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Intervista all’ergastolano Carmelo Musumeci

"Io ho perso ogni speranza, ma quello sciocco del mio cuore, no".
Carmelo Musumeci, siciliano 56 anni, sembra spaccato in due. Solo così riesce a sopportare la sua morte al rallentatore. 

Una sorta di autoinganno per continuare a fare il fantasma dietro le sbarre del supercarcere di Spoleto, nel perugino, dove è rinchiuso per omicidio. Desidererebbe morire prima, ma la legge lo vuole in vita, lo obbliga a resistere e a non manifestare alcun segno di cedimento, perché soltanto in questo modo la punizione che gli è stata inflitta può avere senso. Ergastolo, fine pena mai.

A luglio scorso Carmelo ha scritto al Presidente della Repubblica a nome suo e di tanti compagni; in modo paradossale chiedeva non la grazia, ma un aiuto per farla finita. Nella missiva consegnata a Giorgio Napolitano, tramite Rita Bernardini (deputato radicale), c’era scritto: 

"A che serve essere vivi, se non abbiamo nessuna possibilità di vivere? Se non sappiamo quando finisce la nostra pena? Se siamo destinati ad essere colpevoli e cattivi per sempre? Ci sono delle sere che il pensiero che possiamo rimanere in carcere per tutta la vita non ci fa dormire. E la speranza è un’arma pericolosa. Si può ritorcere contro di noi. Se però avessimo un fine pena, se sapessimo il giorno, il mese e l’anno in cui uscire, forse riusciremmo a essere delle persone migliori, più buone, più umane. Forse riusciremmo a non essere più delle belve chiuse in gabbia. Signor Presidente della Repubblica, noi "uomini ombra" non possiamo avere un futuro migliore, perché noi non abbiamo più alcun futuro. E per lo Stato noi non esistiamo, siamo come dei morti. Siamo solo come carne viva immagazzinata in una cella e destinata a morire. Eppure a volte, quando ci dimentichiamo di essere delle belve, noi ci sentiamo ancora vivi. E questo è il dolore più grande per degli uomini condannati ad essere morti".

In questa intervista, resa possibile grazie alla collaborazione di una volontaria, Carmelo, che ha scritto un libro: "Gli Uomini Ombra" edito da Gabrielli, ci racconta la sua storia, parla dello Stato che l’avrebbe deluso e dell’unico "sogno", per fortuna salvo, che gli dà la forza di vivere i suoi giorni tutti uguali: l’amore.

Carmelo, perché la condanna all’ergastolo?

Guerre fra bande malavitose, omicidio.

A quando risalgono i fatti? Ce li descrive in breve?

I fatti risalgono al 1990. Le carte processuali dicono che in un agguato mi hanno sparato sei colpi di pistola a bruciapelo, tutti a segno, e sono stato portato in ospedale in fin di vita. Sempre le carte processuali dicono che una volta guarito mi sono fatto giustizia, vendicandomi da solo.

Da quanto tempo è in carcere?
In questo carcere dal 1991.

Ritiene giusta o eccessiva la pena dell’ergastolo? Si professa innocente? 

La Pena di Morte Viva, come chiamo io l’ergastolo, è disumana, perché solo Dio potrebbe dare una pena che non finisce mai. Mi professo innocente, perché sento di essere colpevole di essere innocente. E innocente di essere colpevole.

Un po' complessa la sua posizione. La sentenza di condanna penale è di primo, secondo o di terzo grado? Ha avuto un avvocato di fiducia?

La sentenza di condanna ha esaurito tutti i suoi tre gradi. Sono sempre stato difeso da avvocati di fiducia.

Cosa ha provato dopo aver sentito che avrebbe vissuto il resto dei suoi anni in carcere? Chi ha avuto parole di comprensione nei suoi confronti in quel momento?

Ho provato incredulità, delusione, perché non si può prendere la pena dell’ergastolo per essere riuscito a sopravvivere in una guerra che non hai cercato e voluto.

Da chi ha avuto il maggior sostegno?

Mi hanno aiutato i miei due figli e l’amore della mia compagna.

Da chi la delusione più grande?

Mi ha deluso lo Stato. Gli uomini dello Stato, che nello stesso tempo mi hanno fatto acquistare stima di me stesso, perché mi hanno fatto vedere e constatare che erano più fuorilegge e crudeli di com’ero stato io.

