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Intervista a Soberón, direttore dell’As. Pro Derechos Humanos

E’ trascorso ormai più di un mese dalla violenta repressione nell’Amazzonia peruviana con la quale il governo di Alan García ha posto fine alla protesta organizzata dal movimento indigeno e da ampi settori della società che chiedevano la revoca di alcuni decreti legislativi che minavano profondamente la sovranità indigena su quel territorio ma soprattutto la protezione di uno degli ecosistemi più importanti del pianeta.

Al termine di una settimana di scontri violenti che hanno lasciato un saldo di circa 50 morti tra civili e membri di polizia, un numero considerevole di feriti e alcuni casi di persone scomparse, il Congresso ha ritirato due dei decreti legislativi oggetto di contestazione.

Si è parlato di vittoria del movimento indigeno. Tuttavia resta da far chiarezza sulla sospensione dello Stato di diritto che si è verificata in quei giorni e che ha portato a gravi violazioni dei diritti umani da parte del Governo. Solo da questo si può partire per un dialogo costruttivo tra le parti, al momento è sospeso, come ci racconta Francisco Soberón, direttore dell’Asociación Pro Derechos Humanos (APRODEH) del Perú, nominato insieme ad altri 50 difensori dei diritti umani “che stanno cambiando il mondo” da Terry Kennedy Cuomo nel suo libro dal titolo “Dire la verità al potere” edito da Random House nel 2000.

Durante le giornate della dura repressione a Bagua, in Amazzonia, ci sono state testimonianze di indigeni gettati dagli elicotteri nei fiumi Marañon e Utcubamba. Avete potuto verificare queste notizie?

Sì. Persone che si trovavano in quella zona nel giorno in cui sono avvenuti i fatti, hanno testimoniato di aver visto come i cadaveri venivano caricati sugli elicotteri e gettati nei fiumi. Altre persone hanno riferito che alcuni indigeni sono stati uccisi sulle sponde del fiume e poi gettati in acqua.
Ci sono casi di persone scomparse a Bagua? Quante denunce avete ricevuto?

Si sono verificate molte situazioni irregolari, per esempio rispetto al fatto che nella zona della “Curva del Diablo” è stato impedito per 5 giorni l’accesso a persone, giornalisti, familiari, organizzazioni di difesa dei diritti umani. Questo stato di cose ha creato nella popolazione il sospetto che ci possano essere stati casi di sparizioni di persone. Quando la prima volta ci siamo potuti avvicinare come organismo di difesa dei diritti umani, il 6 giugno, abbiamo ricevuto numerose denunce di casi di persone delle quali non si conosceva la loro ubicazione. Abbiamo quindi redatto una lista di 68 persone scomparse. Durante la missione della Federazione Internazionale dei Diritti Umani (FIDH) è stata segnalata la necessità di continuare le ricerche e della lista sono rimaste 11 persone da rintracciare. Ad oggi, sono 9 le persone delle quali stiamo cercando di avere notizie. Durante la visita della FIDH nella comunità Wawas, i dirigenti delle comunità indigene hanno riferito che c’erano casi di persone scomparse nella zona dei fiumi Santiago e Cenepa. Tuttavia non ci sono ad oggi casi di denunce specifiche con nomi e cognomi.
Quante persone sono state arrestate e quali sono le loro condizioni di detenzione?

Attualmente ci sono 18 persone in carcere. Si trovano nel carcere di Chachapoyas, un penale per detenuti già processati e con condanne definitive, nonostante non sia ancora questa la loro condizione.
Qual è la situazione legale del leader indigeno Alberto Pizango?

Ha un processo in corso e sono stati emessi mandati di cattura da differenti giudici sia di Utcubamba a Bagua Grande sia di Lima.
Sappiamo che la Polizia Nazionale sta conducendo le indagini per la morte di alcuni civili. Come è possibile, se proprio membri della Polizia sono accusati di aver ucciso dei civili a Bagua?

Giustamente questo è il problema principale riscontrato nell’indagine preliminare che abbiamo riproposto rispetto alla denuncia di 7 persone con le accuse di omicidio e lesioni gravi. Abbiamo inoltre comunicato al Pubblico Ministero su queste irregolarità nelle indagini sulla morte e lesioni dei civili e abbiamo chiesto che le indagini siano realizzate da un ufficio giudiziario.
Qual è stato l’atteggiamento del governo rispetto alle indagini delle missioni internazionali delle associazioni di difesa dei diritti umani a Bagua?

