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Intervista al procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso

Il procuratore nazionale antimafia svela i retroscena dell’operazione “Perseo” che ha decapitato i vertici di Cosa nostra (anticipazione dal numero 51 di left)
 
Quasi 90 arresti, e purtroppo un suicidio (quello in carcere di Lo Presti). Il 16 dicembre l’operazione “Perseo”, su mandato della Dda di Palermo, ha decapitato i vertici di Cosa nostra nel capoluogo siciliano e smantellato il tentativo di costruzione di una nuova “commissione provinciale” della mafia. Abbiamo sentito Pietro Grasso, dall’ottobre 2005 alla guida della Procura nazionale antimafia, mentre l’operazione era ancora in corso.
 
Cercavano davvero di rimettere in piedi l’organizzazione criminale?
La realtà è molto più complessa e difficile da spiegare. Sulla commissione provinciale di Cosa nostra siamo fermi al pizzino di Provenzano in cui diceva a Lo Piccolo «siamo rimasti solo io, tu e Rotolo della vecchia commissione». Dopo il loro arresto non c’è più nessuno, commissione azzerata. In questi due anni qualcuno ha cercato di costituire di nuovo questa commissione. L’iniziativa dell’anziano boss di Villagrazia Benedetto Capizzi era messa in dubbio da Gaetano Lo Presti, boss di Porta Nuova, che chiedeva al primo: «Ma tu sei investito da qualcuno, chi ti ha dato il potere di fare questo?».
 
Chi ha detenuto finora il potere dell’organizzazione?
C’è una regola in Cosa nostra che dice: i capi in carcere non perdono la loro carica. Per cui, attualmente, tutta la commissione è in carica ma in carcere. L’ultimo vertice riconosciuto, formale e sostanziale, è Totò Riina. Per ricostituire la commissione bisogna avere quantomeno il placet di Riina. In realtà non si stava costituendo una “nuova” commissione, ma si trattava di individuare dei “reggenti”, riconosciuti come rappresentanti dei capi in detenzione.
 
E il latitante Matteo Messina Denaro che ruolo ha avuto?
Probabilmente l’input iniziale viene da lui. Ma un uomo di Trapani non può diventare capo della commissione a Palermo; per Cosa nostra dal punto di vista formale è un’eresia. Certamente è la persona più autorevole tra coloro che hanno messo in atto la strategia stragista degli anni 1992-1993. È latitante da tempo e certamente non si può fare qualcosa senza tenere conto di lui. Era abitudine che il capo della commissione di Palermo avesse il gradimento delle altre commissioni provinciali. Anche se, e questo è un concetto difficile da spiegare, pur essendo una sorta di federazione la commissione di Palermo definiva poi le linee strategiche dell’intera organizzazione.
 
Si è intervenuti forse anticipando i tempi. Cosa stavano preparando?
Si doveva ricostituire la commissione per decidere su cose gravi. Per “cose gravi”, come intendono loro, si parla di decisioni di vertice che poiché coinvolgono tutta quanta l’organizzazione - perché spesso producono poi una repressione da parte dello Stato, come successo dopo le stragi Falcone e Borsellino - devono essere prese con la maggior unanimità possibile da tutta quanta l’organizzazione. Inoltre la commissione doveva essere costituita con lo scopo di sanare i conflitti interni, per evitare che scoppiassero e che potessero attirare l’attenzione delle forze dell’ordine. Un segnale della necessità di un organo collegiale c’era già stato con l’uccisione, alcuni anni fa, di Ingarao, un boss di spicco, deliberata dai solo Lo Piccolo, che avevano in animo di assumere il controllo dell’intera organizzazione sul campo. Un atto inaccettabile se non preso collegialmente.
 
Il recente tentato omicidio del boss di Borgetto Nicolò Salto come può essere interpretato?
Se è un fatto interno alla famiglia non interessa a nessuno. Se è un fatto che viene da un’altra famiglia allora il problema si pone, perché non ti puoi permettere di venire a uccidere un uomo d’onore senza una deliberazione della commissione provinciale.
 
E la “piccola” guerra in atto da un paio di anni nell’area di Partinico?
Quella zona è ora di competenza e sotto il controllo dell’altro latitante, Domenico Raccuglia. E quindi, forse, non è rientrata nel discorso generale di questo tentativo generale, anche se fra gli arrestati c’è un rappresentante di San Giuseppe Jato che avrebbe dovuto sovrintendere. Ma lì fra il formale e il sostanziale c’è una certa differenza. Partinico è stata sempre problematica al suo interno.

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