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Informazione: qual è il limite dei compromessi?

Pino Maniaci, dalla sua piccola e coraggiosa televisione, continua a sollecitare i colleghi a mantenere “la schiena dritta”. A non accettare compromessi con la mafia e con i “poteri” che gestiscono la politica e l’informazione. Pino è un amico, un cronista di “razza”. Come direbbe Sergio Nazzaro, (che per tenere la schiena dritta non campa del suo lavoro di cronista ma deve fare altro per sbarcare il lunario) Pino è uno che “prende le curve in motorino senza sfiorare il freno”. Sembra un paradosso, ma Pino se lo può permettere. Perché lavora e dirige una piccola televisione, perché accetta la povertà (economica) come un prezzo da pagare, perché non ha “padroni”, non deve rispondere a logiche editoriali. Logiche editoriali, che nel nostro Paese sono sempre più “politiche” e meno “editoriali”. Pino ha altre logiche, che lo portano anche a essere a rischio, a vivere con la tensione di un’altra intimidazione, di un altro attentato.

Mantenere la schiena dritta non significa esporsi. Significa fare il proprio lavoro e basta. Ovvero, rigorosamente raccontare quello che ci circonda. A volte fare il proprio lavoro con onestà e correttezza ti espone, ma non è l’esposizione l’obiettivo. L’obiettivo è la notizia. Se la notizia è data correttamente, senza compromessi, senza secondi fini, chi l’ha raccolta, elaborata e resa pubblica ha fatto il proprio mestiere. Sembra facile, non lo è.



È difficile tenere la schiena dritta. Dare un certa notizia sarà opportuno? Dare una certa notizia infastidirà qualche amico? Dare una certa notizia ti consentirà, domani, di avere qualche cosa da mettere nel piatto? Chi produce notizie per mestiere è sempre incastrato all’interno della rete disegnata da queste domande. E soprattutto: vale la pena mettere a rischio il proprio lavoro per non accettare compromessi, per tenere la schiena dritta?

In realtà devo ringraziare Pino, per la sua amicizia, ma soprattutto perché mi ha mostrato che vale la pena tenerla dritta questa schiena. Non sono mai stato uno tranquillo, che accetta ogni compromesso possibile per evitare di essere anche ipoteticamente danneggiato. Ma alla fine i miei bei compromessi li ho fatti anch’io. Ho accettato negli anni cose che non avrei mai pensato di poter accettare. Perché alla fine questo è un lavoro, non una missione. È un lavoro che (teoricamente, viste le condizioni di crisi del settore) ti consente di vivere dignitosamente. Ma ogni anno che passa diventa sempre più alta la linea del compromesso che devi accettare per mantenere il tuo posto di lavoro, per garantirti la sopravvivenza materiale. Certo, ci sono piccole isole felici. Ma il mercato (della politica e dell’editoria) ha altri numeri, altri obiettivi, altre logiche. E lo snaturamento dell’informazione piano piano inquina ogni angolo di questo mondo, lo contamina.
Vale la pena? Varrebbe. Ogni tanto lo vale ancora. Episodi, non regola. Si può vivere solo di episodi? Probabilmente no. Ed è per questo che ogni tanto tocca raddrizzare la schiena e accettarne le conseguenze.

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