Non possiamo dire che il governo abbia posto ostacoli direttamente al lavoro delle missioni internazionali. Come APRODEH abbiamo promosso la visita di una missione della Federazione Internazionale dei Diritti Umani, che si è realizzata dal 16 al 19 giugno con l’obiettivo di indagare sui fatti avvenuti tra il 5 e il 6 di giugno nell’ambito della protesta in Amazzonia e di identificare le violazioni dei diritti umani che ci sono state e le responsabilità delle persone coinvolte. La missione FIDH, integrata dal messicano Rodolfo Stavenhaguen, ex relatore delle Nazioni Unite sui Popoli Indigeni e la religiosa ecuadoriana Elsie Monge, direttrice esecutiva della Commissione Ecumenica dei Diritti Umani (CEDHU) è arrivata la mattina del mercoledì 17 giugno a Bagua per riunirsi con i dirigenti indigeni, con i membri del Consiglio Comunale di Bagua e con i rappresentanti della Chiesa. Durante la sua permanenza a Lima, la Missione ha effettuato numerose riunioni con diverse autorità, tra le quali il Presidente del Consiglio dei Ministri, Yehude Simon; il Ministro della Giustizia, Rosario Fernández; il Ministro della Difesa, Antero Flores Aráoz; i rappresentanti del Ministero dell’Ambiente, della Corte Suprema, della Defensoría del Pueblo e del Congresso della Repubblica. Ciò nonostante, si sono verificati episodi gravi, come il trasferimento irregolare dei 18 detenuti dal carcere di Bagua Grande a quello di Bagua Chico un giorno prima dell’arrivo della missione della FIDH. E’ un fatto che richiama l’attenzione perché, nello stesso momento esisteva il coprifuoco dalle 9 di sera alle 6 di mattina e inoltre in quei giorni la strada verso Chachapoyas era chiusa per lavori dalle 6 di mattina alle 6 del pomeriggio. Questo ha fatto sì che i membri della commissione non abbiano potuto incontrare i detenuti per verificare che fossero stati rispettati i loro diritti o che non fossero stati torturati. Si sarebbe scoperto che 4 persone che sono state trasferite dal Commissariato di Bagua Chicha al carcere di Bagua Grande erano state picchiate da membri della Polizia.
Qual è attualmente la situazione in Amazzonia? E’ stato revocato lo stato di emergenza?

E’ stato revocato il coprifuoco ma non lo stato d’emergenza.
Come prosegue il dialogo tra i rappresentanti delle comunità indigene e il Governo?

Due dei decreti impugnati sono stati revocati dal Congresso della Repubblica il 19 giugno. Tuttavia, nonostante il fatto che questa decisione abbia ridimensionato la tensione tra le parti, il dialogo è interrotto perché un numero considerevole di dirigenti indigeni regionali e di Lima sono indagati e su altrettanti pendono mandati di cattura. Le organizzazioni indigene avevano richiesto tra le altre cose la fine della persecuzione giudiziaria dei suoi dirigenti ma questi continuano ad essere denunciati, processati e con mandati di cattura sul loro capo. Crediamo che le possibilità per un dialogo nazionale rispetto al grande tema dello sviluppo dell’Amazzonia peruviana soltanto si possono raggiungere facendo chiarezza su quanto è accaduto tra il 5 e il 6 giugno e con la piena partecipazione dei popoli indigeni.
Per finire, può descriverci brevemente qual è la situazione del rispetto dei diritti umani attualmente in Perú?

