracciato quello stesso trattato, che aveva anch’essa sottoscritto, rendendosi così colpevole agli occhi del mondo, l’Iran ha da sempre sostenuto di agire correttamente all’interno dei suoi limiti: cioè di agire da sempre in ambito finalizzato ad usi civili, non militari.

Se fosse stato vero, come si affannavano a spiegare i tanti avversari di Israele, non si capirebbe una virgola di questo lungo braccio di ferro, né del declamato successo di una trattativa estenuante; oltre che di anni di pesanti sanzioni economiche che il popolo iraniano ha dovuto sopportare.

Evidentemente non era poi così vero e i dubbi occidentali erano più che fondati (sui resoconti degli ispettori dell’AIEA) e il clamore israeliano non era dopotutto segno dell’isteria di un guerrafondaio a tutti i costi, ma i timori reali di chi si sentiva al centro del mirino nucleare.

Qui stava infatti il punto del disaccordo e dello scontro politico non solo con Israele, ma anche con le monarchie del Golfo - sauditi in testa - con la Turchia, con l’Egitto e, ovviamente, con il mondo occidentale.

E qui, per i governanti di Gerusalemme (ma anche di Ryad, del Cairo, di Istanbul) sta ancora il busillis: se Teheran ha mentito per anni fino a costringere il mondo ad una trattativa penosa ed estenuante, perché mai ci si dovrebbe fidare da qui in avanti? Darà davvero libero accesso ovunque agli ispettori dell'Agenzia atomica dell'ONU? Non sposterà le centrifughe disattivate in qualche sito segreto dove ricominciare ad aumentare le percentuali di arricchimento?

Domande legittime dopotutto; se uno ha mentito finora perché mai non dovrebbe rifarlo?

Lo stato ebraico è stato nel mirino degli ayatollah fin da quando uno dei massimi esponenti del regime dichiarò che era così piccolo che sarebbe bastata una sola bomba per farlo scomparire. Definizione certo non lontana dal vero: Israele è poco più grande della Lombardia e per metà desertico; basta una bomba piazzata dove si concentra la maggior parte della popolazione e lo stato degli ebrei sarebbe olocaustizzato.

Ma Israele ha la possibilità di rispondere ad un eventuale attacco con una capacità di reazione terribilmente pericolosa per Teheran e altrettanto devastante. Il problema di Israele in realtà potrebbe non essere davvero uno scontro nucleare, né, quindi, un'eventuale arma atomica nelle mani dell’Iran, quanto la sua area di influenza allargata fino ai propri confini senza più alcun ostacolo.

Sono piuttosto gli stati arabi sunniti ad avere i maggiori timori: l’influenza iraniana sul Medio Oriente è cresciuta inesorabilmente nel tempo fino a espandersi con la caduta di Saddam Hussein e il passaggio di Baghdad nella sfera di egemonia sciita. Nonostante il regime siriano sia barcollante - è di questi giorni la caduta nelle mani del Califfato del campo profughi palestinese di Yarmuk, che si trova a soli otto chilometri dal centro di Damasco - l’area di influenza di Teheran si espande dal cuore dell’Afganistan fino alle sponde libanesi del Mediterraneo.

Ed è destinata a crescere, dopo la firma definitiva dell’accordo sul nucleare prevista per giugno, ma anche prima dal momento che gli USA hanno un estremo bisogno di qualcuno che faccia il lavoro sporco sul terreno intervenendo contro l’ISIS, cosa che né loro né i turchi né gli arabi hanno alcuna voglia (o interesse) di fare.

Il nuovo “amico” invece non vede l’ora e, con l’ombrello politico fornito da Obama, potrebbero decidersi a muoversi con maggiore baldanzosità contro il Califfato sunnita per salvare il soldato Bashar al Assad e per dare fiato alle fedeli truppe di Hezbollah, ma anche per far capire ai curdi quali sono i loro (stretti) limiti, per ridimensionare le mire del neo sultano di Istanbul, per dare un monito molto severo ai sauditi, già impegnati contro i ribelli sciiti nello Yemen, cioè a sud, ben lontano dalle pianure della mezzaluna fertile.

I sauditi però hanno finanziato generosamente, ai suoi tempi, il programma atomico del Pakistan ed ora potrebbe essere arrivato per loro il momento di riscuotere quei dividendi. Un supporto tecnologico e strategico pakistano - o banalmente qualche testata nucleare già bell’e pronta - farebbe di Ryad la terza potenza nucleare del vicino oriente.

