• AgoraVox su Twitter
  • RSS
  • Agoravox Mobile

 Home page > Attualità > Società > Infanzia rubata. Il lavoro minorile in Italia

Infanzia rubata. Il lavoro minorile in Italia

Oltre il 5% dei minori in Italia è costretto a lavorare, e 30.000 ragazzi fra i 14 e i 15 anni sono a rischio sfruttamento con conseguenze per salute, sicurezza o integrità morale. 

Oltre il 5% dei minori in Italia è costretto a lavorare, e 30.000 ragazzi fra i 14 e i 15 anni sono a rischio sfruttamento con conseguenze per salute, sicurezza o integrità morale. È l'allarme lanciato da Save the Children in occasione della presentazione di una ricerca svolta in collaborazione con l'Associazione Bruno Trentin.

"Vive a Napoli, ha 9 anni e lavora in un cantiere a spostare sacchi di cemento che pesano quasi quanto lui, per 10 euro alla settimana". È una delle tante storie emerse da questa indagine, unica nel suo genere, condotta intervistando 2.005 ragazzi iscritti al biennio della scuola secondaria superiore in 15 province italiane (Treviso, Vicenza, Torino, Genova, Monza e della Brianza, Lecco, Pisa, Roma, Frosinone, Caserta, Avellino, Napoli, Bari, Palermo, Trapani) e in 75 scuole campione. Ecco alcune evidenze emerse.

Sono 260.000 i pre-adolescenti “costretti” a lavorare già giovanissimi a causa delle condizioni familiari , di un rapporto con la scuola che non funziona o per far fronte da soli ai loro bisogni (il rapporto parla di lavoratori sotto i 16 anni, Ndr); e sono 30.000 i 14-15enni che fanno un lavoro pericoloso per la loro salute, lavorando di notte o in modo continuativo, con il rischio reale di compromettere gli studi, il divertimento, il riposo necessario.

Si inizia anche molto presto, prima degli 11 anni (0,3%); ma è col crescere dell’età che aumenta l’incidenza del fenomeno, per raggiungere il picco (18,4%) tra i 14 e 15 anni, età di passaggio dalla scuola media a quella superiore, nella quale si materializza in Italia uno dei tassi di abbandono scolastico fra i più elevati d’Europa (18,2% contro una media EU27 del 13%). Il lavoro minorile non fa differenze di genere: quasi la metà è femmina (46%). Le esperienze di lavoro sono in buona parte occasionali (40%); si lavora per periodi fino ad un anno e c’è chi supera le 5 ore di lavoro quotidiano (24%).

Lo sfruttamento comincia in famiglia. Per il 41% dei minori si tratta infatti di attività nelle mini o micro imprese di famiglia, soprattutto lavori domestici continuativi per più ore al giorno, anche in conflitto con l’orario scolastico. Più di 1 su 10 lavora presso attività condotte da parenti o amici, ma c’è anche chi presta la propria opera a persone estranee all’ambito familiare (14%). E qui si spazia: baristi, camerieri, aiuto in cucina, in pasticceria o nei panifici, nella vendita stanziale o ambulante, dove si fa il commesso o le pulizie, insieme al lavoro agricolo o di allevamento e maneggio degli animali (13,6%), ma non manca il lavoro in cantiere (1,5%), spesso gravoso e pieno di rischi, o quello di babysitter (4%).

Meno della metà dei minori-lavoratori tra i 14 e 15 anni dichiara di ricevere un compenso (45%). 

Tra gli auspici lanciati dagli estensori della ricerca, quello di procedere tempestivamente all’adozione di un Piano Nazionale sul Lavoro Minorile per la creazione di un sistema di monitoraggio regolare del fenomeno e per intervenire efficacemente su prevenzione e contrasto di questa, troppo spesso sfuggente, forma di illegalità e sfruttamento. 

Lasciare un commento

Per commentare registrati al sito in alto a destra di questa pagina

Se non sei registrato puoi farlo qui


Sostieni la Fondazione AgoraVox







Palmares