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In Afghanistan il primo film festival interamente al femminile

"La prospettiva del festival è femminile. Registe, con film sulle donne, che parlano della condizione delle donne", annuncia Roya Sadat, organizzatrice della prima edizione dell'Herat International Women’s Film Festival, che si tiene dal 7 al 9 marzo a Herat, in Afghanistan.

Volutamente inaugurato in coincidenza con la Festa della Donna, e volutamente a Herat, il festival proietta 30 film da 20 paesi diversi, tra cui lo stesso Afghanistan, l'Iran, l'India, il Canada, la Corea del Sud, il Bangladesh e la Cina.

Herat, nella parte occidentale del Paese, si distingue per i dati allarmanti sulla violenza contro le donne: secondo l'Afghanistan Independent Human Rights Commission, infatti, solo tra il 21 marzo e il 21 ottobre dello scorso anno nel Paese sono stati registrati più di 3000 casi di maltrattamento femminile, e la città ne "vanta" un gran numero.

L'attrice e regista afghana Aqeela Rezayee racconta a The Express Tribune che per molti uomini afghani l'idea che una connazionale lavori nell'industria cinematografica è inaccettabile. Ma il fatto che delle donne afghane stiano cominciando a ricoprire ruoli nei film, a poco a poco servirà a trasformare positivamente agli occhi del mondo la consolidata immagine della donna afghana sottomessa.

Roya Sadat rimarca che questo Festival dovrà aiutare a creare una connessione e un ponte di comunicazione tra le donne afghane e l'estero, perché la loro visibilità aumenti. La Federazione Internazionale dei Diritti Umani, per quest'otto marzo, rinnova il suo appello alla comunità internazionale chiedendo che:


1) Le violenze contro le donne afghane siano attivamente investigate e condannate;

2) Le leggi che discriminano la figura femminile vengano abolite, e ne siano introdotte di nuove conformemente agli obblighi internazionali;

3) Il sistema giudiziario venga riformato, in modo che includa la partecipazione attiva delle donne, e ne protegga di conseguenza la libertà e l'indipendenza nell'agire al suo interno;

4) I diritti delle donne non siano sfruttati come pedine nelle trattative e negoziazioni coi Talebani.

 

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