Dopo quanto accaduto a Bagua e fatti legati ai processi per atti di corruzione di personaggi legati al partito di governo, possiamo segnalare che il rispetto della vita umana e dei diritti dei detenuti, così come le garanzie di un giusto processo, hanno perso importanza o sono venuti meno. Non esiste la reale intenzione del governo di indagare sui casi di violazioni dei diritti umani, tranne per il processo mediatico a Fujimori, ma casi nei quali sono coinvolte persone vicine al regime attuale, come quello di El Frontón o Rodrigo Franco continuano lentamente a rischio di impunità, con risoluzioni di prescrizione come nel caso di El Frontón o allungando i tempi per avere scarcerazioni per eccesso di detenzione preventiva. Oggi inoltre, ci sono violazioni dei diritti della libertà d’espressione, riunione, associazione e violazioni del dovuto processo di molti cittadini che fanno parte di organizzazioni, la maggior parte dirigenti, nell’esercizio del loro diritto della protesta sociale. Si verificano inoltre situazioni di impunità rispetto a casi di persone decedute nel corso delle proteste sociali, uccise per mano di membri della Polizia Nazionale. Il numero di queste vittime è aumentato considerevolmente nel corso dell’attuale governo così come il numero dei conflitti sociali.
In fase di redazione di questa intervista, Francisco Soberón ci avvisa di aver ricevuto la denuncia da parte di un giovane nativo di 17 anni che sta cercando suo padre. Fu fotografato dal quotidiano locale “Ahora” mentre la polizia lo faceva scendere da un furgoncino per portarlo al commissariato di Bagua Grande. Il suo nome tuttavia non risulta fra le persone arrestate né sotto processo, e non ha ancora fatto ritorno alla sua comunità. Il giovane ha denunciato che altri membri della comunità non sono ancora rientrati nelle loro case.

L’intervista in versione ridotta è stata pubblicata su il manifesto del 23 luglio 2009.

Commenti all'articolo

  • Di Gino Amoretti (---.---.---.23) 26 luglio 2009 04:39
    Chiedete a Human Rigth Watch, che da un mese conduce le indagini dei fatti, se quello che dice Soberòn è vero! In Perù siamo stanchi di leggere tante false notizie riguardanti a un massacro di indios. Ma chi è Francisco Soberòn? È stato quello che inviò una lettera al Parlamento Europeo per segnalare che il Movimento Revoluzionario Tupac Amaru (MRTA) non era un gruppo terrorista (forse per lui sono degli Boys Scout) Perciò i peruviani hanno rifiuttato e condannato la sua posizione. Per coloro che non lo sanno, il MRTA è un gruppo terrorista, appunto, che nel 1996 assaltò la residenza dell’Ambasciatore del Giappone a Lima, sequestrando varie persone per 126 giorni.
     
