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Intervista a Ignazio Marino, il terzo candidato del PD: "meno correnti, più merito"

È il "terzo uomo" (in realtà il quarto, prima c’è Adinolfi) nella corsa alla segreteria del PD. Medico di successo, impegnato nei temi della laicità e dei diritti. Ma punta anche su parole chiave nuove: ambiente, lavoro, meritocrazia. Dice no ai condannati in Parlamento, e (è anche cittadino americano) ha votato Obama nonostante la conoscenza di lunga data con Bill e Hillary Clinton. Allearsi con l’UDC? "Il problema è la questione morale al Sud", dice. E si propone al di fuori delle correnti. Abbiamo trovato Ignazio Marino all’aeroporto di Roma e gli abbiamo fatto qualche domanda, tra cui molte raccolte dai nostri lettori.

LEGGI L’INTERVISTA A IGNAZIO MARINO

Ignazio Marino, la sua è una candidatura ’di rottura’ in quello che fino a pochi giorni fa sembrava un duello Franceschini-Bersani. Due aggettivi per descriverla?
«Più che due aggettivi, due frasi: la mia è una candidatura al di fuori delle correnti, che legittimamente sostengono Franceschini o Bersani ma che non appartengono alla mia logica. E una candidatura basata sui contenuti, che faccia capire alle persone cosa pensa il PD sui temi che le interessano: ambiente, lavoro, cultura del merito».

E sulla questione alleanze? Il PD deve coltivare la ’vocazione maggioritaria’ o tessere un sistema di alleanze?
«Per ora credo che noi dobbiamo rafforzare il progetto del Partito Democratico, poi quando si tratterà della corsa al governo del Paese saranno necessarie alleanze. Ma non variopinte come quelle dell’Unione: invece, alleanze basate sui contenuti di un programma».

È disponibile ad allearsi con l’UDC, considerata la distanza siderale sui temi etici?
«Io credo che ci sia un problema molto importante sulla questione morale, soprattutto nel Sud del Paese. Certamente bisogna vedere che cosa sarà l’Udc fra quattro anni».

Proprio sulla questione morale: lei è d’accordo a chiudere le porte del Parlamento ai condannati?
«Questo è un discorso che mi può alienare qualcuno, ma io credo che il Parlamento debba avere una certa sacralità. Ci sono 60 milioni di abitanti nel nostro Paese, ne dobbiamo scegliere 900 per rappresentare il popolo italiano? Beh insomma, io terrei fuori i condannati, gli indagati, gli inquisiti, insomma 900 persone di specchiato curriculum personale e professionale».

Insomma, se ne troveranno 900 senza pendenze penali in corso.
«Guardi, basta andare in un condominio, tra le persone normali».

Discorso legge elettorale: il PD ha lungamente criticato il Porcellum, però chi andrà a votare alle primarie si troverà di fronte un sistema farraginoso e con liste bloccate.
«Io credo nella selezione dei rappresentanti della popolazione tramite meccanismi di primarie. Le persone devono poter esprimere il proprio parere perché altrimenti rivince il sistema delle correnti, delle divisioni, degli accordi, a volte anche poco trasparenti. Ma è vero che il sistema attuale è farraginoso e andrebbe modificato in alcuni aspetti: ne parleremo senz’altro al Congresso».

Le primarie andrebbero limitate ai candidati a cariche monocratiche (sindaco, presidente di provincia, di regione) o vanno bene anche per selezionare il segretario del PD?
«Vanno bene anche per il segretario del Pd. Vede, io credo molto nelle primarie e non nella cooptazione, trovo vergognoso che io e altri 900 parlamentari siamo frutto della scelta individuale di alcuni segretari di partito».



L’appoggio che ha ricevuto di cui è più orgoglioso?
«E’ quello di una donna, si chiama Tatiana e fa l’infermiera non specializzata: si occupa della cura delle persone in un ospedale del Veneto e mi ha scritto una lettera di due pagine dicendo quanto lei si riconosce nei miei principi di solidarietà, uguaglianza, diritti, attenzione agli altri esseri umani, rigore nel lavoro e nella professione qualunque essa sia. Questo è proprio lo spirito per il quale mi candido: dare voce a tutte queste persone che invece non riescono a riconoscersi in questo momento nei gruppi politici o nei propri rappresentanti in Parlamento».

Le faccio solo un nome: si è parlato di Sergio Chiamparino come possibile suo sostenitore. Conferma?
«Il sindaco Chiamparino e io ci siamo incontrati due giorni fa a Torino, abbiamo avuto un lungo colloquio e si è dimostrato interessato alle soluzioni che noi proporremo con la mia mozione. Mi ritrovo nel suo punto di vista, e cioè che dobbiamo cercare di fare di tutto perché questo non sia un congresso in cui si scontrano delle persone, ma in cui si confrontano delle idee. Gli italiani devono arrivare all’inizio di novembre sapendo con esattezza cosa pensa il PD su alcune cose: io sono convinto che in Italia ci sia una maggioranza che non si riconosce nei principi del centrodestra, ma non ha chiaro che cosa pensa su alcuni temi il Partito democratico».