Potrebbe essere l’inizio di una escalation capace di portare nella famiglia degli stati nuclearizzati a stretto giro di posta anche Turchia ed Egitto.

Rigorosamente “per usi civili” s’intende. Almeno per ora.

 

Foto: Pascal/Flickr

Commenti all'articolo

  • Di (---.---.---.225) 5 aprile 2015 11:32

    Certo, la situazione è veramente preoccupante, ma non credo che oggi sia più preoccupante di prima di questo pseudo-pre-accordo.



    L’Iran è sempre quello della fatwa contro Salmon Rushdi, quello che non riconosce Israele, quello che prende ostaggi nell’ambasciata USA, che sostiene Hamas e Hezbollah, che minaccia lo Yemen... cioè: è proprio una brutta e pericolosa teocrazia.

    Ma metterlo sotto osservazione sul rispetto di un accordo è certo meglio che isolarlo dal mondo. Il punto è questo: la teocrazia iraniana mente al mondo intero, ma mente anche agli iraniani. Se, con i controlli sul nucleare, diventa palese che mente al mondo, è possibile che gli iraniani trovino la forza per ribellarsi al loro regime anche se quando ci hanno provato, dopo i brogli elettorali, la repressione è stata ferocissima ed efficace.

     


    L’articolo ha il pregio di sollevare un altro problema, diverso da quello classico Iran -Israele: il rischio che sunniti e sciiti, estremisti e moderati pensino di combattersi o di difendersi con l’arma atomica. Lo scenario sarebbe spaventoso ma, anche qui, un non accordo non migliorerebbe la situazione.

     

    GeriSteve

    • Di (---.---.---.76) 6 aprile 2015 11:30

      Esaminiamo due fatti:

      1. In Iran esiste la più grande, circa 25.000 persone, e antica comunità ebraica della regione dopo quella israeliana. E non si ha notizia di episodi di antisemitismo, a differenza di quanto avviene nella "civile" Europa.

      2. Da decenni la destra sionista fonda le sue fortune sul terrorismo psicologico: agitare lo spettro della minaccia esistenziale portata dall’Iran (o da altri) è servito egregiamente ad espandere e consolidare la sua presa sulla cittadinanza israeliana e sulla diaspora. Come ogni movimento nazionalista, dunque di destra, per mantenere il suo potere il sionismo ha bisogno di un implacabile nemico esterno che attenti (senza motivo, manco a dirlo) ai giusti diritti del suo popolo, ad iniziare dal diritto ad esistere.

      Ora, cerchiamo di valutare la credibilità dei rappresentanti delle due parti: l’iraniano afferma che non ha alcuna intenzione di dotarsi dell’atomica per fare stragi di ebrei; l’israeliano afferma invece che l’iraniano ha il nascosto proposito di fare strage di ebrei usando l’atomica.
      Alla luce dei fatti sopra esposti, chi potrebbe onestamente e fondatamente affermare che ad essere credibile è l’israeliano?

      Io direi nessuno. Senonché, in questo bizzarro mondo, una moltitudine di persone pensa che ad essere credibile è l’israeliano. E la percentuale di chi crede maggiormente all’israeliano sale esponenzialmente se si guarda a quella piccola parte della moltitudine rappresentata dagli ebrei: israeliani e non. 
      Questo fatto, a mio parere, fa giustizia di un altro dei pregiudizi che circolano sugli ebrei: che gli ebrei siano mediamente più intelligenti degli altri. 

      Peraltro Netanyahu, a proposito del faticoso accordo che si sta cercando di chiudere con l’Iran, va dichiarando sui mass media che «Tutti saranno minacciati dallo stato più terrorista del mondo che costruirà molte, molte bombe nucleari in serie».

      Scopo dell’accordo, sul quale molto è stato investito dagli amici di Israele, è assicurarsi che l’Iran non costruisca l’atomica e lui, con un’arroganza talmente esagerata da apparire infantile, dichiara che l’accordo da via libera alla costruzione dell’atomica iraniana?

      Israele gode in ogni contesto della protezione e del supporto economico, militare, diplomatico, di USA e di Europa, senza il quale probabilmente non sarebbe nemmeno nato e, successivamente, non sarebbe sopravvissuto, e Netanyahu accusa pubblicamente gli amici di Israele di volerlo mettere a rischio di distruzione? Li accusa, in sintesi, di tradire Israele e di mentire sul reale significato dell’accordo?