    di Gino Amoretti *
     
    Riguardo ai sanguinosi scontri dei giorni scorsi a Bagua, nella foresta amazzonica peruviana, fra i nativi e le forze dell’ordine, all’estero sono arrivate versioni che parlano di un “genocidio indigeno”, ma a dire la verità, vi erano peruviani che si ammazzavano tra di loro per colpa del Governo e i dirigenti dei propri nativi.
    Una tragedia che forse si sarebbe potuta evitare se il Governo, da una parte, avesse prima parlato con i nativi dell’Amazzonia sulle possibilità dei decreti legge 1090 e 1064, e dall’altra se i nativi avessero avuto dei dirigenti che comunicassero come stavanno veramente le cose.
    È stata questa situazione a originare la mobilitazione dei nativi di 60 diverse tribù, molte riunite nella Associazione Interetnica di Sviluppo della Selva Peruviana (AIDESEP), diretta da Alberto Pizango, che dallo scorso 9 aprile protestano perchè secondo loro i decreti legge consentirebbero la privatizzazione della foresta e non solo, aprirebbero le porte alle multinazionali per lo sfruttamento del gas e del petrolio presenti nelle loro terre. Su quest’ultimo dobbiamo tenere presente tre aspetti, punto numero uno: i decreti legge non si referivano alla “privatizzazione” della foresta amazzonica, evidenziavano invece la protezione di questa; punto numero due: molti dei nativi non sanno ne leggere ne scrivere (questo senz’altro è colpa del Governo), quindi come mai si sono informati di quello che diceva la legge?; punto numero tre: chi trae beneficio con questa situazione di paura e confuzione?
    Il timore dei nativi ha provocato che una parte di loro blocchino le autostrade (tra quelle la cosidetta “Curva del Diavolo”), vie fluviali e le operazioni di trasporto di gas e petrolio, e che un’altro gruppo prenda in ostaggio 38 poliziotti della Stazione 6 dell’azienda petrolifera statale Petroperù.
    Gli scontri avventuri durante il tentativo della Polizia di sgomberare il blocco della “Curva del Diavolo” hanno avuto le tragiche consecuenze che tutti abbiamo visto sia per i nativi sia per le forze dell’ordine. Ma quello che è sucesso dopo nei pressi della Stazione 6 fino adesso all’estero si parla poco di questo episodio. I nativi, dopo aver saputo sulla tragica morte dei propri uomini, si sono inferociti con gli ostaggi ed hanno iniziato a sgozzarli ed accoltellarli, una assurda vendetta subita da poliziotti inocenti i cui responsabili senz’altro devono pagare con il carcere. Genocidio? Ripeto, vi erano peruviani che si ammazzavano tra di loro. Ma invece all’estero ho letto stupito dei comunicati stampa di alcune onlus, che prima ritenevo serie, che paragonavano i sucessi a Bagua a quelli accaduti a “Tiananmem”. Una “Tiananmen peruviana”? Ma quale “Tiananmen peruviana”? Voi sapete veramente cosa state scrivendo?
    A Tiananmen è stato l’Esercito cinese ad ammazzare centinai di studenti. A Bagua, invece, l’Esercito non ha nulla a che vedere! Infatti da anni i nativi e l’Esercito Peruviano sono stati alleati, prima durante la guerra contro Sendero Luminoso e il MRTA (gruppi terroristi che alcuni ONG e partiti politici li vedono come se fossero dei boy scout), poi durante la guerra contro l’Ecuador, allora sono stati i nativi a guidare per la foresta i soldati e anche a lottare accanto a loro dopo aver ricevuto allenamento militare. Adesso capite bene perchè dico che a Bagua vi sono stati peruviani che si amazzavano tra di loro?
    All’estero sembrarebbe che il sangue dei nativi conta di più di quello dei poliziotti. Nessuno li piange. Nemmeno il Governo. Basta dire che nessun Ministro o Vice Ministro si è presentato durante il seppelimento dei caduti a Bagua, molti di loro giovani inesperti che sono stati inviati come carne di cannone direttamente all’inferno dal Governo il quale però ha utilizzato le fotografie dei loro corpi sgozzati e accoltellati per fare propaganda contro Alberto Pizango. Vergogna!
    Ma una cosa è chiara quelli che hanno ammazzato i 23 poliziotti e quelli che hanno ammazzato i 10 nativi devono affrontare la giustizia subito. I responsabili politici di quello che è sucesso? Il Premier Yehude Simon, che giorni fa ha annunciato le sue dimissioni; Il Ministro dell’Interno Mercedes Cabanillas, la lady di ferro del governo García che non ha saputo affrontare la crisi senza versare sangue innocente; e senz’altro Alberto Pizango, uno dei responsabili della disinformazione e che è scappato in Nicaragua per non assumersi alcune responsabilità.
    * Direttore de Il Messaggero Italo-Peruviano
    • Di Annalisa Melandri (---.---.---.20) 26 luglio 2009 06:22

      Gentile Amoretti;
      Francisco Soberon e’ una persona stimata e apprezzata a livello internazionale per il suo lavore di difensore dei diritti umani, conosciuto praticamente ovunque da chi si occupa di Peru’, mi chiedo invece chi sia lei...

      Le ricordo che l’MRTA non e’ considerato organizzazione terrorista nemmeno dall’Unione Europe, dettaglio che vedo le sfugge.

      Le ricordo anche che nel 1996 il Peru’ era governato da Alberto Fujimori, condannato quest’anno a 25 anni di carcere per crimini di Stato. Lo sapeva? Di fatto tutto il mondo sa che la sua fu una dittatura. Fece anche un autogolpe nel 1992. Lo sapeva?

      Ah... quella che gli indigeni non sanno ne’ leggere ne’ scrivere e’ bellissima, complimenti.
      Saluti.

  • Di Gino Amoretti (---.---.---.23) 27 luglio 2009 06:51

    No, non sanno ne leggere ne scrivere per colpa dei governi che ha avuto il Perù che non si sono preoccupati sul serio su questo punto.
    Ma complimenti per la gente che lei intervista! E complimenti per la sua simpatia ai movimenti terroristi! Al MRTA, la Brigatta Rossa del Perù!!!! Complimenti!!

  • Di Gino Amoretti (---.---.---.126) 4 settembre 2011 21:58

    Vedi come il tuo "eroe" Soberón adesso è il prottetore dei narcos cocaleros. Sei contenta?

    http://www.rpp.com.pe/2011-09-01-difunden-email-de-jefe-de-devida-ricardo-soberon-a-cocaleros-noticia_399679.html


    Ps: I narcos cocaleros appoggiavano il MRTA se non ti hanno accennato questa vicenda

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