Il periodo peggiore?

L’ho vissuto quando ero detenuto nell’isola del Diavolo dell’Asinara, sottoposto allo stato di tortura del regime del 41 bis e dell’isolamento diurno. Due regimi di rigore nello stesso periodo.

Qualche mese fa ha scritto al Presidente della Repubblica. Napolitano ha risposto?

Il presidente della Repubblica non ha risposto e non ho mai pensato che rispondesse.

Una lettera forte, in cui chiedeva al Capo dello Stato che l’aiutasse a morire, perché senza speranza. E oggi? 

Io ho perso ogni speranza, ma quello sciocco del mio cuore no. Non credo in Dio, credo negli uomini. E a volte credere negli uomini è ancora peggiore che credere in Dio.

La vita è una nostra costruzione? O c’è un destino?

Nella vita si decide ben poco. Decidi solo quando amare e chi amare ed è questa la cosa più bella della vita.

Ha forse la speranza del perdono? E di chi? Della sua famiglia, di quella della vittima?

E a chi dovrei chiedere perdono? A quelli che mi hanno sparato sei colpi di pistola e sono andati a prendere una coperta e una tanica di benzina per darmi fuoco? In tutti i casi nei miei processi non ho mai avuto parte civile. Dovrei forse chiedere perdono a Dio che si crede Dio e gioca a nascondino e ti obbliga a credere per fede? Le uniche persone cui dovrei chiedere perdono sono la mia compagna, i miei figli e tutte quelle che mi vogliono bene, perché non penso di meritare il loro amore.

Come vive la sua giornata? Cosa fa? E quante ore di libertà ha?

In carcere non si vive, si sopravvive. Ho seguito per corrispondenza vari corsi, tra cui quello da giornalista. In questo periodo sto frequentando un corso di grafica. Non ho alcuna ora di libertà, sono libero solo quando sogno. Posso vedere i miei parenti sei ore al mese e quando non possono venire loro, mi viene a trovare la mia figlia del cuore. In carcere non ci sono giorni di festa. E per gli uomini ombra, gli unici giorni di festa sono quelli feriali, perché solo allora possono ricevere la posta.

Cosa vorrebbe imparare?

La grammatica italiana. Sono entrato in carcere quasi analfabeta. Ho sempre studiato da autodidatta e non ho mai avuto tempo per imparare correttamente la grammatica italiana. E continuo a sbagliare i congiuntivi.

Ha desideri? Da ragazzo quali erano i suoi sogni?

Il mio desiderio più grande è avere un calendario in cella per contare gli anni che mi mancano per finire la mia pena. Da ragazzo sognavo l’amore ed è l’unico sogno che sono riuscito a realizzare. Non ho vissuto alcuna infanzia, perché sono già nato grande.

Qual è la cosa più difficile da sopportare dietro le sbarre?

Che altri gestiscano la tua vita. E spesso sono persone peggiori di te.

Quanto incide sulla sua coscienza il peso di quello che ha fatto?
A parte per un piccolo reato, che ho fatto da bambino (uno scippo a una vecchietta), per tutti gli altri reati mi sento innocente.

Ha amici in carcere?
Si.

Cosa teme di più?
Di morire in carcere.

Pensa che con gli sconti di pena un giorno potrà uscire?

Ho l’ergastolo ostativo. Se non cambiano le leggi, non potrò mai uscire.

Se incontrasse oggi i parenti della vittima, cosa direbbe?

In guerra, e molti di noi si sentivano in guerra, spesso sia i vivi sia i morti sono vittime e carnefici nello stesso tempo. E sia noi che le nostre famiglie sapevamo che fine potevamo fare: morti o in galera.

Cosa spinge un uomo ad un omicidio?

Mentre le persone perbene uccidono per scopi umanitari, per portare la pace ed esportare la democrazia e altro, i delinquenti spesso uccidono per sopravvivere o per avere un futuro migliore o perché non hanno altre scelte o perché nascono già colpevoli.

Si considera un tipo tosto?

Non mi considero un tipo tosto. Piuttosto, mi considero un tipo debole, e sa perché?