      Probabilmente il termine "Arroganza" è riduttivo per qualificare l’atteggiamento di Netanyahu e del suo governo. Dietro si intravvede qualcosa di ancora più inquietante.

    • Di (---.---.---.67) 6 aprile 2015 18:49

      Il commento di 76 - che non ha più il coraggio di firmarsi nemmeno con uno pseudonimo (!) - è privo di qualsiasi analisi politica. Se non l’osservazione buonista che gli iraniani (bontà loro) non avrebbero intenzione di sterminare gli ebrei. Banale osservazione: a parte l’heideggerismo conclamato di Ahmadinejad ed il suo palese negazionismo, che pur vorrà dire qualcosa, sembra piuttosto che l’Iran di Kohmeini ce l’avesse con il Piccolo Satana, cioè con Israele, più che con la innocua comunità ebraica iraniana. Ed è piuttosto noto che Hezbollah sia armato dall’Iran. Il resto è acqua fresca.

    • Di Persio Flacco (---.---.---.76) 6 aprile 2015 23:48

      << Il commento di 76 - che non ha più il coraggio di firmarsi nemmeno con uno pseudonimo (!)>>

      Caro 67 (!) ho solo dimenticato di loggarmi, cosa che mi succede spesso.

      Perché dovrei temere di esprimere il mio pensiero, tanto da evitare perfino di usare il nick? Lei ha qualche idea in proposito?

      Quanto ai motivi dell’avversione verso gli angloamericani e verso Israele manifestata dagli iraniani basterà ricordare chi ha sostenuto il golpe contro Mossadeq e supportato il potere dispotico dello Scià. Per quanto lo Scià andasse a genio a inglesi e americani, gli iraniani non erano molto felici sotto il suo regime. Diciamo che non ricordano quel periodo come uno dei migliori della loro storia.
      Anche a causa della sua famigerata polizia segreta: la SAVAK, ben addestrata dal Mossad.

      Tuttavia gli iraniani, compresi gli ayatollah, non hanno mai fatto confusione tra ebrei, sionisti e israeliani. A differenza della totalità dei paesi arabi, che hanno perseguitato e cacciato gli ebrei a causa dei conflitti con Israele.

      Capisco che questo un po’ rovini le sue tesi sull’antisemitismo iraniano, sulle quali si basa la propaganda del nazionalismo sionista, e me ne dispiace.

    • Di (---.---.---.67) 6 aprile 2015 23:54

      e che importa se non hanno mai fatto confusione tra ebrei e israeliani? chi, se non lei, ha tirato fuori questo problema? La cosa arcinota è il negazionismo del regime. Qualcosa significa anche agli orecchi degli ebrei non israeliani.

  • Di (---.---.---.67) 5 aprile 2015 13:17

    Ripeto quanto ho già scritto: l’accordo sembra un buon accordo. E sono anch’io dell’idea che avere la possibilità di controllare cosa fanno gli iraniani è meglio che tentare di isolarli, ma senza avere la possibilità di mandare ispettori in loco. Ma l’accordo è buono sempreché sia rispettato. Cosa di cui è lecito dubitare.
    Non credo che Israele abbia da temere davvero un attacco nucleare (anche se non si può mai dire, gli ayatollah oggi appaiono moderati, ma il comandante in capo dei pasdaran ha rilasciato interviste che definire inquietanti è un eufemismo). La sua capacità di reazione, anch’essa nucleare, potrebbe annientare l’Iran per secoli. E lo sanno anche a Teheran.
    Il problema casomai è l’escalation atomica nei paesi arabi (in che mano potrebbero cadere eventuali ordigni e/o materiale fissile adatto per bombe "sporche"?). Ed anche l’espansione senza limiti dell’area di influenza iraniana - diretta, senza ostacoli - fino al Libano. Che armi arriveranno a Hezbollah? E, a seguire, che cosa farà Israele, le cui reazioni sono sempre più devastanti, nel caso ritenesse in pericolo i suoi maggiori centri urbani dell’area della Grande Tel Aviv?
    Questi sono i problemi relativamente nuovi che si presentano adesso. Non molto più inquietanti di quelli che c’erano fino a ieri, ma con prospettive che definirei più "crude".
    FDP

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