Lei parla spesso di cultura del merito. Cosa significa questo per l’università italiana?
«Significa una regola molto semplice: se si compete per una posizione, questa deve andare a chi è più preparato. Io in famiglia non ho né medici né professori universitari, ma negli Stati Uniti ho avuto l’opportunità di arrivare a dirigere il più grande centro trapianti del mondo. In Italia questo non sarebbe stato possibile, restando qui potevo ambire, senza baroni o raccomandazioni, a fare il medico di pronto soccorso in un ospedale di provincia. Un lavoro duro e importantissimo, ma il problema sono le opportunità. Sull’università sono molto drastico: nel 1980 una legge pessima ha di fatto dichiarato professori a vita, con un maxiconcorso, quindicimila docenti. A vita, come il Papa. Bene, io dico: mettiamo in un database la produzione scientifica di questi quindicimila docenti, e chi in questi quasi trent’anni ha prodotto zero lo mandiamo in pensione».

La meritocrazia può interessare i giovani, che però, specie in questa fase di crisi economica, sono toccati da un tema essenziale: quello del mercato del lavoro. Come si pone, per esempio, sul ’contratto unico’ per superare la precarietà?
«Personalmente credo nella flessibilità, che va anche nell’interesse dei giovani lavoratori finché vuol dire possibilità di conoscere posti nuovi e fare esperienza. Ma dico no al precariato senza fine e senza speranza, noi dobbiamo proporre un sistema integrato in cui si conservino i trattamenti previdenziali tra una fase lavorativa e l’altra: non è possibile che un giovane sia costretto ad andare avanti di mese in mese con ogni volta un nuovo contratto a termine».

Immigrazione: che cosa ha da dire il centrosinistra? Alle volte balbetta, altre sembra rincorrere la Lega sul suo terreno.
"Guardi, oggi presenteremo il progetto di legge Bonino per regolarizzare un certo numero di immigrati che non sono stati regolarizzati nonostante le leggi degli ultimi anni. Ci vogliono regole chiare e rigorose, ma lo Stato deve fare la sua parte. Io ho fatto l’immigrato per diciotto anni in America, non mi è mai capitato di dover andare col sacco a pelo alle due di mattino davanti a un commissariato a prendere il numeretto, o a sgomitare per riuscire a riempire i documenti la mattina alle nove. Noi dobbiamo accogliere le persone con rigore, ma dare loro la dignità che spetta a ogni persona e se qualcuno ha un posto di lavoro deve essere aiutato nell’avere anche le carte in regola».

Abbiamo lasciato in coda il tema laicità: c’è chi la accusa di parlare solo di quello. E soprattutto c’è chi dice che se lei diventasse segretario il partito si spaccherebbe, coi cattolici pronti a far le valigie.
«Per me la laicità è un metodo; e poi, guardi, credo che il rischio di una spaccatura dell’elettorato cattolico non ci sia. Lo avverto dal numero di lettere ed e-mail che ricevo da suore, sacerdoti, religiosi, monaci, parroci: persone che si riconoscono in un messaggio cristiano di responsabilità nei confronti degli altri uomini, rispetto per la vita ma anche costruzione di uno Stato democratico e laico, dove ogni persona possa fare le proprie scelte. E lo vedo anche frequentando le persone con una formazione più tradizionale, come le amiche della mia mamma, che hanno 89 anni e non hanno mai perso una funzione in Chiesa, ma hanno una visione a volte molto più moderna di alcuni che usano la religione come strumento di offesa e non come fede».

Se dovesse scegliere tra avere, domani, in Italia una legge sul conflitto d’interessi o una legge restrittiva sul sistema televisivo, cosa sceglierebbe?
«Beh, il conflitto d’interesse potrebbe poi essere applicato alle reti televisive. Però secondo me la questione dell’informazione è altrettanto importante: considerando che oggi la tv purtroppo influenza non solo l’opinione, ma anche la cultura di un Paese, forse mi orienterei sulla televisione. Siamo un Paese anomalo, l’unico in cui chi governa può controllare gran parte della carta stampata e quasi tutte le reti tv».

Da una primaria all’altra: lei conosce da tempo Bill Clinton. L’anno scorso negli Stati Uniti avrebbe sostenuto Hillary Clinton o Barack Obama?
«Adesso sono anche cittadino americano, quindi la mia scelta l’ho fatta. Ho sostenuto Obama, pur con una certa fatica perché conosco personalmente Bill e Hillary. Barack Obama usciva dagli schemi e portava avanti messaggi più innovativi. Certamente se si fosse presentato Bill avrei avuto un grave travaglio».

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