Prego!
Perché non riesco a rassegnarmi al mio destino. Molti pensano che ci vogliano più forza e coraggio a lottare che a rassegnarsi, io, invece, credo che forse le cose non stiano più in questo modo. Forse i forti si rassegnano e i deboli continuano a lottare battaglie che non potranno mai vincere.

Qual è l’obiettivo del suo libro?

L’obiettivo del mio libro "Gli uomini ombra" (e di tutti i miei romanzi che tengo nel cassetto) è cercare di creare una letteratura carceraria, perché nel nostro Paese manca. Ed è forse per questo che le carceri italiane sono delle discariche umane. I destinatari dei miei libri sono il cuore di tutte le persone di buona volontà.

Che senso ha ancora il carcere? Quali potrebbero essere le pene alternative per chi ha commesso reati gravi?

Tenere una persona, dieci, venti, trenta anni e a volte per sempre, non ha alcun senso, è da idioti e spesso si fa solo per scopi elettorali e politici. Piuttosto, bisognerebbe puntare sulla pena retributiva. Per sconfiggere le mafie, comprese quelle dei colletti bianchi (la mafia finanziaria, politica ecc.) basterebbe che i condannati spazzassero le strade della loro città. Sarebbero un esempio per tutti che il crimine non paga. Diciamoci la verità, la mafia serve ai politici mafiosi per non attirare l’attenzione su di sé e governare e rubare con più tranquillità.

Ha fiducia nella giustizia italiana?

Nessuna persona di buon senso potrebbe rispondere di sì a questa domanda.

La giustizia internazionale è più giusta di quella nazionale? Vedi caso Battisti
Credo di sì. In tutti i casi ogni popolo ha la giustizia che si merita. Nel caso Battisti quasi nessuno ha detto la verità: non è che il Brasile non l’ha voluto estradare, non lo poteva estradare, perché in quel Paese non esiste la pena dell’ergastolo. Così l’Italia non potrebbe estradare un criminale condannato a morte (anche il peggiore criminale del mondo) in un altro Stato, se in quel Paese esistesse la pena di morte.

Chi è Carmelo Musumeci

E’ nato alle falde dell’Etna, ad Aci Sant’ Antonio nel 1955. Entrato con la licenza elementare, mentre è all’Asinara, in regime di 41 bis, riprende gli studi e da autodidatta termina le scuole superiori. Nel 2005 si laurea in Giurisprudenza con una tesi in Sociologia del diritto dal titolo, "Vivere l’ergastolo". Lo scorso 11 Maggio si è Laureato all’Università di Perugia al Corso di Laurea specialistica in Diritto Penitenziario, con il professore Carlo Fiorio, docente di Diritto Processuale Penale.
Nel 2007 conosce don Oreste Benzi e da quattro anni condivide il progetto "Oltre le sbarre", programma della Comunità Papa Giovanni XXIII. E’ promotore della campagna "Mai dire mai" per l’abolizione della pena senza fine. Collabora con diverse testate e blog su internet come: http://urladalsilenzio.wordpress.com/ ; www.linkontro.info.

Questo articolo è stato pubblicato qui

Commenti all'articolo

  • Di Damiano Mazzotti (---.---.---.16) 12 ottobre 2011 12:00
    Damiano Mazzotti

    è strana la vita... ci sono mafiosi "pentiti" di comodo che raccontano stronzate nei tribunali e si godo la vita "stipendiati" dallo Stato e c’è un mafioso veramente pentito che lo dimostra, che studia, che scrive e si impegna per migliorare la via della società e fa questa vita qua...

    I Presidenti della Repubblica servono anche per eliminare questi problemi qua, poichè nessuna legge burocratica può prevedere le conseguenze in tutti casi umani... e le nostre vite stanno diventando sempre più complesse e assurde...

    E cretini sono quei giudici che lo hanno condannato: se è vero che prima si è beccato sei pallottole in corpo e chiaro che il suo omicidio non è solo una vendetta ma un atto di legittima difesa differita, dato che con sei proiettili in corpo non poteva reagire subito e che rischiava poi di essere ucciso nei giorni seguenti.... Comodo decidere per i giudici che vivono protetti dallo Stato..
     
    Ma come si fa a dare l’ergastolo per un’azione molto simile alla "legittima difesa"?

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