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Imperia: l’ex sindaco e un cugino di Scajola insieme per una discarica abusiva

Scoperto un altro attacco all’ambiente in nome e a beneficio dei soliti ig(noti)

I piloni della variante no, non potevano bastare. Occorreva qualcosa di più consistente, di più vistoso, qualcosa che facesse notizia.

Stiamo parlando di una discarica abusiva, sorta alla base della variante alla Statale 28, in provincia di Imperia: quella stessa provincia che ultimamente ottiene gli onori della cronaca non solo per il Festival di Sanremo o per i prezzi dei garofani, ma per strani intrecci fra politica, riciclaggio di denaro sporco e arresti eccellenti.

Più precisamente, i tronconi della variante in questione si trovano nel comune di Pieve di Teco, in zona paesaggisticamente vincolata, già deturpata da piloni dall'aspetto sinistro. Ora sappiamo anche che, oltre al paesaggio compromesso dal punto di vista ambientale, si sono corsi dei rischi in termini di sicurezza idrogeologica.

Ma vediamo i fatti: intorno all'abitato di Pieve di Teco, piccolo centro con tanto di portici gotici medievali, vi sono vari cantieri in diversi stati di avanzamento lavori per una "bretella" ed un tunnel che collegherà più rapidamente la Liguria con il Piemonte. L'importanza strategica di tale opera non si discute, visto il forte afflusso di turisti piemontesi in Riviera. L'impatto visivo però era già notevole. Come se questo non bastasse, dal 2008 è stata richiesta, ed ottenuta, l'autorizzazione provvisoria a scaricare i materiali di risulta di questo e di altri cantieri alla base dei piloni di sostegno del raccordo in zona detta Uveghi.

Si trattava di circa 40 tonnellate di inerti, l'autorizzazione venne dal sindaco di Pieve di Teco, Alessandro Alessandri, cugino dell'ex ministro Scajola (qui mai in calo di popolarità) e a richiedere il permesso fu, singolarmente, una Onlus, la Galileo, riconducibile a Luigi Gandolfo, già primo cittadino del vicino comune di Chiusavecchia, indagato anche per un'altra discarica a Pontedassio gestita attraverso la Ecoterra. Attraverso la Galileo Luigi Gandolfo avrebbe acquistato i terreni circostanti ad un prezzo ben più alto del valore di mercato, e avrebbe in seguito dichiarato di avere intenzione di impiantare un vivaio nella zona circostante il cantiere.

Nel 2009, mentre è in preparazione una domanda definitiva per la discarica, la Polizia Provinciale decide, a seguito di varie segnalazioni, di effettuare qualche indagine. Sembrano infatti troppo numerosi i mezzi che arrivano già carichi nella zona dei lavori, troppe le società coinvolte nell'affare: ma l'allora Procuratore Capo De Mattei non ravvisando irregolarità non autorizza ulteriori indagini.

I traffici continuano, le proteste dei cittadini indispettiti anche: nel frattempo però il sostituto procuratore è diventato Alessandro Bogliolo poiché De Mattei va in pensione, e per Bogliolo ci sono eccome gli elementi per approfondire le indagini.

Infatti, dopo giorni di appostamento sugli alberi attorno agli scavi gli uomini della Guardia di Finanza scoprono che il materiale scaricato si aggira sulle 280 tonnellate, mentre le perquisizioni (all'Anas, nel Municipio di Pieve di Teco, nella sede della Galileo) svelano che il giro d'affari è di svariati milioni di euro, che l'autorizzazione del 2008 presenta più di una irregolarità e che il materiale stoccato potrebbe non essere solo quello proveniente dagli scavi circostanti. Materiale che, a quanto pare dalle prime analisi, non dovrebbe essere pericoloso; ma non ci sono dubbi che questa sia una delle più imponenti discariche di questo tipo in Italia, e che le aziende che la utilizzavano avessero sedi legali un po' ovunque, ma prevalentemente al Sud.

La società incaricata delle analisi biologiche dei materiali darà forse un risultato preciso entro la fine di dicembre, intanto però si è constatato che numerose e pericolose fratture si sono aperte su questa distesa di detriti, che una parte del fiume è stata deviata a che forse la struttura stessa dei piloni è stata danneggiata. Certamente si doveva intervenire prima che questo enorme ammasso formasse quella che ormai è una sorta di "montagnetta" (con ulteriori rischi in caso di piene improvvise del fiume) ma le cose sono andate purtroppo avanti, ed è già stata una combinazione favorevole che si siano fermati gli scarichi prima della concessione definitiva.

Ora le indagini procedono su vari livelli: la Polizia provinciale per le irregolarità amministrative e di evasione fiscale dell'Ecotassa, la Guardia di Finanza per controllare le società coinvolte e le eventuali, possibili infiltrazioni mafiose all'interno di queste. Poi si indaga sull'accusa di truffa aggravata e su eventuali, per ora ipotetici collegamenti fra mafia e politica. A risponderne, a vario titolo, il sindaco di Pieve di Teco, Alessandro Alessandri, il già citato Giovanni Gandolfo che avrebbe istituito la Onlus al solo scopo di ottenere le autorizzazioni necessarie, evadendo le imposte e intascando i guadagni relativi ed infine i funzionari comunali Marino Alberto e Alessandra Damonte accusati in concorso di omissione di atti d'ufficio e abuso d'ufficio.
 
Resta il danno ambientale, difficilmente recuperabile poiché si è degradato un paesaggio che attorno al viadotto e lungo il corso del torrente era comunque verde e rigoglioso, ma al profumo del bosco è stato chiaramente preferito il profumo dei soldi.

Non proprio una novità per la nostra Regione, purtroppo quasi una tradizione per questa provincia.

Commenti all'articolo

  • Di (---.---.---.102) 27 dicembre 2010 16:30

    Si tratta di una quantità ben più elevata, quantificata in oltre 150.000 metri cubi. Una montagna alta 25/30 metri ai piedi dei piloni della SS28, cresciuta a dismisura, a partire dal luglio 2009 e fino a poco tempo fa, con decine e decine di automezzi che giornalmente riversavano detriti, senza alcun controllo.

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